mercoledì 19 ottobre 2011

Bipolarita'

Tra circa due mesi tornero’ in Italia, nella mia citta’ natale. Quale sara’ la mia prossima direzione in ambito professionale non lo so. Ma ho capito che il mio talento naturale e la mia personalita’ non trovano necessariamente applicazione nelle professioni che richiedono il mio titolo di studio. Cio’ non significa che sono destinata a trovare un lavoro che mi renda insoddisfatta, ma soltanto che la mia fonte di soddisfazione deriva da altri aspetti del lavoro che esulano dal lavoro in se’: l’ambiente, l’organizzazione, le persone con cui si lavora, la possibilita’ di esprimermi non soltanto come professionista, ma anche come persona. La situazione e’ analoga a quella scolastica: indipendentemente dal fatto che piaccia o meno studiare, si va a scuola volentieri, o per lo meno non lo si trova opprimente, se si va d’accordo con i compagni, anche soltanto con uno di essi. I voti accademici contano relativamente, cosi' come lo stipendio.
Anni per raggiungere la perfezione accademica a scapito dell’originalita’, perdendo di vista la mia personalita’. Forse non sono mai stata attaccata alla mia vita, disposta a sacrificarla per un ideale, un obiettivo o un desiderio. Le persone che mi amano o che mi hanno amato hanno sofferto per la mia vulnerabilita’ e instabilita’, ma anche per la mia testardaggine a voler seguire il mio istinto nonostante questo volesse dire allontanarmi da loro. I miei cambiamenti di rotta hanno fatto perdere la fiducia e la stima che i miei genitori, i miei amici e il mio ragazzo nutrivano nei miei confronti. E soltanto con gli anni e dopo avervi sofferto, mi sono resa conto di quanto nocivo sia stato il mio comportamento.
Ora ho capito i miei errori e non vorrei piu’ ripeterli. Cio’ vuol dire mediare tra le mie forze contrastanti: quella del controllo e quella dell’ebbrezza. Sono sempre passata da un estremo all’altro, disorientando le persone che frequentavo che spesso mi hanno detto: “Ma non sei la persona che conoscevo.” E invece si’ sono la stessa persona che pero’ adesso vuole esprimere l’altra parte finora oscura. Pero’ per muoversi da un polo all’altro si deve attraversare l'equatore. Se uno studente ha una condotta impeccabile e all'improvviso decide di tenerne una scorretta, insegnanti e compagni gradualmente cambieranno opinione perche' il cambiamento richiede tempo, non tanto per chi lo intraprende, ma per la collettivita' che deve adeguarsi ad esso. 
E se invece di passare da un polo all'altro mi fermassi all'equatore? Sarebbe tutto piu' semplice. Nessuno potrebbe biasimarmi, ma nemmeno lodarmi. Avrei una vita piu' semplice, piu' “normale”. Ma la normalita' e' un concetto relativo che varia nel tempo e che e' definito dalla societa'. Quindi se aspiro ad una vita “normale” vuol dire che la mia vita dipende dai limiti imposti dalla societa', mentre se aspiro ad una vita adatta a me vuol dire che la mia vita dipende dai limiti che mi impongo. E se i miei limiti coincidessero con quelli della societa'? Allora adatta e normale vorrebbero dire la stessa cosa e sarei fortunata. E se cosi' non fosse? Se la vita adatta a me fosse “anormale”? E se la vita adatta a me, come cervello pensante, non fosse adatta alla mia salute fisica e mentale?
Ho capito con l'esperienza che perseguire soltanto uno dei miei estremi contrasta con la mia definizione di vita adatta alla mia persona. Ho bisogno, per vivere, dei miei due estremi che vorrei coordinare armoniosamente. Negli ultimi anni ci ho provato. E' difficile, ma si tratta soltanto di rinunciare all'eccesso oppure eccedere da entrambe le parti nella stessa misura, cosi' da evitare al contempo il disavanzo e la mediocrita'.
Due sono le persone con le quali ho raggiunto l'apice dei miei due estremi contrastanti: la mia “meta'” di sesso femminile, una mia cara amica, e la mia “meta'” di sesso maschile, il mio convivente. La mia amica sa perfettamente fino a che punto sono capace di “perdere il controllo” e sublimare la mia pazzia, mentre il mio ragazzo sa perfettamente fino a che punto posso “mantenere il controllo” e raggiungere I miei obiettivi. Una ha ispirato la mia espressione “artistica”, l'irrazionalita', l'altro la mia espressione intellettuale e la razionalita'. Forse la paura di non sapere gestire simultaneamente le mie due forze mi ha indotto, in diverse fasi della mia vita, a privilegiare una ai danni dell'altra. Ma entrambe sono indispensabili per me e voglio conciliarle per non rinunciare a nessuna delle due.
Ho bisogno di stabilita' cosi' come di instabilita'. Ho bisogno di stancarmi cosi' come di riposarmi. Ho bisogno di lavoro cosi' come di vacanza. Ho bisogno di pensare cosi' come di agire. Ho bisogno di parlare cosi' come di tacere. Ho bisogno di ridere come di piangere. Ho bisogno della mia individualita' cosi' come della societa'. Ho bisogno di tutto cosi' come di nulla.

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