giovedì 28 marzo 2013

Rivol - lusione

“Perché allora non ci si ribella a questo moto di deriva della società? La spiegazione principale sta nel potere dell'attuale sistema di generare illusioni.”
Ivan Illich non poteva formalizzare meglio il concetto.

Illusioni, illusioni e ancora illusioni. E si continua, sperando. E' come essere alla fermata di un autobus che tarda a passare. Se non l'avessi aspettato e fossi andata a piedi, sarei già arrivata. Ma ormai ho aspettato tanto e andar via adesso non è razionale. E l'autobus continua a latitare. E sto li ad attenderlo.
Così il tempo passa e aspettiamo perché abbiamo aspettato tanto. E ci illudiamo, che tra un minuto passi. Se non avessimo avuto illusioni, ci saremmo mossi dalla pensilina e, magari con più fatica, avremmo raggiunto la destinazione, o perlomeno non saremmo immobilizzati dall'inerzia indotta dall'illusione.
Illusione. Basta!
Certo, forse l'esempio che ho fatto non è troppo calzante, visto che il trasporto pubblico, a parte in situazione di sciopero, garantisce un servizio. Pertanto più che di illusione, quando lo si attende alla fermata, si parla di fiducia. Però, bisogna dirlo, a volte il servizio ci fa illudere di poter arrivare in orario, senza partire in anticipo.

Trascendendo dall'esempio e tornando al discorso, grazie alle illusioni si può essere sfruttati. Qualcuno può infatti approfittare della nostra pazienza, della nostra buona volontà. Però se abbiamo aspettato tanto, non vuol dire che siamo disposti ad aspettare ancora e a non voler andarcene.
Quindi, se pensiamo di averne a sufficienza, diciamo basta. Basta! Non facciamo più un lavoro non retribuito con l'illusione di poter essere assunti prima o poi. Basta! Pensavo fosse diverso proporsi di lavorare volontariamente anziché accettare di lavorare volontariamente. Ma adesso basta! Non proporrò più di lavorare senza retribuzione, a meno che non ci sia un'effettiva utilità sociale (e non solo un beneficio di alcuni) o a meno che lavorare senza retribuzione non sia un investimento per il cambiamento. Ma attenzione. Dietro l'investimento deve esserci sì propensione al rischio, ma non illusione.

A volte, in buona fede, si pensa di fare i benefattori e invece si finisce per appoggiare le caste, i privilegi. Degenerando, i sadici campano grazie all'esistenza e all'appoggio, anche involontario, dei masochisti. Pertanto, in primo luogo, va posta la salvaguardia di sé, che di conseguenza significa anche salvaguardia dei diritti dei nostri simili. Il mio masochismo, il mio accettare di essere sfruttata induce gli altri a fare la stessa cosa per sopravvivere, per non essere meno “flessibile”, per vulnerabilità nei confronti di chi ha il potere. E quindi il mio comportamento masochista induce lo sfruttamento del masochismo. Difendere la propria dignità non significa essere “difficili”. Alcuni pensano che non accettare di stare alle regole sia un suicidio. Suicidio? Se ci accorgiamo che in casa il cibo è andato a male, che facciamo: lo mangiamo? Certo, se non possiamo permetterci altro, rischiamo di morire di fame. Ma accettare di mangiarlo non è forse come avvelenarci da soli anziché morire, in seguito alle contingenze, dopo aver fatto il possibile per evitarle?

Se nonostante ci sia bisogno di persone e di lavoro, ma non ci siano i fondi per assumerle, allora non dovrebbero industriarsi le aziende a trovare delle alternative? E invece, sono sempre e soltanto i lavoratori ad adeguarsi, disposti a tutto per illusione. Aziende e lavoratori dovrebbero invece collaborare al cambiamento, per trovare una soluzione alternativa, costruttiva, a difesa della dignità personale individuale e non a salvaguardia del sistema, di un sistema che è ormai malato terminale. Occorre far rinunce, certamente. Rinunce alle proprie abitudini. Ma soprattutto rinuncia all'illusione di una continua crescita economica e dei consumi. E' inutile cacciarsi la testa dentro la sabbia. E' inutile continuare a fare ciò che si è sempre fatto, ma in una situazione diversa, illudendosi che prima o poi le cose torneranno come prima. No, così facendo si permette soltanto ai pochi che hanno una posizione lavorativa, o un ruolo sociale, di continuare a mantenerli. Ma senza futuro. Ci sono ancora persone, per esempio, che hanno addirittura due o più posizioni retribuite. E continuano a mantenerle a testa alta perché trovano sempre chi è disposto ad aiutarli. Chi li aiuta, lo fa illudendosi di un proprio futuro, o di poter far qualcosa di utile per la società. Ma la strada non è quella. Non si aboliranno mai i privilegi, le baronie se li si alimenta, anche involontariamente. No. Se nessuno li aiutasse, i “baroni” prima o poi rimarrebbero da soli e, disperati, forse deciderebbero di dividere il proprio stipendio con chi li può aiutare o morirebbero di “solitudine”. Utopia? Forse, ma meglio che sottomettersi e dover trangugiare ogni veleno. In nome di cosa? Di un'illusione?

Ed allora perché si temono le utopie se si vive inebetiti da altre illusioni?


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