“Schwanden, sai, ho sempre odiato sentirmi intelligente.”
“E perché?”
“Vedi, le persone veramente intelligenti generalmente si sentono
ignoranti e stupide. Ignoranti, perché sanno che per quanto si possa
studiare e sapere rimarrà pur sempre qualcosa di ignoto e ignorato.
Stupide perché per quanto si possa ragionare a lungo rimarrà
qualche aspetto che prima o poi farà rimettere tutto in discussione.
Quindi se una persona intelligente si sente intelligente vuol dire
che l'ambiente dove si trova non è per lui stimolante perché gli dà
l'impressione che non ci possa essere nulla di nuovo da sapere o su
cui ragionare. Oppure si trova in un ambiente che non valorizza
l'intelligenza richiedendo mediamente la stupidità. Oppure si sente
superiore agli altri e basta.”
“Quindi fammi capire: secondo te l'intelligenza è quella
qualità che chi ce l'ha non la sente?”
“In un certo senso sì. O meglio, una persona intelligente può
anche sentirsi in certi momenti intelligente, per esempio quando
supera una prova o una sfida, ma poi, per nutrire l'intelligenza,
occorre sentirsi di nuovo stupidi e ignoranti. E' un po' come la
fame. Nessun organismo è fatto per mangiare e saziarsi per sempre,
ma è tutto un susseguirsi di fame e sazietà. Quindi colui che
vorrebbe sentirsi intelligente, sazio e contento per tutto il resto
della vita aspira solo ad un obiettivo piuttosto innaturale o
addirittura disumano.”
“In breve, quindi la fame, l'ignoranza e l'infelicità sono
delle condizioni dalle quali nessuno può sfuggire?”
“Sì e il nostro obiettivo non dovrebbe essere quello di
massimizzare i periodi di sazietà, intelligenza e felicità, ma di
garantirne l'equilibrio, mantenendo la vitale alternanza con i rispettivi opposti.”
“Potrei chiederti di approfondire l'argomento, ma so che
andresti a parare chi sa dove”
“Già, ognuno vada a parare dove vuole. Sai, credo di essere
anarchica, ma non nel senso negativo che spesso è attribuito.”
“Uh per carità, andiamo con ordine ora. Ne parliamo un'altra
volta.”
“Sei fortunato, non volevo parlare di questo. Ritorniamo al
fatto di sentirsi stupidi e ignoranti. Sai emigrare dall'Italia ti fa
sentire stupido in terra straniera, in particolar modo se vai in un
posto dove parlano una lingua che non conosci. Ma, per le ragioni
appena spiegate, la sensazione di stupidità ti fa sentire vivo, ti
dà lo stimolo per migliorare. Così come la fame. Non dobbiamo
temerla. Dove c'è fame c'è crescita. La crescita senza fame è
puramente artifizio, oltre che dannosa. ”
“E qui voglio mettere le mani avanti e impedirti altre
divagazioni che sfociano in questioni di economia.”
“Va bene. Torniamo alla stupidità. Il fatto che la gente ti
comunichi qualcosa e tu non capisci ti fa sentire stupido e
ignorante. Di fronte a questa realtà, si possono scegliere due
approcci: quello del neonato e quello del vecchio. Il primo ti porta
a vedere la condizione come naturale e a trarre la conclusione:
crescerò, imparerò. Quindi ti dà lo stimolo per adeguarti
all'ambiente. Il secondo ti fa rinunciare alla possibilità di
adeguarti all'ambiente e di imparare. Il vecchio infatti ripensa al
passato, alla sua vita accontentandosi delle sue conoscenze ed
esperienze. Il vecchio pensa che non ci sia alcun vantaggio nel fare
sacrifici per imparare qualcosa di nuovo. Pensa piuttosto sia meglio
chiedere a qualcuno, anche pagando, che gli faccia da interprete. E
lui continua a farsi la sua vita e … la sua lingua.”
“Perché ora non stai studiando tedesco?”
“Beh anche il neonato piange e comunque il neonato ha i suoi
tempi e impara giocando.”
“E perché invece parli con me?”
“Tu conosci il linguaggio universale della natura. Il linguaggio
che dà più sicurezza e conforto quando non si capisce il mondo.
Neanche in Italia capivo il mondo e lì non era una questione
linguistica.”
“Già. Ma dopo che imparerai il tedesco forse ti renderai conto
che la stupidità ha linguaggio universale, così come le convenzioni
e l'ipocrisia.”
“Può darsi, ma nel frattempo avrò imparato il tedesco.”
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