lunedì 5 marzo 2012

Centro Tossico-competenze e obiettivo-professional deficienze


Il giorno più triste per i lavoratori è il lunedì, per i disoccupati la domenica. Per i primi inizia un’altra settimana di lavoro, per i secondi finisce un’altra settimana senza aver trovato lavoro. Un’altra settimana senza avere un ruolo, una collocazione, senza vedere terra, ma soltanto mare. Mare, che la domenica è piatto, senza onde da fronteggiare, senza vento che potrebbe portarti nella giusta direzione o farti naufragare.
La domenica tutto riposa, tutto tace. Negozi e uffici chiusi. Nessuno può chiamarti perchè non lavora e di conseguenza non offre neanche lavoro. E senti l’angoscia del vuoto, quel vuoto stesso che è l’obiettivo di ogni lavoratore. Vacanza, che per te vuol dire invece mancanza. Mancanza del movente, dell’elemento costitutivo della vacanza stessa: il lavoro.
A Londra la domenica disoccupata non era diversa da qualsiasi altro giorno di inoccupazione. Per cercare lavoro non ho avuto bisogno delle persone, ma della tecnologia. Trovar lavoro ha voluto dire aver presentato la candidatura giusta al momento giusto sul web e aver atteso “pazientemente” di essere chiamata a dimostrare le mie capacità.
In Italia invece trovar lavoro vuol dire trovare la persona giusta che ti indirizza, che ti mette in contatto con altre persone o che ti fornisce una serie di informazioni indispensabili al raggiungimento del tuo obiettivo. Con ciò non intendo dire che occorre necessariamente trovare la persona che ti raccomanda, ma semmai il Virgilio che ti illumina il cammino nell’Inferno del mercato lavorativo.
Ma soprattutto, c’è ogni Virgilio per ogni Inferno professionale o addirittura per ogni Azienda. Per trovarlo, però bisogna sapere da quale Inferno si vuole uscire.
Ma forse mi trovo nell’Antiferno, nel girone degli ignavi, costretta a girare con un’insegna “Cerco un lavoro creativo”, senza specificare quale. Creativo, perchè anche tra gli ignavi voglio distinguermi per il mio stile.
Però voglio uscire dal limbo e agire secondo le mie idee proprie, senza limitarmi ad adeguarmi sempre alle esigenze del più forte, il mercato. In tal modo rischio di scegliere la strada del “Male” per la mia formazione, ma del “Bene” per la mia realizzazione personale.
Siamo a metà gennaio. E’ circa un mese che sono tornata da Londra. I “pezzi” sono stati ricuciti e adesso assomiglio anche all’uomo di paglia del fantastico mondo di OZ, senza idee e prospettive per il futuro, ma con l’unico obiettivo di andare a chiederle al mago.
Ma qual è la strada per OZ  e poi per Virgilio?
Cerco stimoli dall’ambiente esterno. Mi serve il confronto con esperti e forse anche quello con i pari, per capire dove mi trovo.
Mi appello al Centro Lavoro della mia città. Qui non si parla di ignavi, di Bene o di Male, di desideri che solo il Mago di OZ può esaudire. Ma si parla di persone in cerca di un’occupazione, di bilancio di competenze, di obiettivi professionali che solo chi se li pone può realizzare, anche se il Centro Lavoro può insegnare i trucchi del mestiere.
Comincio a seguire una serie di seminari e incontri molto interattivi, dove viene chiesto ai partecipanti di presentarsi. Ascolto le storie degli altri: operai, impiegati, giovani e non, chi è in mobilità, chi ha visto l’azienda chiudere. Alcuni si apprestano al primo colloquio di lavoro dopo aver lavorato un quarto di secolo nella stessa azienda. Altri hanno una laurea, ma lavori saltuari e non gratificanti e sono confusi. Io sono l’unica reduce da una prestigiosa esperienza londinese che ha un dottorato di ricerca. Apparentemente l’unica tossico-competente, l’unica ad avere cioè competenze intossicate dal grado di eccellenza raggiunto. Competenze nascoste da un titolo accademico che vorrebbe definirmi nella mia interezza, mentre definisce soltanto cosa so fare se mi applico.
Apparentemente l’unica idealista che al momento non sta cercando solo lavoro, ma anche sè stessa.
Ognuno ha una storia diversa, ma tutti condividiamo l’incertezza del futuro professionale. Non tutti, ma qualcuno come me, necessita di un obiettivo professionale. Ed allora si può parlare di disoccupazione, se non si sa neanche quale mansione si vuole occupare?
Ed è per questo che in tali incontri più che disoccupata mi sento obiettivo-professional deficiente.
Sembra di prendere parte ad una terapia di gruppo. Ma ci sarà la cura contro la disoccupazione o in generale l’inoccupazione, che, a seconda dei casi, può essere un digiuno forzato o un’anoressia lavorativa?
Seguo altri incontri: come organizzare una ricerca attiva del lavoro, come affrontare il colloquio di selezione, le figure professionali richieste nei vari settori, mettersi in proprio ...
Trovo i seminari molto interessanti, ma soprattutto apprezzo la condivisione di esperienze e il coinvolgimento che si crea all’interno del gruppo.
Il mio obiettivo però devo definirlo da sola, cogliendo spunti dall’esterno, ma soprattutto con l’aiuto di esercizi di autoanalisi sulle mie capacità professionali e sulla mia personalità. Una volta redatto ciò che gli esperti chiamano “bilancio delle competenze”, potrò discuterne l’approvazione con un orientatore. Il passo successivo sarà cercare il mio Virgilio. Lo troverò? Nonostante la crisi sono ottimista. Come Jovanotti, all’Inferno delle verità io mento col sorriso.

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