giovedì 27 maggio 2021

La prima stazione

Dopo la morte di mia sorella, la mia diffidenza verso la medicina e la critica negativa nei confronti della gestione della pandemia raggiunsero livelli tali da prender posizione assolutamente contraria al vaccino.

All’inizio di gennaio, nell’ospedale per il quale lavoro, partì la campagna vaccinale per i dipendenti. Non mi sarei vaccinata, pensai. Era una follia fare un vaccino dove poco chiare erano le informazioni, gli effetti collaterali, ma soprattutto non c’era assolutamente garanzia che avesse ridotto i contagi, anche se poteva aiutare a prevenire le ospedalizzazioni.

I miei colleghi si vaccinarono tutti. Qualcuno mi chiese se avessi provveduto. Io rispondevo negativamente e poi cambiavo discorso per evitare possibili conflitti. A maggior ragione ero chiusa in casa a lavorare. Da mesi avevano ordinato l’”Home office”. Per fortuna le scuole erano aperte, altrimenti non so come sarei riuscita a continuare a lavorare. Pensavo che se proprio volevano convincermi a vaccinarmi avrebbero dovuto per lo meno consentirmi di tornare a lavoro in tutta libertà, senza maschere e test. Nel frattempo però, preferivo non vedere nessuno, non per paura diretta del virus, ma per evitare di dover far test e quarantene. Riesco a rinunciare a vedere gente, ma non posso rinunciare ad uscire fuori di casa, nel bosco. Per me è terapeutico. Quando sto male, star fuori a contatto con la natura migliora il mio malessere.

Eppure i mesi passavano. Incrementai la mia percentuale di lavoro, affinché fossi talmente oberata da non pensare a nulla e da riuscire a sopportare l’isolamento sociale. Ho sempre continuato a viaggiare con i mezzi pubblici. Ma poche sono le volte in cui ho avuto interazioni sociali con altre persone diverse da mia figlia e il mio compagno. Poche volte ho incontrato amici. D’altro canto, la mia scarsa tolleranza a zoom e altre simili applicazioni, mi ha tenuta anche lontana da una vita sociale virtuale. Forse se qualcuno avesse sperimentato ciò di cui sto parlando capirebbe la situazione e arriverebbe ad un punto tale per cui è più importante far di tutto per cercar di uscirne, piuttosto che lottare per non contraddire i propri ideali, se è proprio quella lotta che conduce a quella situazione.

Una notte sognai di essere in sala di attesa per la vaccinazione dei dipendenti. Nel sogno mi chiesi come fosse stato possibile, visto che io non volevo e non avrei mai aderito volontariamente. Mi svegliai sconcertata. No, non sarebbe mai accaduto. Ma qualcosa sfuggiva al mio controllo.

Il tempo passava, le restrizioni continuavano e si inasprivano. L’obbligo di quarantena per chi si spostava variava da un giorno all’altro. Non ci spostammo, neanche per le vacanze scolastiche pasquali. La politica a testarsi regolarmente era sempre più pressante, anche per chi non avesse sintomi e non avesse incontrato nessuno. Io rifiutai di testarmi, ma temevo che a scuola di mia figlia si verificassero episodi di positività e che quindi ad un certo tempo non avrei potuto sfuggire.

Ad un certo punto, la prospettiva e la politica cambiarono: “chi alla normalità vuol tornare, si deve vaccinare”. E chi si vaccina è esonerato da test e quarantene, può accedere tranquillamente a bar, ristoranti, locali, viaggiare sereno e può non indossare la mascherina.

Pensai a quando la mascherina non era obbligatoria e mi rifiutavo di metterla spontaneamente persino sui mezzi di trasporto. All’epoca c’erano campagne per invitarti ad indossarla e per un giorno ne distribuirono pure gratuitamente. Io guardavo la scena con assoluta indifferenza e pensavo che non sarebbero mai riusciti a farmela mettere. Poi quando divenne obbligatoria, non potei fare più nulla, se non infrangere il regolamento e passare da criminale, cosa che esulava dai miei pensieri. Nelle situazioni in cui ero libera di metterla, all’aria aperta, a casa quando invitavo gente, mi astenevo da indossarla e non chiedevo a nessuno che veniva a farmi visita di indossarla. Ma purtroppo dove ero obbligata, non potevo fare altrimenti. Stetti male per questo e ancora oggi mi pesa indossarla.

