Nella casa temporanea mi
sembrò di vivere in albergo, non perché non facessi nulla e
rientrassi solo per dormire o mangiare.
Mi sembrò di vivere in
albergo perché la disposizione dei mobili e degli oggetti non potevo
cambiare.
Mi sembrò di vivere in
albergo perché nessun altro, nell'appartamento, poteva pernottare.
Mi sembrò di vivere in
albergo perché il personale di servizio poteva entrare.
Mi sembrò di vivere in
albergo perché chi mi ospitava non mi era familiare.
Mi sembrò di vivere in
albergo, anche se nulla vi era da pagare.
Mi sembrò di vivere in
albergo perché il consumo energetico non potevo valutare.
Mi sembrò di vivere in
albergo perché sapevo che più di due mesi non potevo restare.
Mi sembrò di vivere in
albergo per la posizione centrale per villeggiare.
Mi sembrò di vivere in
albergo perché i condomini non sembravano affatto abitare.
Mi sembrò di vivere in
albergo e di avere un atteggiamento da turista, benché dovessi
accontentarmi di far la turista a tempo parziale. Infatti dovevo
gestire tutto: spesa, cucina, badare a mia figlia, pulizie quotidiane
…
Ogni giorno uscivo con
la bimba, col pretesto anche di dover far la spesa, e esploravo una
zona nuova che potevo raggiungere a piedi. Così, concentravo la
passeggiata, la scoperta del luogo e le commissioni nelle poche ore
da turista che potevo trascorrere fuori con la bimba, perché faceva
freddo e perché poi dovevo tornare a casa per cucinare e preparare
da mangiare (la bimba mi faceva ancora penare e trascorrere ore in
cucina aspettando che si convincesse a mangiare).
Un giorno mi ritrovai, a
mia insaputa, nel quartiere ebraico. Ad un certo punto, vidi tutti
gli uomini vestiti col cilindro, la barba e le trecce. Un altro
giorno mi ritrovai in uno scantinato dove aveva sede una
“brocken-haus” (uno di quei posti dove vendono tutto di seconda
mano, persino la carta igienica). Entrambe i luoghi richiamarono
alla mia mente Londra. Il primo perché a Londra ci sono diversi
quartieri destinati a diverse comunità etniche e/o religiose. Il
secondo perché Londra è nota per i concetti di vintage, mercato
delle pulci, charity shop, ma in particolar modo riuso di tutto
quello che può esser riutilizzato, persino la parte di rotolo di
carta igienica, aperta, non utilizzata (anche se forse a
Londra la regalerebbero piuttosto che venderla). In fondo quando si
usano i servizi pubblici la si utilizza. E allora, in effetti, perché non
venderla? (Io sinceramente non la comprerei, visti gli episodi di
cistite che ho avuto, ma quando mi trovo fuori di fatto la uso, però
forse perché nei servizi pubblici è gratis, così come i
batteri....)
A Londra non sono
affatto schizzinosi nel comprare qualsiasi cosa che sia appartenuta e
usata da qualcun altro. Non credo che lo svizzero medio compri in
questi negozi. Infatti le persone che li gestiscono e gli acquirenti
sono per la maggior parte di origine estera oppure sono persone non
del tutto normali. Infatti ho letto che talvolta persone tendenti al
demente entrano in negozio a toccare in maniera invadente, o peggio leccare, alcuni
articoli in vendita. Pertanto preferisco anche io guardare e non
comprare, tranne per alcune cose come i libri, che spesso mi inducono
in tentazione. Non so spiegare come mai sono attratta da questi
posti. Vedere tutte quelle cianfrusaglie mi affascina, anche se non
vorrei possederle. Un negozio così non ha tempo, né luogo. Puoi
trovare di tutto, roba antica o moderna. Ogni oggetto ha una storia
che tu non conosci e che non puoi comprare. Ma puoi provare ad
immaginare. Puoi indovinare l'epoca e la nazionalità di chi l'ha
posseduto. Puoi aprire un libro e trovare una dedica o un biglietto
per Venezia, che segna il percorso fin lì letto. Molti oggetti,
soprattutto quelli di un certo valore, purtroppo arrivano lì da
pignoramenti. E allora li guardi sentendoti in debito anche tu. Ma
poi la musica ti trasporta. Spesso in questi negozi puoi ascoltare e
acquistare vecchi dischi.
Nella zona e nello
stabile dove vivevamo in via temporanea hanno sede diverse
società finanziarie, assicurative e società di consulenza.
Pertanto, rifuggivo da tutto questo lusso finanziario chiudendomi in
questi posti da “dementi” o da “barboni”, come la gente snob
potrebbe pensare, a meno che lo snob non sia un collezionista in
cerca di affari.
E mentre i turisti
“normali” passavano il loro tempo tra cioccolaterie, vetrine e
centri commerciali, io affogavo i miei pensieri e mi perdevo in un
bicchiere per acqua usato, più volte bevuto, più volte leccato.
Alla fine in centro
città, a parte il lago, il molo, le chiese, il panorama, il “misero”
(rispetto all'Italia) patrimonio artistico non restano che banche e
affini, vetrine e commercio. Non credo che mi sarebbe piaciuto vivere
nel traffico (anche se in confronto a Londra e alla città dove
vivevo in Italia sarebbe stato come vivere in paese). Nemmeno nelle
altre zone vicine al centro mi sarebbe piaciuto vivere, perché,
aldilà del fascino multiculturale che emanano, non resta nient'altro
che “disperati” (ma non troppo) che vogliono integrarsi, e
attività commerciali che seguono le norme e la legislazione
svizzera. Non mi sarebbe nemmeno piaciuto vivere nella zona
industriale, seppur in una casa moderna e dal design accattivante. Mi
sarebbe piaciuto vivere nella zona dove vivo adesso.
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