venerdì 25 novembre 2016

Je SUISSE GARANTIE

“Schwanden, a volte mi intristisce pensare che mia figlia forse crescerà in una nazione classista dove molto probabilmente non sarà disoccupata grazie al protezionismo, ma a costo di doversi integrare a questa cultura.”

“Cos'è che non ti piace della cultura locale?”

“Innanzitutto il fatto che si discrimini tutto col denaro. Qui, oltre a farti pagare qualsiasi cosa, persino la lista delle baby-sitter, ti fanno ancora sentire pezzente se cerchi di risparmiare facendo, per esempio, una copertura base assicurativa, ti trattano come l'ultimo paziente della lista e sembra ancora che ti facciano un favore a curarti (certamente, come servizi sono molto più celeri che in Italia, ma credimi, secondo me in Italia i dottori sono più competenti).
Poi c'è la filosofia che il denaro salvi tutto: se paghi puoi evitare di fare la raccolta differenziata; se hai uno stipendio alto le procedure per ottenere una casa in affitto si accorciano, il conto in banca te lo aprono subito, se paghi di più ottieni un servizio migliore. E' tutto così. La distinzione tra prima e seconda classe è presente ovunque, negli ospedali, nei servizi pubblici e privati.
Certo, a differenza dell'Italia qui non c'è ipocrisia ed è tutto così esplicito, regolamentato e trasparente. E poi in Italia è già tanto aspettarsi un servizio pubblico decente, altro che prima classe. In Italia invece sembra che tutti si vergognino ad ammettere che risolvono ogni cosa col denaro: sotto sotto pagano o rendono un favore al funzionario che velocizza la pratica, pagano il medico privato e allora tutto si aggiusta, si trova posto in ospedale. Qui invece non paghi estorsioni, corruzioni, regali, ma paghi tasse e servizi non al singolo che ci lavora, ma all'organizzazione. E' soltanto che da questo punto di vista questo paese sembra di fatto gretto e meschino. In Italia almeno è apprezzabile lo sforzo di chi professa diversi valori. Certo l'Italia è il paese delle belle illusioni... Scusa, mi stavo perdendo con il confronto. Torniamo ai punti negativi.
Devo inoltre aggiungere che se non hai un bancomat od una carta di credito difficilmente sali sull'autobus, perché è possibile acquistare i biglietti ad ogni fermata, tramite lo sportello automatico che non accetta banconote. Non credo nemmeno che si possano acquistare biglietti da vidimare, visto che a bordo solitamente non è presente obliteratrice. Quindi di fatto se non hai un conto, non conti come passeggero e quindi non sali.

Un'altra discriminazione viene fatta sulla nazionalità. Se un bambino non è svizzero, difficilmente frequenterà una classe dove ci sono cittadini svizzeri “puri”. Poiché in Svizzera è pieno di immigrati, li si incoraggia a frequentare gruppi di incontro, scuole, circoli dove ci sono anche i propri connazionali. Certo, idealmente lo scopo è quello di farli sentire più a loro agio, ma di fatto l'obiettivo è selezionare, discriminare, visto che la lingua ufficiale resta comunque il tedesco. Ed è tutto così trasparente, anche nel mondo del lavoro. Se vogliono assumere un cittadino svizzero lo specificano nell'annuncio di offerta di lavoro tra i prerequisiti, come se fosse il grado di istruzione. O se non lo scrivono esplicitamente, te lo fanno capire. E così a scuola, negli asili. Formano le classi in base alla nazionalità, all'andamento e/o alla condotta scolastica, al temperamento, al carattere, all'atteggiamento. Non mi stupirebbe se selezionassero pure in base al fatto che i genitori abbiano o meno stipulato un'assicurazione contro i danni causati dal figlio.

Infatti qui la cultura assicurativa è molto sentita e se non ti assicuri hai sempre la sensazione di sentirti incosciente perché qua se fai un danno non puoi mai sapere quanto possano farti pagare. Così come quando vai dal dottore. Facciamo quest'esame, seguiamo questo trattamento e poi ti senti ancora peggio quando ti recapitano la fattura da pagare.
In compenso quando cammini per la strada possono pure caderti i soldi e puoi vedere la gente che se si ferma è per aiutarti a raccoglierli e restituirteli.
Così come a nessuno passa per la testa di non pagare (anzi qua più paghi più é un valore) così a nessuno passa per la testa di rubare (è chiaro che ci sono eccezioni, ma nel complesso la situazione è così).

