“Dottore,
devo confessarle che ero preoccupata perché lei ha dubitato che
tutti i miei malesseri inspiegabili potessero essere causati
dall'insorgenza di depressione. Forse le sembrerà anomalo, ma avrei
preferito il cancro alla depressione.
Avrei accettato di
morire a causa di un tumore maligno o di un'altra malattia piuttosto
che vivere con la depressione. Questo è il mio punto di vista.
Vivere senza entusiasmo, senza passione, senza accorgermene per me
non è vita ed è peggio della morte.
Mi
creda, sono felice che dagli esami non risulta nulla, ma se questo
significa che potrebbe trattarsi di depressione, allora sono
più infelice di come sarei se fossi malata. Devo confessarle che mi
stressa attendere la visita dello psichiatra. Preferirei fare altri
esami più invasivi per trovare la causa del male piuttosto che
vivere con la prospettiva di essere giudicata “depressa.”
Comunque non faccio opposizione e sono sicura che l'incontro servirà
più a lei, per concludere di aver cercato la diagnosi ovunque, che a
me, perché nella mia mente la depressione non esiste, è lungi da
me, non la faccio entrare. Appena ne vedo la minaccia cambio vita,
cambio direzione.
E adesso sono solo
stanca. Ho bisogno di tempo per riprendere le mie forze. Ho bisogno
di tempo per dimenticare questa storia. Ho bisogno di tempo per
cercare un lavoro e non voglio più incontrare medici come paziente,
ma piuttosto come collaboratrice scientifica.
E poi preferisco
vivere con i miei sintomi, con il dolore al petto, con le vertigini …
piuttosto che tentare una cura di antidepressivi per distruggere ogni
malessere.
Perciò le
chiederei di fermarci qua. Il tempo è la migliore medicina nei casi
come questi.”
Non
ci fu bisogno di riferire al medico tutto questo discorso. Se ne
accorse da solo. Mi vide, ero serena. In fondo lo ero sempre stata,
ma il mio pallore aveva nascosto il colore della mia energia. I
valori del sangue ora erano tutti nella norma.
“Ci
vediamo tra un mese per il controllo. Nel frattempo si ritenga libera
da ogni appuntamento: non vedrà nessuno psichiatra”.
E
così guarii. Ho ancora qualche dolore, ma la mia mente ha ritrovato
il suo “potere guaritore” e prima o poi cesserà tutto. Per mesi
ho avuto il dubbio di fare la fine di mia madre, poi quella di mio
padre e invece continuo a vivere la mia vita, alla mia maniera, con
il mio stile. Ho rivissuto tutto il dolore che avevo superato. Ho
provato di nuovo l'irrequietezza di non sapere, di non conoscere la
causa della morte di mio padre. E ho capito cosa significa trovarsi
all'improvviso “delle palline” e dover aspettare l'esito di una
biopsia. Io sono stata fortunata, ma mia madre no. Di fronte al male
non diagnosticabile ho saputo trovar la via di uscita, mio padre no.
Eppure i linfonodi ci sono sempre, sempre più grossi, sempre di più.
Ma ho imparato a lasciarli stare, a non toccarli, a non alimentarli,
a non pensare alla loro ragione.
I
religiosi lo chiamerebbero “Mistero della fede”. L'unica fede che
ho è nella mia vita e se svelarne il mistero significa abbandonarla
o allontanarsi da essa, allora preferisco l'arcano.
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