sabato 10 settembre 2011

Underground

“Mind the gap, please”. “Please mind the gap between the train and the platform” “This is King’s Cross St Pancras change here for the Victoria, Northern, Hammersmith & City, Metropolitan & Circle lines and the National and International Rail Service”.
Lo spazio vitale tra una persona ed un’altra sembra ristabilirsi, ma e' un'effimera illusione. La gente che scende e’ rimpiazzata da quella che sale. Borse, valigie, passeggini, cani. Donne che si truccano e si cambiano le scarpe. Gente che beve il caffe' o che mangia di tutto: dai muffin al pollo fritto. A volte mi chiedo se il mio essere spettatore e non attore sulla metropolitana londinese deriva dal fatto di non essere abbastanza flessibile o se e' dovuto al rispetto per le altre persone e per le minime norme igieniche da osservare in un luogo affollato, dove a malapena si riesce ad entrare e stare in piedi, dove si sente l’odore delle persone e il loro fiato sul proprio collo, nel senso letterale e non figurato. Eppure che invidia! Si truccano senza sbavature tra uno scossone e l’altro della vettura, senza il timore di essere osservate dallo “specchio” altrui. Bevono il caffe’ senza rovesciarlo, mangiano il pollo fritto senza pudore e senza ungere i loro vestiti e quelli degli altri. Il comportamento delle persone e’ dettato soltanto dalle proprie esigenze. Ognuno sembra ignorare il vicino, ma in fondo ogni gesto e’ compiuto in maniera calcolata e discreta, cercando di arrecare il minimo disturbo possibile agli altri, per evitare lamentele e discussioni. Nessuno si guarda intorno, nessuno scambia una parola col passeggero accanto, anche se lo incontra tutti giorni alla stazione. Neanche le persone che si conoscono parlano tra di loro: c’e’ troppo rumore e il cellulare non e' raggiungibile. E allora ci si immerge nella lettura di un giornale o di un libro o si ascolta la musica. Ma non lo si fa principalmente per intrattenersi o evadere dalla realta’, ma per creare mediante il libro, il giornale o il lettore musicale una barriera fisica tra se' stesso e l’Altro. Agli occhi dell’Altro si e' invisibile: nessuno scambio di sguardi, se non casuale. Eppure puo’ essere che ci osservano, ma molto fugacemente e senza farlo capire. Sembra che ognuno sia soltanto interessato a se’ e incuriosito dalle prestazioni del proprio cellulare o dal gossip sul giornale. Ma ognuno e’ indifferente all’Altro. Se si pesta un piede ad un estraneo, per sbaglio, e’ anche facile sentirsi dire “Sorry”, pur essendo colpa nostra. La ragione e' la legge del quieto vivere, per evitare battibecchi, ma anche per difendere il proprio individualismo. Ma ognuno e’ conformista nel suo individualismo. La maggior parte delle persone legge lo stesso giornale. Inoltre dietro il “Sorry”, il “Please”, il “Thank you” si cela un’etichetta ben precisa: la cortesia, non sincera e dettata dall’individuo, ma imposta dalla societa’ come compromesso tra l’Io e l’Altro, sempre per tutelare la propria individualita'. Il conducente spesso bofonchia qualcosa, che dovrebbe essere una comunicazione ai viaggiatori, ma si rivela un monologo, o meglio, la recita del rosario, vista la ripetizione esatta della stessa cantilena ad ogni fermata. Neanche lui in realta' sta comunicando con i viaggiatori. Avvisa disguidi in altre linee, deviazioni, oppure semplicemente: “There is a good service on all London underground lines”. Che senso ha comunicare che il servizio viene erogato in maniera regolare? Non e' gia' cio' che dovrei aspettarmi quando pago il biglietto per la corsa? O forse si vuole ridurre l'impatto delle comunicazioni sgradevoli aggiungendo anche quelle scontate che si vuole far apparire gradevoli? Oppure si vuole soltanto incrementare “l'inquinamento acustico” con informazioni irrilevanti? Un altro esempio e' dato dal conducente che comunica che il treno e' momentaneamente fermo in attesa di segnali, anche se in realta' poi riparte immediatamente dopo. “Mind the doors, please”. “Stand clear of the closing doors”. Il conducente rincara la dose, come se non fosse sufficiente la voce registrata che lo ripete ogni volta, dopo l'annuncio delle fermate. Sembra quasi che vogliano farti rimbecillire, con comandi analoghi a quelli militari, brevi e concisi. “Mind the gap”. “Mind the gap, please” (il please e' di fatto un intercalare!). In inglese il “gap”, il buco, il salto tra il binario ed il marciapiede, delineato dalla linea gialla sul suolo, sembra quasi un'allegoria, il vuoto tra la vita e la morte o il confine tra il “Bene” e il “Male”. “Mind the gap”.
La vettura e' l'unico modo sicuro per superare il “gap”, ma quando si sta per entrare o per uscire, bisogna fare di nuovo attenzione al confine. “Mind the doors, please” o “Stand clear of the closing doors”.
Arrivare alla stazione “King's Cross St Pancras” vuol dire per me essere nel mezzo del cammino sotterraneo che mi porta quotidianamente al lavoro. Tra andata e ritorno, un'ora e mezza della mia giornata trascorre nel sottosuolo.
All'inizio osservavo allibita questa realta' alienante. Mi guardavo intorno. Osservavo la gente che evitava il mio sguardo, sentendosi quasi minacciata. Guardavo la vettura approcciarsi ad ogni fermata, subivo ogni “Mind the gap, please”, ogni “ricambio” di persone. Ascoltavo gli annunci per far fronte ad eventuali disservizi. Ma dopo qualche giorno, mi resi conto che dovevo trovare un modo per evadere o per essere indifferente al sistema. Un libro dopo l'altro e la musica rock ad alto volume sono i miei espedienti per affrontare il lungo tragitto sotterraneo quotidiano. Mi sono adattata a leggere in piedi, sotto pressione fisica degli altri passeggeri e anche camminando durante il cambio di linea. Ho imparato a non patire l'indifferenza della gente. Ma quando cammino con il libro chiuso e vedo le persone muoversi incuranti, che evitano di guardarmi, come se fossi invisibile, mi verrebbe voglia di urlare: “Basta! Se e' questo il quieto vivere, preferisco lo scontro. Insultatemi se e' cio che pensate, ma almeno esprimetevi. L'espressione e' vitale.” Ma proseguo, evitando anche io le persone, pur sentendomi a disagio e incoerente con i miei principi e la mia personalita'.
This train is now ready to depart. Stand clear of the closing doors.”

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