“A che punto sei col
tedesco?”
“Chiedilo a lui.”
“Aaah intendevo la
lingua, il linguaggio tedesco.”
“Schwanden, adesso
comincio a capire cosa c'è scritto quando leggo qualcosa e anche
quando parlano. Ma siamo a basso livello. E poi lo svizzero tedesco è
come se fosse un dialetto e quindi diciamo che ho ancora
l'impressione di non capire un accidente che non sia il mio. E la
cosa che più mi fa star peggio è non capire i bambini quando mi
parlano. Però è incredibile come le persone siano flessibili.
Passano da una lingua all'altra senza problema. A volte pongo
semplici domande in tedesco. E allora mi rispondono in inglese o in
italiano, se lo sanno. Invece se inizio a parlare in inglese spesso
mi chiedono, un po' preoccupati se conosco altre lingue. Allora
rispondo “italiano” e, se lo sanno, preferiscono. Schwanden, fa
quasi impressione vedere quanta gente parla italiano, nonostante
abbiano ben poco in comune con la mentalità italiana. E' incredibile
come qua l'Italia sia così lontana, seppur così vicina.
E comunque non voglio
più tornarci. Tutte le volte che mi innervosisco è colpa di
faccende ancora aperte in Italia che mi guastano le giornate. Sto
quasi diventando intollerante. Qua la gente si comporta, agisce senza
che tu debba sollecitarla. In Italia devi fare ventimila solleciti e
ancora non ottieni nulla. Non voglio fare l'elenco delle cose che non
vanno in Italia. Faccio solo l'esempio del bus.”
“Si possono capire
molte cose osservando i sistemi di trasporto.”
“Il fatto che qua i
mezzi di trasporto pubblici siano sempre puntuali non è un luogo
comune. Ma sai perché? Perché non solo dal capolinea non si sgarra,
ma nemmeno a qualsiasi fermata. Se in lontananza si vedono la
vecchietta, la signorina appariscente o anche una persona che ha
difficoltà motorie, trafelati per cercare di non perdere il bus, non
li si aspetta. Non si aspetta nessuno. Se c'è un orario da
rispettare niente eccezioni. Per colpa di una sola persona un intero
bus potrebbe arrivare in ritardo. Perché se aspetti qualcuno ad una
fermata, potresti perdere il semaforo e poi se ci si ferma una volta
è facile che anche alla fermata dopo si ripresenti la stessa
situazione. E allora per evitare disuguaglianze, non ci si ferma per
nessuno. L'orario è quello. La vecchietta e il signore prenderanno
il bus che passa dopo (non aspetteranno neanche tanto). D'altronde
nessuno può pretendere che persone in difficoltà arrivino sempre
puntuali e poi, probabilmente, non hanno impegni di lavoro. Per la
bella signora? In effetti se devi guidare (e sei uomo o attratto
dalle donne) meglio evitare di distrarsi. E così tutti arrivano
puntuali.
L'Italia è invece un bus che, per aspettare tutti, alla
fine non arriva da nessuna parte. E che pretese che ha il singolo
passeggero! L'autista deve aspettare, ma poi si lamentano che non
arriva in orario. Però prima di salire era più importante che
quella singola persona non perdesse il bus piuttosto che l'intero bus
arrivasse in orario. Sarà anche vero che magari l'autista si adagia
al capolinea. Ma è proprio perché ognuno ha una visione molto
egoistica del servizio che l'autista si adegua. E poi che motivazione
avrebbe un autista a partire in orario dal capolinea se tanto sa che
non arriverà in orario perché costretto a fermarsi e aspettare i
ritardatari? E così è un circolo vizioso. Io aspetto, tu aspetti.
Io pretendo, tu pretendi. Se si fissa un orario è bene che decida
l'orario e non la persona.
Allora sarebbe bello buttar via gli
orologi e non aver orari. Ma allora non usiamo più i badge al
lavoro. Non fissiamo più nessuna scadenza. Non prendiamo più nessun
impegno e viviamo così alla giornata. Andrebbe bene in un'altra
società, con un'altra organizzazione. Ma in una realtà dove si
fissano regole, orari, scadenze un atteggiamento come quello che si
ha in Italia non porta da nessuna parte. Che senso ha scrivere le
regole se poi ogni volta il singolo caso può essere l'eccezione?
Non
si può pretendere giustizia se non si è imparziali. Non si può
pretendere giustizia se c'è omertà con chi sgarra. Il bus è la
metafora di come viaggia il sistema.
