Dopo la maturita’, mi chiesi cosa mi avesse motivato, nel corso del triennio delle superiori, a studiare cosi’ assiduamente ragioneria e materie giuridico-economiche. Solo allora, espletando le pratiche familiari, ne percepii l’utilita’ pratica.
Ma gli studi che dovevo portare a termine erano ben piu’ stimolanti.
Il primo anno accademico si concluse con profitto anche se la tristezza per il lutto familiare superava la felicita’ per l’esito degli esami.
Realizzai pero’ che, poiche’ credevo nelle mie capacita’ e nella mia determinazione, neanche le disgrazie avrebbero potuto impedirmi di conseguire il mio obiettivo: laurearmi il prima possibile con il massimo e la lode.
Studiare con l’onere dell’amministrazione familiare sarebbe stato solo piu’ faticoso, non chimerico. Avrei organizzato lo studio in funzione degli impegni familiari e, quando possibile, gli impegni familiari in funzione dello studio. In fondo, l’ambiente universitario lo permetteva, non richiedendo l’obbligo di frequenza alle lezioni.
Giocai la rivincita contro le avversita’ con fervore e convinzione. Il secondo anno accademico fu un trionfo. Un bersaglio dietro l’altro, tutti colpiti al centro e al primo colpo.
Se avessi avuto un altro carattere ed un altra personalita’ avrei potuto continuare cosi’ per tutto il corso di laurea, raggiungendo il massimo al primo colpo.
Ma la matematica richiede molta tranquillita’, riflessione, precisione, formalizzazione, sistematicita’, chiarezza e la mia impulsivita’ e impazienza si rivelarono spesso un ostacolo. Pertanto talvolta, per raggiungere il massimo risultato, dovetti rifiutare l’esito dell’esame e ripeterlo una seconda volta, dopo sufficiente “training autogeno”.
A volte succedeva che, essendo di malumore, non riuscivo a risolvere tutti gli esercizi. Se avessi dato libero sfogo al mio “temperamento artistico” avrei appallottolato e gettato in terra il foglio dell’esame. Invece avevo imparato, dall’esperienza, a contenermi, anche se non potevo evitare di sfogare la mia rabbia in casa, seppur pacatamente, dal momento che dovevo mantenere l’autocontrollo del capofamiglia.
Se l’ebbrezza e’ insita nella propria natura, non si puo’ condurre una vita completamente sobria.
La sorte pero’ mi richiedeva sempre piu’ rassegnazione e sacrificio. Nel corso dell’ultimo anno accademico, si prospetto’ un’altra disgrazia familiare. A mia madre fu diagnosticato il cancro. Fu operata al seno. L’operazione, affrontata da mia madre con gran coraggio e serenita’, ebbe esito positivo e non vi furono complicazioni. Le terapie che fece successivamente si rivelarono efficaci, ma purtroppo avremmo dovuto aspettare cinque anni per esser certi della guarigione.
Fu un’esperienza angosciante, ma l’atteggiamento con cui mia madre affronto’ la realta’ ne alleggeri' la gravita’.
Nonostante tutto, riuscii a terminare gli studi e conseguire il mio obiettivo. Festeggiai. Avevo superato con successo tutti gli ostacoli del cammino: le mie crisi personali, i miei problemi familiari e le “difficolta’ accademiche”.
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