Nonostante i risultati della terapia fossero
evidenti, i medici volevano far nascere la bambina prima del termine.
Avrebbero individuato il momento più opportuno sulla base dell'esito
dei tracciati. Il tracciato è un esame che rileva la frequenza
cardiaca del bambino e le contrazioni. In pratica dovevo stare
sdraiata o semi-seduta, ferma per almeno venti minuti, con due
sensori legati all'addome. Spesso l'esame durava molto di più,
perché la mia bimba non stava ferma o dormiva. Da quando mangiava di
più, era anche più addormentata.
La sera prima dell'ecografia per valutare l'accrescimento, il tracciato durò
un'ora. Ero stanca e in ansia per l'esame del giorno dopo. Ci fu una
decelerazione. I medici non volevano “staccare” il tracciato, se
non erano convinti che fosse tutto sotto controllo. Non ne potevo
più. Il mio intuito mi diceva che non c'era nulla di cui
preoccuparsi e quindi volevo solo che mi lasciassero riposare.
Infatti la bimba si muoveva in continuazione e già altre volte si perdeva il
segnale.
Ma c'era un modo per influire sul tracciato? Se la
bimba era addormentata, potevo favorire il risveglio? Allora ascoltai
della musica. Solitamente durante il tracciato non ascoltavo nulla
perché mi piaceva sentire solo il suo battito. Ma ora quel battito
mi metteva ansia e dovevo calmarmi. Cosa potevo ascoltare tra le
canzoni che avevo nel repertorio? Ci voleva qualcosa di tranquillo,
riposante, ma che al contempo desse energia e vitalità. Mi venne in
mente la canzone Beppe Anna della Bandabardò: “Attenziò,
Concentraziò Ritmo e Vitalità, Devo dare di gas, voglio energia,
metto carbone e follia se mi rilasso, collasso mi manca l'aria e
l'allegria.” “Odio il pigiama e vedo rosso, se la terra mi chiama
non posso, restare chiuso fra quattro mura, ho premura di vivere
perciò...” Era la canzone giusta. La bimba si riprese e
staccarono il macchinario.
I giorni che seguirono, i medici aumentarono il
livello di guardia. Un “losco” anestesista mi fece firmare,
preventivamente, un foglio per il consenso al cesareo. Fino a quel
momento avevo sperato di poter aver un parto spontaneo. Avrei
continuato la terapia il più a lungo possibile per evitare che la
bimba nascesse prematura. Avrei sofferto di più per risparmiarle
eventuali sofferenze. E invece ero alla trentaquattresima settimana e
molto probabilmente non sarei arrivata alla trentacinquesima e mi
avrebbero fatto il cesareo. Ricordo che prima di finire in ospedale,
avevo quasi intenzione di partorire a casa. E invece chissà quando
sarei tornata a casa e chissà se da sola o con la bimba, perché se
fosse nata troppo piccola come pareva, sarebbe stata in incubatrice.
La terapia di flebo continuava, ma non era
determinante come i risultati dei tracciati, che dopo quella sera
andarono benissimo. La musica mi aiutava. Dopo due giorni, però ci
fu un altro falso allarme, anche se l'ostetrica notò che poteva
essere dovuto alla postura sbagliata che avevo assunto. Tuttavia, il
battito riprese bene e mi staccarono poi il macchinario. Stavolta
però era stato necessario cambiare musica. Probabilmente la bimba
era scocciata di essere disturbata in continuazione da quei sensori e
anche io non ne potevo più di stare sempre ferma con quelle cinture
elastiche strette alla pancia. Ci voleva una canzone “dura”, che
esprimesse rabbia. Trovai subito quella giusta: St.Anger dei
Metallica. “St. Anger 'round my neck, He never gets respect”
“(You flush it out, you flush it out)” “Fuck it all and
no regrets, I hit the lights on these dark sets, I need a voice to
let myself, To let myself go free” “I feel my world shake”
“Is it me? Is it fear?” “I'm madly in anger with you, I'm
madly in anger with you, I'm madly in anger with you” “And I want
my anger to be healthy” “Yeah and I want my anger to be me”
“And I need to set my anger free” “Set it free”.