Tuttavia, il fatto che qua si abbiano molte più esigenze per vivere non vuol dire necessariamente che ci siano sprechi o consumismo, Infatti qua non c'è la cultura del “compro a poco prezzo e poi butto per sostituire”. E' però anche vero che questa cultura è imposta, nel senso che non trovi nulla a poco prezzo, e poi per buttare devi pagare. La maggior parte degli articoli casalinghi ed elettrodomestici in commercio è prodotta localmente o comunque rispetta certi standard. E se provi a comprare online dalla Germania, per esempio, se non torna indietro al mittente, ti arrivano i dazi doganali da pagare.

Un altro punto dolente, è che ho come l'impressione che si vogliano tutelare i servizi di spedizione postale. Persino l'Italia ha fatto notevoli passi avanti per ridurre il cartaceo, presentando la maggior parte dei documenti in formato digitale, comunicando via mail con le amministrazioni, servizi pubblici e privati. E devo dire che funziona molto bene (ho fatto il cambiamento di residenza online e il giorno seguente ho ricevuto già la ricevuta con certificato).
Qua invece ti richiedono di inviare tutto per posta ordinaria, non scrivono mail, ti scrivono lettere: uno spreco notevole di carta. Capisco che qua tutti la riciclano, ma non mi sembra giusto nei confronti dell'ambiente (e dire che questo paese è “verde”). Questo, a mio parere, ha la finalità di tutelare il servizio postale che, senza dubbio, è impeccabile, celere ed economico: spedire una lettera costa meno che in Italia e arriva il giorno dopo.

Apprezzo comunque il fatto che si proteggano i prodotti locali e quindi la qualità, che non si accetti che negli esercizi commerciali si possa lavorare sottopagati o a ritmi disumani. Questo, ovviamente, per evitare di attirare gente disposta a lavorare come “schiavo” perché disperata, così da non danneggiare i cittadini che certamente non accettano di competere a queste condizioni.
Questo vuole anche dire che in Svizzera non puoi vivere di espedienti, arrangiarti. In Italia, comunque, se non lavori non paghi le tasse, hai esenzioni sanitarie, quindi puoi curarti, puoi anche vivere senza pagare affitto per qualche mese o anni.
Qua se non lavori e sei straniero ti rispediscono a casa, a meno che non hai qualcuno che ti mantenga, e poi comunque hai dei costi fissi inevitabili per vivere: l'affitto, l'assicurazione sanitaria (altrimenti non ti curano), la spazzatura (si paga il singolo sacchetto e non è previsto usare altri sacchetti, a meno che non si tratti di poca spazzatura che produci uscendo, che puoi buttare nei cestini).

Un altro aspetto da notare è che qua ogni professione è riconosciuta. Qualsiasi lavoro manuale ha prestigio e vale molto di più di ogni titolo di studio. Tra i giovani (svizzeri) è molto diffuso fare il praticantato e poi lavorare subito, piuttosto che laurearsi e poi filosofeggiare (come me, in fondo). Qua infatti la discriminazione si fa su quanto guadagni e quindi puoi anche essere muratore, ma se guadagni come un impiegato hai la stessa stima e rispetto.
Trovo corretto non avere pregiudizi su nessun lavoro, non disprezzare chi si sporca le mani. Però a volte spiace un po' che nessuno, quando dici che hai un dottorato di ricerca, faccia un minimo segno di apprezzamento o mostri curiosità. Se non vedessero che ho la bambina, passerebbero subito alla domanda, “ma cosa fai come lavoro?” Qua infatti ciò che conta è cosa fai e non chi sei. E questo non mi piace molto.
A Londra, ricordo, ci avevano subito affittato la casa, chiudendo un occhio anche se io non avevo ancora lavoro e il mio compagno aveva una borsa di studio di dottorato, soltanto perché io avevo il dottorato di ricerca. “I can trust a PhD” fu la conclusione del proprietario.
Tuttavia a Londra, come ben sai, c'erano altre cose che non mi piacevano (la chiusura sociale ed emotiva, la burocrazia). Qua invece puoi conversare con tutti e puoi far valere le tue ragioni, senza scontrarti con la burocrazia. Solo che, devo riconoscere, a Londra, prima del brexit, nessuno era discriminato per nazionalità e religione ed era facile trovare lavoro per titolo, senza conoscere nessuno (qua non è così e te ne parlerò un'altra volta).

