Finalmente mi scrissero dall'ospedale, mandandomi un plico (scritto
solo in tedesco) contenente tutte le informazioni necessarie per
l'intervento e l'ammissione in ospedale. Dovevo compilare un
questionario, e spedirlo per posta, prima del colloquio con
l'anestesista fissato il giorno precedente la biopsia.
Prima che arrivasse la lettera, conoscevo già la data perché avevo
chiesto al dottore. Ma non sapevo in quale ospedale sarei dovuta
andare (per telefono non lo avevo capito).
L'ospedale dista una quindicina di chilometri da dove abito. Ma è
facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici, anche se dalla
stazione ferroviaria all'ospedale conviene andare a piedi, pur
camminando in salita.
Mi recai da sola, col bus, col treno e poi a piedi, portando una borsa
contenente lo stretto necessario per trascorrere la notte (mi
avrebbero dimesso dopo 24-36 ore se tutto fosse andato bene). Era una bella
giornata e la passeggiata fu piacevole. Avevo lo stesso atteggiamento
che ho quando esploro un posto nuovo, incuriosito e concentrato sul percorso. Mancava però lo spirito di poter
girovagare, di cambiare rotta o di viaggiare senza meta perché la
destinazione e l'orario erano fissati.
Non tutti in ospedale parlavano inglese, ma per fortuna chi non
parlava inglese parlava italiano. Quindi comunicare con il personale
fu ad ogni modo possibile, tranne in isolati casi in cui mi feci
ripetere più e più volte perché la persona si esprimeva solo in
svizzero-tedesco. Alla reception mi diedero una carta per
usare il telefono e la tv presenti in ogni letto. La carta avrebbe segnato
l'effettivo utilizzo del servizio da pagare alla dimissione.
Avevo letto che nel solo caso in cui si ha un'assicurazione privata
l'uso della televisione è gratuito, ma quel giorno me ne dimenticai.
Tuttavia un'infermiera, che parlava italiano ma era di origine
portoghese, non appena mi accompagnò in stanza per i preparativi, mi
accese subito la televisione, facendomi credere fosse “kostenlos”
(gratuita) o dando per scontato che io ne fossi interessata o che non
potessi farne a meno. Mi fece vedere come si usava e mi disse che
potevo pure vedere le emittenti italiane. Immaginate in quel momento
quale posizione potesse occupare nella scala delle mie priorità
vedere RAI1, RAI2 …. (proprio io che nemmeno in Italia possedevo
la TV per scelta personale). Comunque l'infermiera era simpatica e
devo riconoscere il suo tentativo di avvicinarsi a ciò che credeva
“la mia cultura” per farmi sentire “a casa”. Perciò sorrisi
e ringraziai dicendo che comunque avrei guardato emittenti svizzere
per esercizio linguistico e per questioni di integrazione. Capì e mi
lasciò sola nella camera provvisoria, raccomandando di chiamare se
avessi avuto bisogno. Nell'ospedale, c'era il WI-FI gratuito. E così
ingannai l'attesa.
Arrivò il momento di entrare in sala. Ad un certo punto
l'anestesista mi prese il braccio e disse: “Count”. Io lo guardai
un po' sbalordita. E mi rispose che solitamente invitava a contare per
distrarre il paziente che si spaventava. Ma io non avevo mosso
ciglio. E allora si sentì un po' come chi fa una battuta che non
viene capita e disse ridendo: “Don't worry”. In effetti mi
sarebbe sembrato strano se l'anestesia avesse richiesto al paziente
di contare le pecore per addormentarsi.
Poi mi mise un aggeggio sulla fronte e mi disse che una volta non
conosceva il termine “Forehead” e mi raccontò come l'aveva
imparato. Io sorrisi, ma cominciai ad essere poco recettiva. Mi
disse che ancora era la fase di pre-anestesia usando parole molte
semplici “With this one, you are going to relax, not to sleep, but
if you fall asleep it's ok.” No, non dormivo. Poi venne a salutarmi
il medico che mi aveva seguito fin dall'inizio con l'ecografia e che
mi avrebbe anche operato. Ad un certo punto sentii pronunciare, da un
altro medico che parlava italiano “Ora dormirai”.
E così per un paio d'ore persi le mie facoltà, la mia volontà e la
mia anima per consegnare il mio corpo a chi lo avrebbe tagliato per
prelevarne un pezzo. Il concetto è terribile, ma di fatto non sentii,
nulla e non provai nulla. Mi ritrovai in dormiveglia nella stanza da
letto dove avrei pernottato. Dopo un po' vennero a trovarmi mia
figlia e il mio compagno. Neanche lei sembrava aver patito durante la
mia assenza (il mio compagno invece aveva un'aria sconvolta a stare
tutto il giorno da solo con la bambina!). Non avevo neanche tanto
male. Mi ristabilii in fretta e il giorno dopo tornai a casa.
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