“La tua bimba si è ripresa molto bene.” mi disse
un'ostetrica giovane che ormai mi dava del tu. “Il segreto è
ascoltare i Metallica”. Sorrise. Provai una volta anche a riferire ai
medici che la musica che ascoltavo influiva sul tracciato. Ma furono
piuttosto scettici. Comunque non mi interessava che non ci fosse
nessuna base scientifica, visto che per me funzionava e mi aiutava.
Alla trentaquattresima settimana più cinque giorni,
feci un ecodoppler. Quel giorno mi venne anche un po' di febbre, ma
forse perché avevo preso un colpo d'aria. Dall'esame emerse che il
liquido amniotico si era ridotto. “Alla luce di questo risultato e
visto che i tracciati forse cominciano a segnalare l'inizio di una
possibile sofferenza fetale, domani facciamo il cesareo.” Non ci
credevo. Avevo paura che la bimba potesse avere dei problemi, ma
tuttavia ero tranquilla e forse sarebbe stato meglio metter fine a
quella tortura.
“Ti prego, non dire niente a nessuno, neanche ai
tuoi” chiesi al mio compagno. Volevo esser serena, affrontare tutto
da sola, non volevo parlarne con nessuno. Il silenzio mi avrebbe
aiutato. Il silenzio mi avrebbe dato coraggio.
Quella sera però, nonostante i Metallica
continuassero a influire positivamente sul tracciato, i medici decisero di
anticipare il parto. “Meglio che facciamo subito il cesareo.”
“Ora?” “Sì.” “Ma ho già fatto cena.” “In certi casi
il digiuno non è indispensabile.” “OK. Posso chiedervi solo di
aspettare un quarto d'ora perché sta per arrivare il mio compagno e
vorrei che lo sapesse e vedesse la bimba appena nata.” Alle
ostetriche e infermiere faceva comodo portarmi subito in sala. “Ma
cosa aspettiamo, è urgente, è la tua bambina.” Io insistetti
perché non pensavo che un quarto d'ora avesse stravolto tutto. Il
medico mi diede ragione. “Possiamo aspettare”. Nel frattempo, mi
prepararono per la sala. Il mio compagno arrivò. Ero pronta per affrontare il cesareo.
Mi portarono in sala. Ero serena. Tutto sarebbe
finito. ”Ora le farò un po' male.” “Non penso mi faccia più
male di quanto ho già sofferto.” “Me lo dirà dopo.” Mi fece un
altro buco. Avrei preferito non me lo avesse fatto, ma non fu nulla
in confronto a quelli che già avevo dovuto sopportare. “Fossero
tutte come lei” mi rispose l'anestesista. L'altra anestesista, che già avevo conosciuto perché mi aveva inserito il
catetere venoso centrale, invece continuava a toccarmi la schiena per
cercare il posto migliore per l'anestesia epidurale. “Mamma mia che
brutta schiena che hai. Per fortuna che sei bassa, così non si
nota”. “Già, per fortuna. Come direbbe mia madre Dio vede e
provvede.” Ma in quel momento non era la schiena a
preoccuparmi, se non per il fatto che aspettava di ricevere la
puntura. Avevo poi smesso di farmi i complessi per la statura da
circa diciotto anni. Quindi sorrisi.
Mi legarono e iniziarono a trafficare. Io ero
talmente rilassata che quasi mi addormentai. Ad un certo punto apparve
Ganga, il più bel
mostriciattolo che avessi mai visto. “Ngueeee Ngueee.” Strillava
proprio bene. Non aveva nessun problema. Pesava solo 1260 g. E questo
però sarebbe bastato per tenerci lontane per un po'. Piansi. Volevo
abbracciarla, ma avevo le braccia legate. Allora le diedi un bacino
sulla guancia. Poi non la vidi più.
Finito l'intervento, mi
toccai la gamba sinistra. Era paralizzata. Al tatto sembrava una
sacca di carne sottovuoto. “E' normale, chiesi? Sento bene l'altra
gamba invece. ” “Sì, non si preoccupi. Aspettiamo che riprenda
sensibilità e la portiamo in reparto”. Ero ansiosa di rivedere il
mio compagno e chiedergli dove avevano portato la bimba. Feci di
tutto per accelerare il processo di “risveglio” della gamba,
muovendola e pizzicandola.
Poco dopo mi riportarono
in reparto. “Dov'è la bimba? L'hai vista mentre la portavano?”
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