“Schwanden, se fossi
malata chiederei a chi mi conosce di partecipare ad una
manifestazione.”
“Manifestazione? Di
cosa?”
“Vedi, ho sempre
sognato di poter entrare nella testa degli altri e vedere con i loro
occhi, capire cosa pensano veramente, vivere la loro realtà. E il
modo migliore di farlo sarebbe chiedere a chi mi conosce di scrivere
cosa pensa realmente di me. Ormai non temo il giudizio di nessuno e
quindi non soffrirei se sentissi insulti o parolacce, ma potrei
capire molte cose, avere una visione più grande del mondo, o almeno
del pezzo di mondo che meglio conosco, il mio.”
“Beh, non mi sembra
una richiesta impossibile.”
“La difficoltà sta
nel confessare la realtà. Se sai che una persona è malata allora la
compassione ti porta a vedere qualità positive immaginarie al punto
di arrivare a dire che il moribondo è lo spirito santo in terra.”
“In un certo senso lo
è.”
“OK, Schwanden, ma io
voglio la spietata verità che vedono gli altri quotidianamente.”
“E allora preferiresti
che dicessero che sei una stronza che merita di morire?”
“Se è ciò che
pensano veramente, sì. Mi farebbe capire meglio le persone, in base
a come mi vedono veramente. Non le giudicherei, ma le guarderei per
ciò che vedono in me.”
“Non capisco questa
tua ricerca di crudeltà.”
“Ho sempre ambito a
capire chi è veramente l'uomo.”
“Ti piacciono i lupi?”
“Schwanden, se vuoi
essere identificato e riconosciuto dagli altri, devi chiedere il
documento di identità da esibire, non il santino da tenere in borsa.
Sai che ho sempre odiato l'indicazione della statura nella carta di
identità, ma col passare degli anni mi son resa conto che è
inevitabile scontrarsi con i propri centimetri.”
“Già. E hai anche
smesso di indossare i tacchi.”
“Giusto. Se vuoi
essere portatrice di verità, devi esibirla e devi inseguirla. Per
questo chiederei agli altri di potermi aiutare e la malattia sarebbe
un'occasione da sfruttare.”
“Quindi vorresti
essere malata per avere quella strana occasione?”
“No, Schwanden!! La
strana occasione, o meglio la manifestazione, sarebbe la mia
risposta.”
“La tua risposta a
cosa?”
“Alla malattia.”
“Perché stai
affrontando questo argomento?”
“Schwanden, la vita è
come un compito in classe. Per superarlo, devi preparare le risposte
da dare alle domande che usciranno nel test. Non sapendo quale sia il
prossimo quesito, mi preparo su tutto.”
“Sei sempre la solita
secchiona.”
“Odio quel termine, ma
se è la verità che sostiene qualcuno, ben venga.”
“Comunque, volevo
dire, stai studiando troppo per questo “test” e lo sai bene che
in passato l'overdose di studio ti ha fatto male.”
“In passato mi ha
fatto male perché ero ossessionata dalla competizione e dalla valutazione dell'insegnante.
Adesso valuto io se ho dato la
risposta corretta alla domanda che mi è stata posta.”
“Quindi la vita è un
compito in classe che devi autovalutare?”
“Se fai il test
rispondendo come gli altri si aspettano, prima o poi odierai l'esame
e studiare ti sembrerà una tortura esistenziale. Perciò è
l'autovalutazione che ti fa amare il test e quindi la vita.”
“Non hai mai
desiderato conoscere in anticipo le domande di un esame, ti sono sempre
piaciuti l'imprevisto e la sfida che ti propone.”
“Esattamente.”
“Quello che forse
dovresti chiarire è come l'opinione vera degli altri arricchirebbe
la tua prospettiva sul mondo e ti renderebbe una persona migliore.”
“Ti faccio un esempio.
Se un medico dice ad un paziente: “Non credo che il suo caso sia un
tumore, ma per esserne sicuri dobbiamo procedere con una biopsia”,
secondo te, quale verità nasconde la frase?”
“Decide la biopsia.”
“Ecco Schwanden è
questa la realtà che la maggior parte delle persone vede: decide il
fato, la scienza o qualcun altro. Ma esistono altre realtà alle
quali ci si può soffermare e di conseguenza scegliere come linee
guida per rispondere alla domanda: “sono malato?” e quindi: 1)
Non credo sia tumore. Se si sceglie questa visione si rimane positivi
e quindi si dà una risposta costruttiva. 2) Non posso essere sicuro
di essere sano. Quindi vivo nella paura, nel terrore della malattia
dando una risposta che propaga negatività. 3) La biopsia, oddio. Non
voglio farla. Meglio non sapere. Questa è la realtà di chi vuol
nascondere la realtà.”
“E allora se ti
dicessero ciò che pensano di te ti aiuterebbe a sentirti più sana?”
“In un certo senso,
sì, mi aiuterebbe a percepire me stessa con il senso degli altri. E
un po' guarirei. E poi un malato ha diritto di sapere, no? E la
conoscenza è una forma di cura.”
“Anche un sano però
avrebbe diritto a sapere.”
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