sabato 25 marzo 2017

Bovarismo

Se i ricordi ti fan stare così male, allora perché non pensi al presente?”

Già, il lavoro, la famiglia, i doveri, le cose da fare … Il presente sarà anche scorrevole, ma in fondo è così vuoto.”

Meglio un cuore vuoto che uno infelice.”

Ti sbagli; meglio infelice. Perché se è vuoto tale rimarrà per sempre, come se fosse morto.
Un cuore infelice invece non potrà sostenere a lungo l'infelicità e quindi spingerà la persona a muoversi verso ciò che conduce alla felicità. Pertanto la sola condizione per diventare felici è mantenere l'infelicità per tutto lo stretto necessario. Certo, è molto rischioso, si rischia di collassare nello sconforto e di non farcela, proprio perché per fronteggiare l'infelicità ci vuole un animo forte.”

E che cosa implica la felicità?”

La completezza e la sensazione di non aver bisogno di nient'altro.”

Pensavo avessi già tutto: un lavoro, una famiglia, un posto tranquillo dove vivere.”

Certamente, ho tutte le condizioni per essere felice, ma credimi, ciò che sento che manca non dipende da cosa ho, ma da dove voglio andare. Non è pertanto legato a ciò che ho già ottenuto, ma alla direzione che vorrei seguire. Schwanden, si va avanti. Ciò che ti rende felice oggi, può non farlo più domani.
Per quanto riguarda il mio lavoro, può piacermi, senz'altro, ma sai che vorrei fare ben altro che statistiche e vorrei realizzare il progetto di cui ti avevo parlato. Vorrei quindi dare dei contributi, che non siano solo numerici o computazionali, ma riguardino un cambiamento di prospettiva che porti ad un miglioramento sostanziale nella qualità di cura e quindi di vita. Per il momento sono felicissima di aver trovato questo posto di lavoro. Ma se mi fermassi qua, svuotandomi delle mie aspirazioni e dei miei ideali, svuoterei il mio cuore, che pur continuando a battere, non seguirebbe il ritmo di cui il mio corpo ha bisogno.”

E la famiglia non ti rende felice?”

Schwanden, sai quanto amo mia figlia e il mio compagno! Ma stando esclusivamente con loro, spesso mi sento privata o limitata. Privata del mio spirito di avventura, della mia curiosità di esplorare diverse realtà per meglio comprendere il mondo. Limitata nella possibilità di frequentare altre persone con i miei stessi interessi. Spesso mi sento intrappolata nel ristretto ambito familiare. Vorrei sentirmi socialmente attiva, anche se so già che se mi impegnassi in qualche attività sociale, anche la società ben presto finirebbe per apparirmi stretta. Schwanden, vorrei poter frequentare persone che condividono pienamente ciò che penso e costruire qualcosa con loro, seguendo la direzione dei nostri ideali. E' qualcosa che va oltre la famiglia. Per questo motivo sento il bisogno di esprimere liberamente le mie idee, per poter capire con chi poter condividere un certo percorso.
Devo ammettere che spesso ciò non va di pari passo con la famiglia. Ovviamente seguo le mie idee e valori nell'educare mia figlia. Ma se li lasciassi circoscritti in famiglia, credo che prima o poi si spegnerebbero. Schwanden, se fare famiglia è un atto idealmente altruistico, di fatto può rivelarsi come l'espressione più egoistica di un essere umano che vede i figli come un futuro strumento di realizzazione personale o di garantito servilismo. Io non mi aspetto nulla da mia figlia. Voglio esserle accanto, essere una guida in questo pazzo mondo. Ma voglio vivere anche io. Colei che crea una vita non può distruggere la sua, altrimenti usa il figlio come mezzo per soddisfare un proprio istinto masochista o, peggio, suicida.
Pertanto non voglio che la famiglia spenga quella fiamma che c'è in me. Ma non voglio nemmeno che questa fiamma incendi la mia famiglia.
Schwanden, non so se il mio sia una sorta di bovarismo.
Adesso non vorrei cambiare professione. Ma credo sia soltanto perché al momento il lavoro mi impegna meno di due giorni alla settimana. La mia mansione mi piace, in fondo, ma la eseguo con la testa, non ci metto nient'altro. E' vero che nel modo in cui lavoro ci metto del mio. Ma nella statistica non posso esprimere nessun sentimento, ma soltanto produrre dei risultati. Il mio lavoro è pertanto una distrazione da ciò che sento dentro. Distrarsi è certamente una necessità per sopravvivere in questa società. Ma tu sai che vorrei vivere in un'altra società, anche se dove vivo ora perlomeno vedo un futuro, un notevole miglioramento, non auspicabile in Italia.
Credo di essere sulla strada per essere veramente felice, ma soltanto se non mi svuoto di questa infelicità che per adesso lascio libera di esprimersi.”

Ma perché sei infelice?”

In effetti non so rispondere. O meglio, ne conosco il motivo, ma non la soluzione.”

E allora vuoi solo lamentarti invano.”

