giovedì 1 dicembre 2011

La legge della giungla

Le difficolta' maggiori che incontrero' al rientro nella mia citta' natale deriveranno sempre dalla mia famiglia, ormai ridotta: le mie sorelle.
La sorella, che e' invalida, da circa un mese non viene piu' assistita dall'altra mia sorella, ma risiede in una struttura residenziale dei servizi sociali.
L'altra sorella adesso per la prima volta si sta confrontando con la sua stessa esistenza. Cosa fare? Qual e' il suo ruolo? Deve cercare un lavoro, non ha un reddito. Soltanto ora ne percepisce la necessita' e ha voglia di lavorare, ma ha pochissime possibilita', essendosi diplomata ormai da dieci anni e non avendo nessuna esperienza lavorativa, se non di un paio di lavori saltuari, e nessun corso professionale spendibile. Sta cercando attivamente, ma non sta trovando nulla.
In effetti chi seleziona il personale che elementi ha per capire che ha vissuto una situazione disagiata ed adesso vorrebbe una possibilita' per dimostrare le sue capacita'? Dal curriculum, risulta soltanto la facciata: nulla ... nulla resta delle premure verso la madre e verso la sorella invalida, nulla ...
E non puo' nemmeno rivendicare l'appartenenza alle categorie protette, pur avendo vissuto il disagio familiare.
Cio' che mi fa innervosire e' il suo atteggiamento vittimista e difensivo: "nessuno mi assume, sono tutti cattivi, la colpa non e' mia". Ma come non e' sua? Vorrei rinfacciarle che l'avevo avvisata che non poteva vivere tutta la sua vita con la madre, che doveva uscire da quella condizione di schiavitu' che lei pensava fosse liberta' perche' le consentiva di vivere nell'ovatta materna, al riparo dai pericoli, dai problemi e con la possibilita' di concedersi vizi e capricci.
Vorrei dirle con freddezza e intransigenza: "Ecco, queste sono le conseguenze della tua condotta che ha ignorato i miei consigli. Pensavi fosse ingiustificata la mia ira quando realizzavo anno dopo anno che non avevi ancora cercato attivamente un'occupazione? E adesso pensi che sia ingiustificato lo stato di disoccupazione in cui ti trovi? Pensi di non essere responsabile della tua rovina? Non credi che adesso dovresti uscirne da sola? Non osi chiedermelo, ma ti aspetti da me un aiuto, anche se sai benissimo che io non ho nessuna intenzione di mantenerti e di viziarti come la mamma. E secondo te cosa dovrei fare?"
Anni di evoluzione, di progresso, di sviluppo economico e di conquiste sociali, ma il principio e' sempre quello: la legge della giungla. Il piu' forte sopravvive. Non c'e' giustizia migliore: in tal modo ognuno ha cio' che merita.
Ma non potrei sopportare il mio menefreghismo se le voltassi le spalle.
In fondo se la aiutassi potrebbe trovare la possibilita' che cerca, possibilita' che potrebbe cambiarle la vita.
Se non l'aiutassi, il suo vittimismo troverebbe una giustificazione, in quanto le infliggerei la pena che tutto sommato si merita. Ma la sua vita non cambierebbe, se non in negativo poiche' aumenterebbe la sua paura e la sua diffidenza nei confronti del mondo.
In fondo e' stata danneggiata, vittima si' della sua debolezza, ma soprattutto del lassismo di mia madre. E' una ragazza intelligente, ma non e' consapevole delle sue capacita' perche' non ha avuto occasione per dimostrarle e, sotto l'egida della madre, non ne ha neanche sentito la necessita'. Perche' procacciarsi il cibo se qualcuno gia' pensa al mantenimento? Che bisogno c'e' di testare la propria forza se qualcuno pensa a difenderci?
Vorrei tanto insegnarle a "cacciare" e spronarla a tirare fuori le sue capacita' nascoste. Non e' mica un'impresa facile, visto anche il suo carattere introverso, ma accetto la sfida.
C'e' pero' una questione da sollevare: neanche io avro' un lavoro quando tornero' in Italia. Puo' una persona che non ha lavoro insegnare un'altra a trovare lavoro? Penso di si', cosi' come un cacciatore puo' insegnare a cacciare senza avere in mano la preda.
Io ho un "avanzo" nel curriculum, lei un "deficit", ma ci troviamo a fronteggiare la stessa situazione: la nostra collocazione.
Cio' che accomuna gli estremi opposti e' la lotta alla sopravvivenza: ciascuno deve lottare per mantenere la propria posizione. Come il povero deve lottare per non morire di fame, il ricco deve lottare per mantenere il proprio status. Il ceto medio invece non deve lottare, potendo godere della sua posizione, ma semmai puo' temere di diventare povero, sognare di diventare ricco oppure disprezzare gli estremi.
Se fosse possibile, sarebbe giusto trasferire il mio "avanzo" curriculare a mia sorella, in modo tale che entrambe saremmo in pareggio? Non sarebbe giusto perche' entrambe non avremmo quello che meritiamo, ma sarebbe equo, poiche' non ci sarebbe diseguaglianza ed entrambe saremmo dispensate dalla lotta.
Ma non sempre, come in questo caso, cio' e' possibile. E' possibile trasferire il denaro, ma non la forza e le abilita' per produrlo. Nella legge della giungla, avere due vincitori equivale ad avere due vinti. Nella legge della giungla il ceto medio non esiste.
E noi siamo due bestie che per fortuna non lottiamo l'una contro l'altra. Aiutarla a sopravvivere, vorrebbe anche dire guadagnarmi la sua stima e il suo rispetto nei miei confronti, analogamente alla posizione "alfa" di dominanza di un branco. Voltarle le spalle vorrebbe dire allontanarla da me, distruggendo quello che rimane della famiglia ed uscendo definitivamente dal branco.

