domenica 27 novembre 2011

La legge della curva

Da bambina mi chiedevo sempre se fosse possibile prevedere il futuro. Mia madre credeva in ogni espediente: sogni premonitori, chiaroveggenze, oroscopi ed era convinta di avere il cosiddetto "sesto senso". Mi aveva influenzato e di conseguenza anche io pensavo di possederlo e percio' prestavo sempre attenzione a cio' che sognavo la notte precedente, ai presagi ... Molto spesso cio' che pensavo o temevo accadeva, facendomi sentire in colpa per non avere agito tempestivamente al fine di evitarlo.
Mio padre non credeva in nulla che non potesse essere dimostrato razionalmente o scientificamente. Riguardo alla religione, pensava che la fede aiutasse a vivere meglio e quindi a non deprimersi. Questa era la sua spiegazione razionale per accettare l'esistenza di Dio, pur non essendone fermo sostenitore. Pero' considerava i sogni e le premonizioni puramente coincidenze senza nessuna relazione di causa ed effetto con l'evento. Prevalse la sua teoria, sulla visione di mia madre. Pensai che la mia vita sarebbe stata migliore e piu' rilassata se avessi ignorato tutti i presagi irrazionali che mia madre manifestava e che non giustificavano alcuna azione preventiva contro l'evento temuto, poiche' le sue ansie, non avevano nessuna motivazione razionale.
Pero' poter prevedere il futuro e' una questione che mi ha sempre affascinato. E se con le premonizioni non sarei stata credibile all'esterno, ne' tantomeno a mio padre, allora tentai usando la ragione.
E percio' cominciai ad interessarmi ai modelli matematici volti a prevedere il futuro, anche se dovetti accontentarmi di applicazioni riguardanti l'andamento dei mercati finanziari, l'evolversi di un fenomeno demografico o la diffusione di una certa malattia. E pensai che la formazione matematica mi avrebbe consentito di studiare, in maniera analoga, la "legge della curva" della mia vita, ossia la funzione analitica che la descriva quantitativamente per cercarne di prevedere le perdite e i profitti e gli interventi, rispettivamente, per evitarle o incrementarli.
In effetti teoricamente e' molto piu' facile prevedere il proprio futuro che quello dei mercati perche' si dispone di informazioni corrette e veritiere sulla propria personalita', sul modo di reagire agli eventi, sui nostri desideri. Se fossimo in grado di analizzarle razionalmente, evitando approssimazioni a modelli distaccati dalla nostra individualita', potremmo riuscirci. Spesso ho usato quest'approccio, anche se non formalizzando la legge della curva mediante alcuna funzione matematica o con nessun modello astratto, ma cercando di capire il mio modello, il mio schema prescindendo dal luogo comune ed evitando di inquadrare la mia curva in un insieme di traiettorie che seguono soltanto l'andamento sociale.
Finora ho sempre previsto la strada ottimale, migliore condizionatamente alle informazioni che possedevo. Forse se adesso rivalutassi l'albero delle decisioni che ho percorso, realizzerei che le mie scelte non sono state ottimali. Ma all'epoca lo erano perche' possedevo meno informazioni di quelle che possiedo ora e valutavo le mie possibilita' di "vincita" con altri parametri perche' ragionavo in maniera diversa, perseguendo altri obiettivi. Se osservo la mia curva, vedo che spesso, laddove c'e' stato un guadagno in termini economici, c'e' stata una perdita in termini di generosita' o di saggezza. E invece dove poi ho avuto una perdita in termini economici, spesso c'e' stato un guadagno in termini di esperienza, di cultura e soprattutto di saggezza.
Pertanto e' veramente complicato descrivere la legge della curva perche' diverse variabili la determinano. Con gli anni ho capito che il mio "sesto senso" si spiega con la mia sensibilita', la mia perspicacia, il mio intuito e la mia capacita' di immaginazione. Nessun demonio, nessun santo ad influenzarne l'andamento, ma effetti casuali che non si riesce a controllare.
E purtroppo per questi dobbiamo usare dei modelli astratti, delle approssimazioni che spesso rendono la curva particolarmente irregolare, in modo tale da confondere, da rendere impossibile l'isolamento dei fattori che invece possiamo controllare (le cosiddette "variabili endogene"). Spesso di fatto si tende a descrivere la legge della curva soltanto con "variabili esogene", con il caos che non possiamo controllare, evitando la complessita' di considerare tutte le informazioni che possediamo per accontentarci di semplificazioni dettate dal luogo comune.
E cosi' come evitare il luogo comune ci consente di poter descrivere e capire la legge della nostra curva, cercare di descrivere nella maniera piu' accurata e trasparente possibile le informazioni in nostro possesso ci consente di poter capire e prevedere l'andamento dei mercati finanziari o dei fenomeni epidemiologici, demografici o sociali.
Il motivo per cui spesso i modelli usati per descrivere la realta' non sono accurati consiste nell'uso di informazioni incomplete, superficiali, obsolete o addirittura inesatte. Forse e' anche questa la ragione per la mia perdita di interesse nella matematica e di fede nel suo potere di descrivere cio' che ci circonda.
Essere matematici applicati spesso vuol dire limitarsi a descrivere la realta' o in maniera troppo astratta oppure seguendo le tendenze attuali, imposte dai canoni di ricerca in voga. In altri termini, essere matematici significa o descrivere il mondo estraniandosi oppure attraverso il luogo comune, anche se elitario. Ma in ogni caso non si analizzano le informazioni in maniera completa.
Nel primo caso c'e' un rifiuto nei confronti della societa' ed una rinuncia a descriverla perche' l'isolamento non consente di possedere tali informazioni. Nel secondo caso invece c'e' omerta' nei confronti dei modelli esistenti e tendenza a voler semplificare o approssimare per poter ottenere dei risultati. Pertanto in entrambi i casi si commettono errori dovuti all'inadeguatezza dei modelli alla realta' e cio' puo' causare perdite economiche, sociali oppure di conoscenza.
L'errore e' analogo a quello che commetterebbe l'individuo se prendesse le decisioni riguardo alla sua vita o ragionando in termini astratti oppure ragionando con le regole dettate dal luogo comune.
Quali persone incontrero' o rincontrero' inaspettatamente? Che direzione seguira' la mia carriera? Mi radichero' definitivamente o ritornero' a fare la "nomade"? E' tutto gia' determinato, ma non si possiedono abbastanza informazioni sugli eventi futuri oppure e' tutto dovuto al caso, alle coincidenze?
La mia vita e' gia' segnata nel nascere ed io la scopro pian piano oppure prende forma istante per istante? Entrambe le filosofie possono essere giustificate perche' entrambe sono espedienti per giustificare l'ignoranza dovuta all'incertezza e alla mancanza di informazioni sul futuro.
Anni fa ero ossessionata dal voler prevedere e controllare tutto, dal voler influenzare la legge della curva in modo tale da identificarmi con essa. Il mio approccio e' cambiato: il caos e la casualita' non mi spaventano piu' e quindi lascio loro la liberta' di esprimersi. Forse e' l'unico modo per poterli osservare e in un certo senso controllare, moderandone gli effetti negativi e devastanti che la loro repressione comporterebbe nella mia vita.
Il mio intuito mi suggerisce che rivedro' alcune persone o alcuni luoghi, anche se adesso non riesco ad immaginare come cio' possa accadere. Quest'elemento di casualita' rende piu' interessante la mia vita, aggiungendo curiosita' che la mera previsione annienterebbe.
In fondo dubito sempre che la matematica sia il mio mestiere. 

