domenica 6 novembre 2011

L'idea dominante

Non ho paura di sbagliare, non ho paura di perdere, non ho paura di dover rinunciare a cio' che ho, non ho paura del futuro, non ho paura del presente e neanche del passato, non ho piu' paura dei parenti, non ho paura di cio' che non posso controllare e neanche di non saper controllare cio' che posso controllare, non ho paura del giudizio degli altri e neanche del mio. Non ho paura di nulla.
Ma sono davvero cosi' coraggiosa? Forse, piu' che coraggio, e' consapevolezza.
Consapevolezza che nulla realmente mi appartiene, se non l'idea di possedere qualcosa. Si puo' vivere con la convinzione che la propria vita abbia un unico obiettivo, da noi definito per scelta o imposizione. Se per causa di forza maggiore non riuscissimo a raggiungerlo, la prima sensazione sarebbe la disperazione, dovuta al crollo di cio' che avevamo definito “senso della nostra vita”. Ma se si riflette, si giunge alla conclusione che si ha soltanto perso l'idea di raggiungere quell'obiettivo e se si immagina qualcos'altro allora la vita puo' prendere un'altra direzione.
Il senso della vita non esiste, ma esiste il senso della nostra vita perche' siamo noi a definirlo. E se tale definizione dipende da noi, allora solo noi siamo in grado di cambiarla se ci impedisce di andare avanti.
Spesso si pensa di possedere anche le persone e pertanto si diventa gelosi o, nel caso di una madre, iperprotettivi. A volte, per disgrazia oppure perche' la loro vita segue un altro percorso, le persone care ci lasciano. E non c'e' altro modo che accettare il fatto di non possedere piu' l'idea di stare sempre al loro fianco e se quello era cio' che pensavamo fosse il senso della nostra vita, allora soltanto il definirne un altro ci puo' aiutare a sopravvivere.
Non si possiede neanche la propria vita, ma soltanto l'idea di essa e la prospettiva di una vita sofferente e' insostenibile e sta a noi trasformarla in una accettabile.
Quando i medici mi fecero temere di avere la sclerosi multipla tutto sembro' crollarmi addosso. Non riuscivo ad immaginare la mia vita senza poter soddisfare il mio perfezionismo, la mia ambizione di eccellere e, soprattutto, la mia presunzione di essere autosufficiente. Poi, riflettendoci, una vita diversa sarebbe stata possibile: sarebbe bastato soltanto cambiare idea. Smentita la possibilita' di una malattia, cambiai lo stesso. Il mio punto di vista da allora e' simile a quello che avevo quando ero ragazzina, quando vivevo usando il mio talento naturale senza contaminarlo con il pragmatismo, senza l'idea di possederlo gelosamente, senza sfruttarlo per soddisfare la mia idea di vittoria.
In fondo cosa significa vincere e cosa perdere?
Mi sentii vincente quando ottenni la laurea, quando trovai il mio primo impiego, quando arrivai in prima posizione in graduatoria per avere la borsa di studio al dottorato di ricerca, quando trovai lavoro come ricercatrice in epidemiologia e quando mi assunsero qui a Londra. Ma in fondo non si possiede la vittoria, ma soltanto l'idea di essa, idea che in molti casi svani' presto, una volta che la situazione si mostro' diversa dalle mie aspettative.
E allora perche' si ha paura di perdere quando vittoria o sconfitta dipendono soltanto dalle nostre idee? Forse sono le idee a spaventarci: si ha paura a sostenerle o a cambiarle e, di conseguenza, a vivere con esse e poi doverle abbandonare. Ma se non le sosteniamo, le perdiamo comunque.
Soltanto dopo aver ottenuto i miei traguardi potei considerare quasi ridicola la presunzione che avevo in passato di poter possedere la mia vita incanalandola in obiettivi ben delimitati. Da ragazzina e bambina invece possedevo soltanto l'idea di poter fare qualsiasi cosa e di poter diventare chiunque. La mia visione attuale e' molto simile a quest'ultima: diversificare, anziche' concentrare le energie in un'unica attivita', vivere alla giornata, mettendo alla prova giorno per giorno il mio talento, senza preoccuparmi del risultato, ma non per questo non essere produttiva.
Anni fa avrei pensato che vivere in questa maniera fosse da perdigiorno, da immaturi, da persone che non hanno le idee chiare sulla loro strada e, soprattutto, che non possiedono l'”idea dominante”, quella che prevale sulle altre, quella che non si pone in discussione e che e' aliena ad ogni domanda esistenziale.
Ma riusciro' a trovarla? Mi imbattero' in un cammino che una volta raggiunto fino in fondo non mi renda curiosa di tornare indietro e di vedere cosa c'e' nelle altre direzioni? Mi illudevo di averlo trovato, anche spinta dall'angoscia di vivere senza trovarlo.
Adesso pero' non ho piu' paura di vivere senza possederne l'idea, ma neanche di vivere possedendola e non abbandonandola. Vivere senza paura e senza meta puo' essere l'approccio ideale per trovare l'idea dominante.

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