2 commenti:

  1. Una volta tanto non concordo con quello che scrivi.
    Dico così perchè solo nella diversità e nel confronto credo ci sia crescita.
    Capisco la situazione, ma non credo tu debba "insegnare" a cacciare.
    La caccia e la sopravvivenza sono fattori puramente istintivi che ognuno porta nel suo bagaglio genetico.
    Quello che supera l'istinto è la capacità dell'uomo di dare supporto in tantissimi modi diversi.
    A volte è sufficiente dimostrare fiducia nell'altro per dargli la forza di alzarsi dopo una caduta.
    L'insegnare, è trasmettere il proprio modello, la propria esperienza, e non mi risulta che le esperienze siano adattabili, ognuno vive le cose a modo suo.
    Sapere che qualcuno non ti giudica perchè non hai fatto le sue stesse scelte, ma che ti sostiene nelle tue, è un bene prezioso al giorno d'oggi.
    Del resto, la forza di affrontare la vita la puoi trovare solo dentro te stesso, magari sbagliando, ma sempre crescendo e imparando.
    L'importante, credo sia la capacità di imparare dalla propria vita, utilizzando al meglio le nostre risorse, senza per forza doverci sentire "simili a..".
    Come dicevano anni fa..." Che la Forza sia con te!"

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  2. Le tue parole sono molto belle. Purtroppo quando si e' coinvolti in una situazione non e' sempre facile essere chiari e trasparenti in cio' che si vuole dire e al momento sono abbastanza confusa su come poterla aiutare. Comunque finora le ho sempre dato fiducia e ho visto che dimostra di avere forza. Il problema e' che ho paura che l'inattivita' protratta possa demoralizzarla, poiche' tende ad arrendersi. Io la incoraggio, ma sai, come dici tu, ognuno vive le cose a modo suo e soprattutto ha le sue idee. Vedro' quello che posso fare, anche se non posso vivere la sua vita al suo posto. Vorrei che trovasse la sua strada da sola. Ma sai, non tutti, lei compresa, hanno il coraggio di buttarsi ad esplorare un nuovo percorso, ma ci vanno soltanto se uno glielo suggerisce e la convince che non e' pericoloso.

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