Mi ero completamente disintossicata dai farmaci e
tuttavia la nausea si alleggerì gradualmente fino a sparire. Mi
sentivo molto meglio. Avevo un obiettivo (andarmene) e una direzione
(Danimarca). Mi alzavo al mattino con la voglia di mandare un'altra
candidatura e di riceverne poi un riscontro. Notai che via via
tendevo a voler stare sempre più in casa e a impiegare il mio tempo
libero in passatempi solitari, come guardare film in inglese. A
differenza di altri periodi in cui il mio isolamento era derivato da
delusione e amarezza verso la società, mi sentivo in pace a casa.
Ero concentrata sulla Danimarca e mi stavo disinteressando a ciò che
accadeva in città.
Sentii l'esigenza di andare a trovare degli
amici e delle amiche che non vedevo da molto, anche perché avevano
avuto bambini. Ero felice per loro e, stranamente, non provavo
tristezza nel vedere la vita che pensavo di non saper generare. Non
mi sentivo da meno: loro avevamo quella splendida creatura, ma presto
avrei avuto la mia: una nuova vita rigenerata in Danimarca. Non
sarebbe stata proprio la stessa cosa, ma sarei stata felice. Infatti sono le proprie capacità a dare il senso alla
propria esistenza, non i figli. I figli non sono la vita del
genitore, ma è il genitore ad essere la vita dei figli.
Inoltre, non provavo più quella sensazione di
inettitudine per essere disoccupata e stare tutto il tempo a casa
senza aver nessuno a cui badare. Non mi sentivo più disoccupata, ma
emigrante. Il mio compagno non mi faceva più pesare il fatto che non
avessimo figli perché ora eravamo distratti dalla partenza. In
fondo mi sarebbe piaciuto averne, e pensavo che la
Danimarca fosse il luogo migliore per una famiglia. Mi ero comunque
rassegnata al parere
negativo del mio ginecologo e non volevo fare cure particolari.
Nonostante la mia serenità e tranquillità, mi comportavo in maniera strana. Avevo quasi l'ossessione di non poter
mangiare a casa perché ultimamente ero piuttosto capricciosa. Quando
mi alzavo al mattino pensavo già al menù del giorno e andavo in
crisi se non mangiavo esattamente quello. Inoltre diventavo
intrattabile se non mangiavo all'ora che volevo. Ogni giorno cucinavo
qualcosa di nuovo che leggevo su libri di ricette e su internet.
Mangiavo molta più frutta e verdura di stagione del solito che
acquistavo sempre rigorosamente dai coltivatori diretti perché
altrimenti non sarei riuscita a mangiarla. Evitavo qualsiasi cibo
pronto o in scatola e avevo quasi il terrore di qualsiasi colorante o
conservante. Avevo provato anche ad eliminare il caffè,
sostituendolo con l'orzo. Ma non ci riuscii perché a differenza di
altre volte l'orzo peggiorava la nausea facendomi quasi vomitare.
Notai di avere meno pazienza del solito. Ero
particolarmente intollerante alle attese, alle code ai negozi o agli
uffici e addirittura al semaforo rosso. Ero più distratta
e facevo molta fatica a mantenere la concentrazione. Spesso infatti
non riuscivo ad assistere interamente ad un incontro culturale o
conferenza e, se cadeva vicino l'ora dei pasti, dovevo abbandonare la
sala.
Non mi spiegavo la ragione di questi atteggiamenti, anche se li collegavo
sempre al mio disagio.
Cominciai a preoccuparmi quando diventai sempre più
sedentaria. Una volta, dopo aver percorso circa 10 km in bicicletta
dovetti tornare indietro. Avevo quasi l'affanno, anche se fino a poco
tempo prima ero abituata a ben altri percorsi. La cosa peggiore è
che mi stancavo anche a camminare. Pensavo fosse l'inizio di una
depressione. Ma riflettendoci, non ero di pessimo umore, anzi al
contrario. Mi sentivo soltanto stanca fisicamente.
Altri disturbi somatici destarono la mia attenzione:
puntini sulla faccia, seno che era cresciuto e pancia più
pronunciata. Il ciclo mestruale non si vedeva da alcuni mesi, ma questo non mi
preoccupava perché sono anni che ho un ciclo che scompare e riappare
come l'alta marea. E poi ero andata a fare una visita, subito dopo la
ri-scomparsa, ma non era uscito fuori nulla. Mi avevano raccomandato
soltanto di riprendere peso per riaverlo. In effetti mi chiedevo
perché non arrivasse, visto che mi sembrava di aver “messo su”
pancia.
Ciò che mi fece correre dal medico furono invece i
disturbi della minzione. Mi alzavo sempre almeno una volta
di notte per andare in bagno e dovevo sempre recarmici di corsa. Mi
venne anche un'altra lieve infezione. Feci la visita dall'urologo.
Notò qualcosa di strano che riassunse con il termine “dilatazione”.
Se avesse guardato un po' più aldilà del suo pezzo di competenza,
forse ne avrebbe scoperto la causa. E invece si limitò a scrivere
“si sospetta diverticolite” e mi spedì a fare degli
accertamenti.
Il giorno prima della cistografia, sentii qualcosa
dentro di me che si muoveva. Pensai che nella migliore delle ipotesi
avrei subito un intervento chirurgico e nella peggiore sarei finita
prima dal neurologo e poi in clinica psichiatrica.
Il giorno dell'esame, per fortuna, mi imbattei in una
dottoressa molto scrupolosa. Prima di procedere con l'esame e con le
radiazioni, mi toccò la pancia. Insospettitasi di qualcosa di
strano, un fibroma o qualcos'altro che non mi ricordo, mi fece
l'ecografia all'addome.
“Aah quindi lei non sapeva di essere incinta?
Parrebbe già al quinto o sesto mese”.
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