Anche in riunioni, incontri,
lezioni … si tende ad aspettare sempre i ritardatari. Ma perché?
Perché si pensa sia educazione aspettare tutti, quando invece
sarebbe educazione rispettare l'orario? E poi, diciamolo, se a te non
interessa l'inizio della riunione, perché arrivi in ritardo, ti fanno ancora sentire desiderato.
Tornando al discorso
stradale, inversa è la situazione del traffico automobilistico. In
Svizzera il pedone ha sempre ragione. L'autista si ferma ancora prima
che metti il piede fuori dal marciapiede e ti lascia passare
indipendentemente da chi tu sia: un baldo giovane, un anziano signore
con deambulatore, una bella donna … Lo stesso accade anche se ti
butti in mezzo alla strada o passi senza guardare: l'autista deve
fermarsi.
In Italia invece gli
automobilisti sono i padroni della strada. Guai a non farli passare.
Se non ti mettono sotto, ti stordiscono col clacson.
Inoltre qua la gente
del vicinato e quelli che incontri per la strada ti tengono d'occhio
non per farsi gli affari tuoi a vanvera, come in Italia, ma per
controllare che non sgarri e se fai qualcosa che non va te lo dicono
apertamente e con aria severa.
In Italia se fai qualcosa
di sbagliato lo sanno tutti, tutti stanno zitti tu continui
indisturbato e ti salutano pure (se sei uno che incute timore).
Schwanden, qui non vedi la polizia in ogni angolo, vedi la gente che
ti osserva e che si attiva se c'è da far qualcosa. Per questo per la
strada quando cammini ti sembra di vedere persone attente, non gente
che procede parlando al telefono o fissando un display. A questo, devo
dire, che sono piuttosto estranea, visto che ho la testa sempre sulle
nuvole dei miei pensieri e non mi interessa osservare gli altri per
fare il carabiniere. Invece in Italia ero spesso stressata quando
vedevo tanta gente accalcarsi per timore che sparisse qualcosa dalla
borsa o che qualcuno non rispettasse il proprio turno nella coda che
facevo. Perché se non tollero la falsità, figuriamoci la truffa.
E
in caso di controversie, se sei dalla parte della legge in Italia
stai fresco, mentre qui stai tranquillo.”
“Però hai sempre le
tue utopie.”
“L'Italia si è
verificato un luogo non adatto né a me né ad esse. Gli Italiani
sono molto simpatici, sono persone di cuore, sono tutti amici finché
non sono davanti ad una mazzetta di denaro. A quel punto si scannano
a vicenda per accaparrarsi il bottino. L'ho visto fare tra parenti,
eppure si erano tanto amati. Certo non sono tutti così per fortuna,
ma conosco poche eccezioni.
Qui magari non
sembrano così simpatici, sono piuttosto rigidi, ognuno ha le proprie
cose che l'altro rispetta, ma se sono davanti ad un bottino sono in
grado di dividerselo equamente.”
“Certo, tu sogni
anche una realtà libera dal denaro, dalla proprietà, dall'odio,
libera in generale da tutto … Tu sogni troppo.”
“Lo so. E infatti
non mi aspetto di trovare una realtà così, ma di sicuro un passo
avanti l'ho fatto. Mi son liberata dall'inquinamento della mia
città.”
“Già, qui è tutto
più verde, ma in compenso c'è il rischio nucleare. Qui sono
pacifisti, ma il servizio di leva è obbligatorio. Qui non mettono i
lucchetti agli oggetti di valore, ma in compenso stipulano
assicurazioni.”
“Qui son tutti
felici e poi si suicidano. Schwanden, a parte le esagerazioni e le
contraddizioni, che comunque ogni luogo ha, ciò che volevo adesso ce
l'ho.”
“Un posto dove
morire tranquilla?”
“Schwanden, prima di
morire si vive.”
“Già. E pensi di
continuare a vivere giocando con tua figlia tutto il giorno?”
“Ti riferisci al
lavoro retribuito? Lo so. Guarda che mi ero già posta la questione
diverse volte. Sinceramente, non saprei se qua apprezzerebbero la mia
personalità, aldilà del curriculum professionale. E devo dire che
se non avessi la bambina da accudire e il mio compagno non avesse un
signor lavoro, senza occupazione stabile non mi avrebbero mai
permesso di risiedere.”
“E allora? Non puoi
non avere obiettivi.”
“Schwanden, ne
riparliamo in futuro perché adesso ho altre priorità.”
“Altre priorità? E
cosa viene prima dei tuoi obiettivi?
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