domenica 16 settembre 2012

Venalità


“Quanto prendi all’ora?” Chissà quanto valgono le mie prestazioni. Certamente non bisogna valutarle sulla base dell’alternativa di stare a casa e non guadagnar nulla e neppure rinunciare a valutarle perchè sono frutto della passione. Sto offrendo un servizio che soddisfa un bisogno altrui ed in cambio è giusto che ne riceva un corrispettivo che ricompensi l’energia fisica e mentale impiegata e che quindi mi permetta di mantenermi in vita. Ma quanto valgo? Mi sto vendendo. Ma non è mica così scandaloso. 

Tutti i giorni ci vendiamo, senza rendercene conto, dando qualcosa di noi in cambio di denaro: il nostro corpo, la nostra immagine, il nostro tempo, le nostre conoscenze, il nostro futuro, la nostra patria. E c’è chi si sente scandalizzato a sentir parlare di prostituzione, mentre ciò che dovrebbe scandalizzare veramente è lo sfruttamento. Eppure lo sfruttamento è quotidiano. Basta soltanto che, in un rapporto tra due parti, una guadagni a scapito dell’altra.

E se il mercato ci svaluta allora è meglio vendersi in proprio, richiedendo il prezzo necessario per vivere, senza comunque arricchirsi (altrimenti si diventerebbe sfruttatori).

Però è veramente imbarazzante prezzarci, schiavi della nostra stessa valutazione. Forse preferirei essere libera di accettare un prezzo imposto che fissarne uno io e pubblicizzarlo. Ma se ciò non è possibile, perchè il mercato non ci offre una posizione, allora occorre mettere annunci per vendersi, sempre che si abbia qualcosa di utile da offrire. Altrimenti come si può continuare a vivere? 

Nell’attuale “regime” il lavoro non è un diritto. Ma la vita sì, a prescindere. Pertanto se nessuno mi offre un prezzo per le mie competenze o per trasmettere le mie conoscenze, il mio pensiero, le mie idee, allora devo proporlo io.

Nelle scuole e nelle università, le cattedre sono ben inferiori alle persone disposte ad occuparle. Ma nonostante la buona offerta di istruzione, la domanda di lezioni private è sempre presente. Ma cosa cercano gli studenti che in aula non trovano? Cercano un supporto, una guida che li aiuti a dominare il caos della conoscenza che li spaventa. Eppure spesso vedono l’insegnante come una persona distante, aliena. Una persona che nonostante la sua eccellenza non sia raggiungibile. Ed allora cercano comprensione altrove e se non la trovano, non possono neanche offrire la loro. E così non riescono a passare l’esame.

Ed io, mi propongo di aiutarli, ma dietro corrispettivo per poter aiutare me stessa. Non potendo valutare il potenziale beneficio o il potenziale danno che posso causare nella loro carriera, mi limito a fissare un prezzo standard. Tuttavia, per quanto ami essere una guida e mi dia notevole soddisfazione in particolar modo quando gli studenti superano l’esame, vorrei avere un ruolo, una posizione e non lavorare occasionalmente, ad ore. Certo se avessi più “clienti” guadagnerei di più che lavorando come insegnante nel settore pubblico. Ma per avere più clienti dovrei spendere più tempo in pubblicità, piuttosto che concentrarmi sulla qualità del lavoro. 

E l’alternativa a vendersi è farsi sfruttare, mentre in una dimensione più “umana” si dovrebbe poter scegliere tra minor fatica o maggior guadagno. Ma come liberarci dalla schiavitù del mercato?

2 commenti:

  1. Io sono stato più fortunato. Sul mercato degli anni '90 c'erano cattedre vuote e bancarelle piene di offerte di lavoro. Ho proprio scelto, come dici tu "tra minor fatica o maggior guadagno".

    Oggi il mondo è cambiato. Il mercato inglobato in un traffico mondiale senza precedenti. E' sempre più difficile vendere a chilometro zero le proprie capacità, ma non si può fare altro che prenderne atto e lottare. Insistere, chiedere, bussare, non abbattersi mai.

    Devi prendere la vita come un allenamento costante. Partecipare alla prossima rivoluzione, possibilmente, con entusiasmo e gioia di vivere e ricominciare.

    In bocca al lupo,
    Mariano

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