Ricordo anche che volevo rinunciare a proseguire il corso di tedesco per non dover indossare la mascherina. Poi però la mia voglia di conoscere e dialogare con persone nuove e di migliorare le mie conoscenze linguistiche mi spinsero a partecipare. L’insegnante, il primo giorno, quando mi vide entrare, sedermi e parlare senza mascherina mi riprese dicendo che dovevo metterla, non perché lo chiedeva lei, ma perché lo chiedeva la direzione. La mia faccia triste le fece compassione e con tono gentile mi disse. “Guarda che anche per me è difficile. Ho dovuto esercitarmi diverse volte a parlare con questa roba”. La sua empatia mi fece star meglio e riuscii ad indossare la mascherina. Se l’insegnante avesse avuto un atteggiamento arrogante dicendomi: “Se non te la vuoi mettere, stattene a casa e rimani ignorante” allora probabilmente avrei abbandonato l’aula e questionato con argomenti tipo: “però guardi che c’è abbastanza distanza tra un banco e l’altro. Per ora la mascherina è prevista solo nelle situazioni dove la distanza di sicurezza non può essere mantenuta.” E invece spesso la gentilezza che ricevi ti fa cambiare atteggiamento.

Ricordando quell’episodio, pensai al vaccino. E se lo rendessero obbligatorio? La Svizzera è un paese democratico. La gente si è ribellata ad un secondo lockdown totale e allora il governo ha cambiato politica. Da quando però hanno promesso la normalità in cambio del vaccino, son tutti corsi a vaccinarsi. Così come chi entra al supermercato e ne approfitta delle offerte per spender di meno. Già e perché allora non ne approfitto anche io, visto che tanto prima o poi dovrò acquistare quel prodotto? E poi forse se più gente si vaccina, la smetteranno di essere fobici e ossessivi e di distruggere i dubbi e denigrare le persone che li hanno, distruggendo di conseguenza anche la scienza stessa. Forse se aderisco volontariamente, non metteranno l’obbligo di vaccinarsi e si potrà di nuovo essere liberi.

La campagna vaccinale per i dipendenti, dove lavoro, stava per concludersi. Forse con ingenui pretesti e speranze da illusi, mi convinsi che la cosa più conveniente da fare era partecipare, per evitare di dover far test ogni settimana o peggio di dover fare il vaccino obbligatoriamente in futuro. In fondo non sono mai stata contraria per principio ai vaccini. Ma sono avversa alla politica e al business non troppo pulito che ci stanno dietro. Non ho mai fatto un vaccino che non sia stato obbligatorio, come ad esempio quello dell’influenza vaccinale. Non ne ho mai sentito l'esigenza. Credo che la cosa più importante infatti sia salvaguardare e potenziare il proprio sistema immunitario in maniera naturale. Non ho fatto fare vaccini non obbligatori a mia figlia. E quando si è ammalata ho potuto constatare che mia figlia è sana, come del resto la maggior parte dei bambini dovrebbe esserlo, visto che solitamente i bambini sani non sviluppano complicanze dopo una malattia, quale ad esempio la varicella. Ma in questo periodo anche prendersi un raffreddore è considerato una malattia.

Ho aderito a questo nuovo vaccino, sentendomi parte di una sperimentazione. Partecipo non perché penso sia importante per la mia salute (al contrario, su quello ho dei dubbi), ma partecipo solo perché gli altri credono sia importante, sperando che faccia loro bene, e che mi facciano vivere la mia vita in santa pace, senza costringermi ad andare dal medico o dal farmacista per testarmi regolarmente e senza che mi vedano come una criminale.  

Non partecipo a questa campagna come se fossi una pecora (non lo sono mai stata), ma partecipo come chi sale in fretta disperato su un treno che sta per partire e che non sa dove lo porterà, ma lo prende lo stesso perché sente di non aver alternative migliori.  Tutti dicono che quel treno è il treno della speranza. Io temo che quello invece sia il treno verso l’inferno. Ma di fatto nessuno conosce la verità, che solo alla fine del viaggio sarà nota.  E per questo prendo il treno, forse ingannando me stessa che mi sbagliavo e che invece dovrei fidarmi degli altri. Ma alla prima stazione barcollo. Sono talmente confusa e stanca che anziché avere la forza di tornare alla vita sociale ho un solo desiderio: sparire.

 


 

 

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