venerdì 10 febbraio 2017

Riflessioni libere

Libertà vuol dire più responsabilità e consapevolezza.

Se si vuole essere rispettati veramente dagli altri, non bisogna imporre regole, ma concedere più libertà. Sembra un paradosso, eppure pensate all'individuo che diventa responsabile e acquisisce maturità e consapevolezza dopo aver ottenuto la libertà di andare a vivere da solo.

Finché i genitori lo controllano, finché dettano regole, il fatto che lui le rispetti non significa maturità e consapevolezza del fatto che sia giusto o meno rispettarle, ma vuol dire soltanto ubbidienza. Se ottieni ubbidienza, non stai veramente formando un individuo, ma vuol dire soltanto che hai trovato un individuo che si accontenta di non opporsi. Di fatto non c'è nessun risultato di un processo di maturazione e consapevolezza.

Un figlio che ubbidisce non sta veramente rispettando il genitore, ma gli sta rendendo solo il compito più facile. Il rispetto richiede consapevolezza dell'altro. Solo se al figlio viene concessa la libertà, anche di disubbidire, il genitore otterrà rispetto perché il figlio diventerà consapevole che ciò che gli è stato insegnato è giusto e se ne assumerà la responsabilità dell'eventuale violazione.

Per esempio se dici al figlio “pulisci casa”. Lui pulisce, pur non volendo, ma non si rende conto del fatto che sia giusto farlo. Se il figlio va a vivere da solo, soltanto dopo che vedrà con i suoi occhi la casa sporca, si renderà conto che è giusto pulirla, senza che nessuno glielo imponga. E allora manterrà la casa pulita, proprio perché conoscendo la sporcizia, crederà sia giusto evitarla.

Allo stesso modo non credo che la società abbia bisogno di un capo autoritario, di una classe dirigente “forte”, ma piuttosto di sentirsi padrona del proprio territorio e di avere consapevolezza della propria identità. Credo che ci voglia più potere democratico. Capisco che a molti spaventa. In Italia, secondo uno studio, ci sono molti “analfabeti funzionali” e capisco chi teme di essere “governato” da ignoranti tramite l'esercizio del loro potere. Ma è assolutamente sbagliato pensare che questi non debbano neanche avere diritto al voto.

Io invece penso che il solo modo per far uscire la gente dall'ignoranza sia quello di affidar loro un compito importante che dia la motivazione ad informarsi e ad apprendere ciò che è indispensabile. Solo la consapevolezza della propria ignoranza, quindi, spingerà a combatterla. Se si continua a far sentire le persone sempre più impotenti e incapaci, queste non faranno altro che degenerare.

Qui in Svizzera mi hanno detto che i cittadini sono molto partecipi e hanno molto potere decisionale. Votano di fatto ogni due mesi e decidono sulle tematiche più svariate. Eppure tutto funziona. La gente rispetta le regole perché ne ha preso consapevolezza. Inoltre, se qualcosa non va a livello generale, sanno di avere il potere di cambiarla. Ogni decisione viene presa dalla “vera maggioranza” e non da una classe rappresentativa che non è nemmeno chiaro chi e cosa rappresenti.

Eppure mi chiedo dove siano gli Italiani. Sono persi tra i social network e Internet. Sono illusi di avere tutto il potere che vogliono, possono commentare, dire la prima cosa che occorre. Possono fare tutto in rete. Possono essere chi vogliono, possono conoscere tutto, cambiare il mondo firmando petizioni. Ma questo non è vero potere e non è nemmeno vera informazione.

Poter scrivere sui social network riguardo la politica, l'attualità e poi non aver nessun potere decisionale, non avere sotto controllo nemmeno ciò che accade in casa propria e lasciarsi sfuggire la propria vita dalle mani è la stessa situazione di una persona che sostituisce l'attività sessuale alla visione dei film pornografici.

Questa situazione pertanto non solo crea degli “analfabeti funzionali”, ma anche degli “invalidi funzionali”, persone che accontentandosi solo di guardare o di parlare si rendono di fatto invalide nell'uso degli altri sensi e nell'azione.

Eppure basterebbe concedersi più libertà, dalla rete, da tutto e quindi acquisire maggiore consapevolezza. 


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