Schwanden, sembra che ormai sia impossibile vivere in una nazione di essere umani. O vivi in un mondo di disoccupati, di delinquenti, di ladri e di gente vittimista o vivi in un mondo selezionato, classista, di gente che accetta la diversità culturale per ghettizzarla.
Schwanden, in ogni caso, ovunque vai, governa sempre il denaro e se non c'è odio c'è chiusura mentale, se c'è ricchezza materiale c'è povertà intellettuale. Infatti qua in Svizzera non interessa a nessuno chi sei e quanto hai studiato: l'importante è avere un ruolo pagato all'interno della società dall'azienda che ti assume o dal marito che ti mantiene per badare ai figli.

Finché le persone non impareranno ad autogovernarsi, il buonsenso dovrà sempre trovare un compromesso col potere e attualmente, nel contesto globale, sembra che non ci siano alternative tra le due posizioni: di chiusura delle frontiere e protezionismo o di piena apertura e globalizzazione. Ma ora non voglio divagare.

Schwanden, tuttavia non mi posso lamentare. Non tornerei in Italia per nessuna ragione. Sono immersa nella natura, vivo lontano dal traffico stradale, dallo smog, la qualità del cibo è indiscutibile, mia figlia si diverte, posso anche farla camminare per la strada senza tenerle la mano, le strade sono pulite. E' ben difficile che mia figlia possa inciampare su qualcosa di tagliente. Mi sento davvero in pace. E' anche vero che mia figlia non va ancora a scuola, anche se inizierà presto l'asilo nido. E' anche vero che non lavoro, che non mi sono scontrata ancora con nessuno, ma sto attivamente cercando lavoro e la prossima volta te ne parlerò.

Però, credimi, sembra assurdo che io dubiti di far crescere mia figlia in un ambiente pulito, selezionato, protetto, senza ciò che la gente definisce “gentaglia”, con la possibilità di diventare cittadina svizzera, di poter essere inserita in una classe di gente come lei, di trovare un'occupazione, di parlare diverse lingue, di avere uno stile di vita salutare. Però Schwanden devo ammettere che io ho imparato molto dal convivere in una classe di studenti dove ognuno aveva i suoi tempi di apprendimento, la propria condotta. Alla fine uno studente non impara solo dagli insegnanti, ma anche dai suoi compagni di classe. Più la classe è promiscua, più è facile che un bambino acquisisca apertura mentale. E non vorrei incentivare mia figlia ad una cultura chiusa, seppur multiculturale. Perché il fatto di parlare più lingue, certamente vuol dire rispetto per altre culture, ma questo non vuol dire che non ci sia incomprensione e distacco verso le persone di altre culture.
Schwanden, io penso sia meglio far crescere una figlia non in un ambiente dove hai il lavoro garantito dalle barriere, ma dove hai la possibilità di creartelo a seconda del tuo orizzonte, di diventare ciò che vuoi, di frequentare chi vuoi e di vivere come puoi. E non sono pienamente sicura che questo sia il paese ideale”.



lunedì 21 novembre 2016

Le note del pensiero

I pensieri spesso sono inconsci come le canzoni che canticchi, non necessariamente perché ti piacciono, ma perché ti vengono in mente, perché le hai sentite tuo malgrado mentre facevi spese, mentre aspettavi in un ufficio pubblico, al telefono, oppure le canzoni per bambini che fai sentire a tua figlia (anche se spontaneamente non ascolteresti mai) ... Spesso mi accorgo di cantare canzoni che addirittura mi infastidiscono, rimastemi in mente, inconsciamente.

Poi mi rendo conto che, se attivamente canto solo le canzoni che mi piacciono, tutto cambia. La giornata trascorre al ritmo che sento, con il quale sono in sintonia, al ritmo che mi fa star bene.
E così, analogamente, se mi vengono in mente pensieri, preoccupazioni che mi infastidiscono, che mi incupiscono, la giornata prende un ritmo che non vorrei seguire, che vorrei spegnere. E allora, poiché spesso è impossibile concentrarsi o distrarsi per la presenza di quel rumore, occorre trovare un ritmo, una melodia talmente forte da sovrastare quella che vorrei eliminare. Pertanto un pensiero positivo che orienti verso una direzione o soluzione è sufficiente a spegnere un pensiero negativo che genera solo preoccupazioni. 

La forza del pensiero assomiglia pertanto al tono della musica. Più i tuoi pensieri assorbono la tua mente e più senti la musica. E se il ritmo ti piace, balli senza stancarti fino a quando hai forza, sentendoti coinvolto ad ogni passo, percependo ogni movimento, vivendo intensamente. 