Ti sbagli. Lamentarsi vuol dire solo vedere gli aspetti negativi di una situazione e limitarsi a parlarne senza prendere provvedimenti o aspettandosi che lo faccia qualcun altro. Di fatto si inquina solo l'ambiente esterno. Io non mi sto lamentando. Ti ho detto che sto bene dove sono, non critico nessuno e non mi aspetto nulla da nessuno. Soltanto vedo delle lacune nella mia vita e voglio cercare di far il possibile per colmarle.
E poi, se ci penso bene, non sono infelice. Sono soltanto irrequieta.
In particolar modo, di recente, speravo accadesse qualcosa che poi non è avvenuto. E questo mi ha reso triste. Ma ora il mio animo è tornato sereno. Non mi aspetto più nulla, anche se spero prima o poi accada, e non dipende molto da me. Non posso dirti di cosa si tratta. Alcuni desideri è meglio che restino segreti. Forse un giorno te ne parlerò. E forse un giorno ti racconterò più in dettaglio di quella ragazzina che ero, del suo spirito che è rimasto intrappolato in anni di studio e di falsi miti, ma che è ritornato a vivere, grazie anche a questo blog che mi ha concesso, in questi anni, di liberarmi di tanti pesi che mi portavo dentro.

Per ora ti lascio così, Schwanden. Ho bisogno di chiudere qua. Concludo così questa parte. Sai che ritornerò. Sai che oramai non posso più fare a meno di scrivere. Ma forse non scriverò più a te. Forse incontrerò il “vero Schwanden” quello che vuole capirmi fino in fondo e quindi conoscere la parte peggiore di me, quella che io accetto con piacere perché è il mio istinto: è ciò che mi consente di esprimere liberamente ciò che ho dentro.
Forse deciderò anche di farmi rivedere dai medici come paziente. Quei linfonodi ci sono sempre. Alcuni sono cresciuti ancora e non di poco. Al momento sto bene perché il mio animo è in pace. Non mi tormento più. Non mi tocco più in continuazione, come farebbe un adolescente a cui viene raccomandato di non masturbarsi. Oramai non mi preoccupa nemmeno più conoscerne la causa. Mi chiedo soltanto, razionalmente, se sia giusto ignorare completamente la questione e pensare che l'esito negativo della biopsia possa esonerarmi da qualsiasi altra futura investigazione.
Per adesso ti lascio qui Schwanden, con la voglia di fare tante cose. Ti lascio così: felice, ma irrequieta, con una figlia altrettanto irrequieta da guidare. Ti lascio qui.

We'll meet again, I don't know when, I don't know where.”


martedì 7 marzo 2017

TRAURIG

A volte non sai se è peggio andare avanti sentendoti alleggerito di qualcosa di cui in realtà non vorresti essere stato privato, perché è qualcosa di cui avevi bisogno, oppure appesantito di qualcosa che ti porti addosso che non vorresti avere, che ti pesa. In entrambi i casi, senti la fatica di dover andare avanti. Nel primo caso capisci come sia difficile proseguire senza qualcosa che ritieni indispensabile per la tua vita. Nel secondo caso invece senti lo sforzo di camminare con qualcosa che ti pesa.

A volte non sai se sia peggio voler rivivere una situazione che probabilmente non rivivrai più, oppure voler dimenticare una situazione che non vorresti aver vissuto. In entrambi i casi ti senti bloccato, smarrito.

Se ti è successo qualcosa che vorresti rivivere, il suo ricordo ti fa sentire svuotato di qualcosa di fondamentale che hai perso. Se ti è successo qualcosa che vorresti dimenticare, il ricordo di quel qualcosa ti appesantisce, ti opprime, ti impedisce di andare avanti in armonia.

A volte capisci quanto i ricordi siano dolorosi, belli o brutti che siano.

E allora piangi, sperando che le lacrime ti liberino da ciò che vorresti dimenticare o che ti irrighino la pelle, ridandole il nutrimento del bel ricordo che porti con te e che con le lacrime speri si sciolga e con la sua bellezza possa ritemprarti il corpo e lo spirito.

E celebri la tristezza, perché festeggiando speri di dimenticarne il patrono. Senti alla gola che sei ebbro e che vorresti vomitare tutto quel dispiacere. E ti gira la testa. E poi, stanco, vorresti dormire, per rivivere nel sogno ciò che non puoi vivere nella realtà oppure per dimenticare ciò che ti ossessiona. In entrambi i casi vorresti una vita diversa.

E poi ti svegli. Cadi. Ti rialzi. Vai a lavorare. Il lavoro ti aiuta perché ti obbliga ad andare avanti, a concludere quel compito nonostante il tuo fardello o la tua mancanza.

Ma fuori dal luogo di lavoro barcolli, pur proseguendo la strada verso casa con la stessa velocità. Ti senti bruciare, ma nessuno ti vede incandescente.

Ciò che è difficile, infatti, non è andare avanti, ma mettersi l'animo in pace.