domenica 12 giugno 2016

La manifestazione

“Schwanden, se fossi malata chiederei a chi mi conosce di partecipare ad una manifestazione.”

“Manifestazione? Di cosa?”

“Vedi, ho sempre sognato di poter entrare nella testa degli altri e vedere con i loro occhi, capire cosa pensano veramente, vivere la loro realtà. E il modo migliore di farlo sarebbe chiedere a chi mi conosce di scrivere cosa pensa realmente di me. Ormai non temo il giudizio di nessuno e quindi non soffrirei se sentissi insulti o parolacce, ma potrei capire molte cose, avere una visione più grande del mondo, o almeno del pezzo di mondo che meglio conosco, il mio.”

“Beh, non mi sembra una richiesta impossibile.”

“La difficoltà sta nel confessare la realtà. Se sai che una persona è malata allora la compassione ti porta a vedere qualità positive immaginarie al punto di arrivare a dire che il moribondo è lo spirito santo in terra.”

“In un certo senso lo è.”

“OK, Schwanden, ma io voglio la spietata verità che vedono gli altri quotidianamente.”

“E allora preferiresti che dicessero che sei una stronza che merita di morire?”

“Se è ciò che pensano veramente, sì. Mi farebbe capire meglio le persone, in base a come mi vedono veramente. Non le giudicherei, ma le guarderei per ciò che vedono in me.”

“Non capisco questa tua ricerca di crudeltà.”

“Ho sempre ambito a capire chi è veramente l'uomo.”

“Ti piacciono i lupi?”

“Schwanden, se vuoi essere identificato e riconosciuto dagli altri, devi chiedere il documento di identità da esibire, non il santino da tenere in borsa. Sai che ho sempre odiato l'indicazione della statura nella carta di identità, ma col passare degli anni mi son resa conto che è inevitabile scontrarsi con i propri centimetri.”

“Già. E hai anche smesso di indossare i tacchi.”

“Giusto. Se vuoi essere portatrice di verità, devi esibirla e devi inseguirla. Per questo chiederei agli altri di potermi aiutare e la malattia sarebbe un'occasione da sfruttare.”

“Quindi vorresti essere malata per avere quella strana occasione?”

“No, Schwanden!! La strana occasione, o meglio la manifestazione, sarebbe la mia risposta.”

“La tua risposta a cosa?”

“Alla malattia.”

“Perché stai affrontando questo argomento?”

“Schwanden, la vita è come un compito in classe. Per superarlo, devi preparare le risposte da dare alle domande che usciranno nel test. Non sapendo quale sia il prossimo quesito, mi preparo su tutto.”

“Sei sempre la solita secchiona.”

“Odio quel termine, ma se è la verità che sostiene qualcuno, ben venga.”

“Comunque, volevo dire, stai studiando troppo per questo “test” e lo sai bene che in passato l'overdose di studio ti ha fatto male.”

“In passato mi ha fatto male perché ero ossessionata dalla competizione e dalla valutazione dell'insegnante. Adesso valuto io se ho dato la risposta corretta alla domanda che mi è stata posta.”

“Quindi la vita è un compito in classe che devi autovalutare?”

“Se fai il test rispondendo come gli altri si aspettano, prima o poi odierai l'esame e studiare ti sembrerà una tortura esistenziale. Perciò è l'autovalutazione che ti fa amare il test e quindi la vita.”

“Non hai mai desiderato conoscere in anticipo le domande di un esame, ti sono sempre piaciuti l'imprevisto e la sfida che ti propone.”

“Esattamente.”

“Quello che forse dovresti chiarire è come l'opinione vera degli altri arricchirebbe la tua prospettiva sul mondo e ti renderebbe una persona migliore.”

“Ti faccio un esempio. Se un medico dice ad un paziente: “Non credo che il suo caso sia un tumore, ma per esserne sicuri dobbiamo procedere con una biopsia”, secondo te, quale verità nasconde la frase?”

“Decide la biopsia.”

“Ecco Schwanden è questa la realtà che la maggior parte delle persone vede: decide il fato, la scienza o qualcun altro. Ma esistono altre realtà alle quali ci si può soffermare e di conseguenza scegliere come linee guida per rispondere alla domanda: “sono malato?” e quindi: 1) Non credo sia tumore. Se si sceglie questa visione si rimane positivi e quindi si dà una risposta costruttiva. 2) Non posso essere sicuro di essere sano. Quindi vivo nella paura, nel terrore della malattia dando una risposta che propaga negatività. 3) La biopsia, oddio. Non voglio farla. Meglio non sapere. Questa è la realtà di chi vuol nascondere la realtà.”

“E allora se ti dicessero ciò che pensano di te ti aiuterebbe a sentirti più sana?”

“In un certo senso, sì, mi aiuterebbe a percepire me stessa con il senso degli altri. E un po' guarirei. E poi un malato ha diritto di sapere, no? E la conoscenza è una forma di cura.”

“Anche un sano però avrebbe diritto a sapere.”

“Infatti, ma sai, si dà precedenza al diritto del malato. E' un mondo che preferisce curare piuttosto che prevenire.”

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