Infatti per me vivere intensamente non significa sfruttare ogni momento, impegnandolo sempre con qualche attività, ma significa sentirsi coinvolti ogni momento nell'attività che si sta svolgendo. Per esempio, quando mia figlia si addormenta tra le mie braccia non faccio nulla, non guardo nessun monitor, non leggo nessun libro, non ascolto nessuna musica, non penso ai fatti miei, ma la osservo. E in quel momento mi sembra di vivere intensamente perché mi sento pienamente coinvolta in ciò che faccio: la abbraccio e mi lascio trasportare dai miei sentimenti. 

Se pur facendo mille attività o avendo mille impegni non ci si sente coinvolti in ciò che si fa e si vive mantenendo un distacco da tutto, allora credo che non si viva intensamente.
Quando vivi intensamente sorridi non perché pensi sia giusto o sia educato, ma perché lo senti dentro e vorresti travolgere col sorriso ogni persona che incontri; ti arrabbi non perché reciti la parte di chi si lamenta, ma perché vuoi far valere le tue ragioni; piangi, urli per sciogliere ed eliminare tutto il male che hai dentro.


domenica 6 novembre 2016

L'arcano

Dottore, devo confessarle che ero preoccupata perché lei ha dubitato che tutti i miei malesseri inspiegabili potessero essere causati dall'insorgenza di depressione. Forse le sembrerà anomalo, ma avrei preferito il cancro alla depressione.

Avrei accettato di morire a causa di un tumore maligno o di un'altra malattia piuttosto che vivere con la depressione. Questo è il mio punto di vista. Vivere senza entusiasmo, senza passione, senza accorgermene per me non è vita ed è peggio della morte.

Mi creda, sono felice che dagli esami non risulta nulla, ma se questo significa che potrebbe trattarsi di depressione, allora sono più infelice di come sarei se fossi malata. Devo confessarle che mi stressa attendere la visita dello psichiatra. Preferirei fare altri esami più invasivi per trovare la causa del male piuttosto che vivere con la prospettiva di essere giudicata “depressa.” Comunque non faccio opposizione e sono sicura che l'incontro servirà più a lei, per concludere di aver cercato la diagnosi ovunque, che a me, perché nella mia mente la depressione non esiste, è lungi da me, non la faccio entrare. Appena ne vedo la minaccia cambio vita, cambio direzione.

E adesso sono solo stanca. Ho bisogno di tempo per riprendere le mie forze. Ho bisogno di tempo per dimenticare questa storia. Ho bisogno di tempo per cercare un lavoro e non voglio più incontrare medici come paziente, ma piuttosto come collaboratrice scientifica.
E poi preferisco vivere con i miei sintomi, con il dolore al petto, con le vertigini … piuttosto che tentare una cura di antidepressivi per distruggere ogni malessere.

Perciò le chiederei di fermarci qua. Il tempo è la migliore medicina nei casi come questi.”

Non ci fu bisogno di riferire al medico tutto questo discorso. Se ne accorse da solo. Mi vide, ero serena. In fondo lo ero sempre stata, ma il mio pallore aveva nascosto il colore della mia energia. I valori del sangue ora erano tutti nella norma.

“Ci vediamo tra un mese per il controllo. Nel frattempo si ritenga libera da ogni appuntamento: non vedrà nessuno psichiatra”.

E così guarii. Ho ancora qualche dolore, ma la mia mente ha ritrovato il suo “potere guaritore” e prima o poi cesserà tutto. Per mesi ho avuto il dubbio di fare la fine di mia madre, poi quella di mio padre e invece continuo a vivere la mia vita, alla mia maniera, con il mio stile. Ho rivissuto tutto il dolore che avevo superato. Ho provato di nuovo l'irrequietezza di non sapere, di non conoscere la causa della morte di mio padre. E ho capito cosa significa trovarsi all'improvviso “delle palline” e dover aspettare l'esito di una biopsia. Io sono stata fortunata, ma mia madre no. Di fronte al male non diagnosticabile ho saputo trovar la via di uscita, mio padre no. Eppure i linfonodi ci sono sempre, sempre più grossi, sempre di più. Ma ho imparato a lasciarli stare, a non toccarli, a non alimentarli, a non pensare alla loro ragione.

I religiosi lo chiamerebbero “Mistero della fede”. L'unica fede che ho è nella mia vita e se svelarne il mistero significa abbandonarla o allontanarsi da essa, allora preferisco l'arcano.