La mia non e' una critica negativa nei confronti del settore della ricerca scientifica, che comunque e' fondamentale per il progresso di un paese. Vorrei soltanto evidenziarne i limiti, imposti dalle esigenze del mercato e che il ricercatore non puo' superare, analizzando i dati che riceve, scegliendo il modello migliore e assumendo che tali informazioni siano veritiere.
Rinunciare alla ricerca soltanto perche' non si crede nella correttezza dei suoi risultati e' analogo a evitare di leggere i giornali e di informarsi perche'si pensa che tali informazioni siano corrotte. Pertanto occorre un atto di fede. La fede aiuta a vivere meglio. Ma non bisogna approfittare della fede per imbrogliare il pubblico, a cui spesso vengono divulgate informazioni parziali approfittando della loro ignoranza.

3 commenti:

  1. Quanti spunti! Vorrei commentare su due punti che mi stanno particolarmente a cuore.

    Io sono determinista, e penso che tutto sia già prestabilito, e che per conseguenza non possa esistere il libero arbitrio. Detto in altri termini, è come se il Tutto fosse una sorta di Grande Orologio che segue meccanismi precisi. Penso questo perché, come il rasoio di Occam, è la spiegazione più semplice: la materia segue delle leggi, anche se noi non le comprendiamo, piuttosto che il caso.

    L'unico modo, pur sapendo queste leggi, di prevedere il futuro sarebbe di avere l'informazione completa di Tutto, il che è impossibile. Il Tutto comprenderebbe infatti anche il contenitore di tale informazione, in un ciclo autoreferenziale. Da questo ragionamento penso che, anche se il libero arbitro non esiste, *per quel che ci riguarda* sì. È proprio l'impossibilità di prevedere il futuro che ci permette, come esseri umani, di pilotarlo e di esserne gli artefici.

    Il secondo punto è quello della ricerca matematica applicata (che è l'unica che conosco, ma il discorso mi sento di estenderlo alla ricerca scientifica in generale). Mi trovi d'accordo con te nel credere che tale ricerca sia fondamentale, se pur con i suoi limiti. Detto questo, dovrebbe innanzitutto essere considerata come un lavoro retribuito, e i ricercatori non dovrebbero essere dei volontari: l'amore per la scienza non si può spalmare sul pane. È soltanto con un minimo di sicurezza economica che il ricercatore può seguire la propria strada e creare, invece di essere costretto a seguire le mode, come dici tu, facendo qualsiasi cosa pur di aggiungere una pubblicazione al proprio curriculum. Eulero sarà stato anche un genio, ma aveva il mecenate che gli pagava le bollette...

    Penso che la matematica sia come la filosofia. Anzi, che le due cose siano una. E come diceva Gaarder del Mondo di Sofia, tutti sono filosofi, se si interrogano su ciò che li circonda. La matematica è sì una semplificare e approssimare, come dici tu, ma in buone mani si tratta di semplificazioni "potenti", che aggiungono comprensione e valore. Poi, ovvio, c'è sempre chi è in mala fede, e chi fa matematica applicata inutile, perché troppo astratta, invece di dedicarsi all'altrettanto imporante matematica pura.

    Grazie ancora per gli spunti e le altre interessanti riflessioni. Mi è piaciuto in particolare il parallelo tra predizione scientifica e superstizione.

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  2. Interessanti osservazioni! Grazie per il sostegno.

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  3. Einstein diceva "Everything should be made as simple as possible, but not simpler".
    Semplificare e' anche il compito dello scienziato, ma e' sempre possible identificare il confine tra "as simple as possible" and "simpler"?

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