domenica 16 ottobre 2011

La trappola dell'indifferenza

La noia e l'indifferenza sono piu' pericolosi dell'odio o di qualsiasi altro sentimento negativo. Infatti e' molto facile abbandonarsi ad esse perche' non richiedono alcun comportamento attivo, mentre l'odio richiede azione sia per essere fomentato che per essere soffocato.
Se odiassi cio' che ho lo distruggerei. Ma se vi fossi indifferente non farei nulla, incurante e ignara dell'effetto negativo che cio' potrebbe comportare: l'abitudine all'indifferenza, ossia al vedere senza osservare, al sentire senza ascoltare, all'esistere senza vivere.
E' molto facile non contrastare la routine poiche' la ripetibilita' da' sicurezza e ci dispensa dal cambiamento, dal dover rinunciare a qualcosa che si ha gia' per ottenere qualcos'altro.
Se il mio contratto prevedesse un rinnovo automatico alla scadenza allora tacitamente mi lascerei intrappolare. Non dovrei fare nulla, soltanto stare zitta e continuare l'attivita' che sto gia' svolgendo. Nel mio caso invece il contratto termina alla scadenza senza alcun comportamento attivo da parte mia. Pero' di fatto il mio capo, poiche' ho svolto diligentemente il lavoro, si attiverebbe per il rinnovo, se decidessi di rimanere. In sostanza il mio assenso avrebbe lo stesso effetto del rinnovo automatico.
Ma il fatto di dover esprimere la mia volonta' e di essere responsabile della mia scelta mi impedisce di cadere nella trappola dell'indifferenza. Non posso continuare a rispondere “Non so, non ho ancora deciso”, altrimenti la mia indecisione comporterebbe la scelta del capo di trovare un'altra persona. 
Non ho mai espresso un giudizio, positivo o negativo, di cui non fossi convinta. Forse il fatto che dubito di rimanere e' segnale di indifferenza, ma nascondo i “dubbi sentimentali” verso il lavoro con le incertezze della vita e con le responsabilita' verso le mie sorelle.
Quando ho lasciato il mio impiego precedente la situazione era diversa: non potevo realmente scegliere il lavoro, perche' la priorita' di vivere insieme al mio convivente ne annullava la possibilita'.
Adesso invece il mio convivente e' con me. Sta per terminare i suoi impegni con l'universita' e dopo trovera' un'altra collocazione. Se fossi convinta di rimanere, cercherei di convincerlo a trovare lavoro a Londra. Le mie sorelle e la loro situazione delicata potrebbero veramente essere la ragione per farmi tornare. Ma se fossi veramente convinta di restare, cercherei una soluzione definitiva per risolvere le difficolta' familiari. In fondo, non posso continuare a vivere dipendendo da loro.
Ma nessun sentimento od obiettivo mi convincono a restare. Inoltre il mio ragazzo vorrebbe ritornare in Italia. E allora, non vedo perche' dovrei rimanere.
Non ho mai continuato a percorrere la stessa strada per inerzia e mi sono sempre chiesta che aspetto avessero i percorsi alternativi. Non ho mai abbracciato il proverbio “Chi lascia la vecchia per la nuova sa quel che perde e non sa quel che trova”. E' vero che si perdono l'abitudine e la sicurezza, ma e' anche vero che si trova sempre una nuova esperienza che, anche se si rivela negativa, ti cambia la vita e ti apre nuovi orizzonti. Nel mio caso, piu' che cambiare ritornerei alla vecchia. Ma cio' non vuol dire percorrere la stessa strada perche' cambierebbe il modo in cui la si guarda. 

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