lunedì 9 maggio 2011

L'altra faccia del mio curriculum

"Posso essere chiunque". Ma prima descriviamo chi o meglio l'espressione di cosa sono diventata. "Ci parli di lei". E' la tipica "prima domanda" che viene fatta durante un colloquio di lavoro. Ragioneria. Laurea in statistica applicata all'economia, finanza e assicurazione. Dottorato in matematica applicata all'economia. Ricercatrice in statistica medica da due anni (ora in una terapia intensiva in UK).
Piu' che un'insalata di economia, matematica, statistica, con condimento medico, il mio curriculum assomiglia piu' ad un'elaboratissima torta a strati: primo strato contabile, secondo strato statistico, terzo matematico con crema bigusto all'economia e ciliegina clinica. La mangereste? "Le faremo sapere". Ecco la reazione. "Forse i signori non hanno digerito". Mi domando. Ma perche' mai? Anni di studio, di rinunce, di ideali per sfornare un prodotto bello, ma non commestibile. Eppure gli ingredienti sono tutti di prima scelta, genuini, non geneticamente modificati, pagati a caro prezzo. Infatti i singoli strati, se mangiati singolarmente sono ottimi, ma il risultato finale non lascia soddisfatti con nessun gusto: si sente il miscuglio di troppi gusti che il palato convenzionale non riesce a digerire.
In realta' dietro quest'accozzaglia si nasconde una personalita' "artistica" celata e apparentemente addomesticata dal tentativo di razionalizzarsi e uniformarsi alle esigenze di mercato.
Studio ragioneria, per non essere poi disoccupata in caso di non proseguimento degli studi. Ottengo degli ottimi risultati, pagati con sacrifici, stress e "antipatia sociale" che razionalmente avrei potuto evitare. Pensando di essere sufficientemente edotta alla filosofia contabile, mi iscrivo alla facolta' di Economia, ma con indirizzo statistico-matematico applicato al mercato finanziario e assicurativo. Pare che l'"allora futuro" richieda ingegneri del risparmio, che sappiano gestire l'incertezza dei mercati. Una sfida, penso, ed un'occasione per razionalizzare la mia vita, studiando materie quantitative che penso siano necessarie per la mia formazione.
Ottenuto il titolo con lode e decantazioni varie, trovo lavoro nel risk management di una compagnia di assicurazione. Dopo qualche mese lascio il posto. Sono attirata e incuriosita dalla carriera accademica ed in secondo luogo dalla ricerca scientifica. Mi iscrivo al dottorato di ricerca del dipartimento di matematica applicata all'economia. Nonostante frustrazioni e problemi personali, ottengo il titolo. La ricerca intrapresa per la mia tesi potrebbe essere interessante, ma non sono nel posto giusto per poterla valorizzare.
Il mio interesse si sposta dall'economia alla medicina. Trovo lavoro come statistica in un centro di ricerca di epidemiologia. Il lavoro e' interessante. Nonostante sia piu' operativo rispetto al ricercatore accademico, e' piu' stimolante e motivante, ma soprattutto l'ambiente e' quello ideale. Le persone sono simpatiche, leali e lavorano con grande impegno.
Capisco che in ambito lavorativo l'ambiente e piu' importante del lavoro stesso: e' dal "feeling" con le persone con cui interagisco che dipende la mia soddisfazione personale.  Capisco che, avendo sempre dato priorita' a placare la mia immediata "sete di conoscenza", ho trascurato di chiedermi se la mia personalita' e i miei principi fossero in sintonia con l'ambiente che la richiedeva. Capisco che in realta' non mi sono mai veramente chiesta cosa avrei ottenuto dopo ogni meta desiderata. L'importante era partire e raggiungerla.

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