“Tra
la disperazione e la pianificazione, c'è stato di mezzo il RAV.”
“Il
RAV? Ti sei iscritta all'ufficio di collocamento?”
“Già.
In realtà l'ho fatto solo perché avevo bisogno del colloquio di
consulenza su come cercare lavoro qua a Zurigo. In particolare, avevo
delle domande circa una possibile ricollocazione, un cambio di
carriera … Ma vedo che è già tanto sperare di trovare lavoro nel
settore dove ho sempre lavorato, figuriamoci in un altro. Se in
Italia ogni cambiamento è scoraggiato dal mercato, dalla mancanza di
possibilità e prospettive, qui è scoraggiato principalmente da
fattori tuoi personali: la lingua, la nazionalità, l'età e
l'elevato costo di formazione. A me non dispiacerebbe lavorare in un
nido o fare un lavoro assistenziale. Acquisirei nuove capacità e
lavorare con le persone mi darebbe soddisfazione. Ma dovrei per
prima cosa conoscere bene il tedesco, pagarmi un corso di formazione,
avere 18 anni e competere con i cittadini svizzeri. Praticamente in
un'altra vita, Schwanden. Qui, anche al nido, iniziano a lavorare
molto giovani. A 15/16 anni hanno già esperienza come baby-sitter.
Io alla loro età, quando vedevo un bambino, facevo solo gli
scongiuri.
Comunque,
ritornando al discorso, mi presentai al RAV per chiedere una
consulenza e mi ritrovai iscritta, o meglio assicurata, alla cassa
disoccupati.
Riferii
all'impiegato, in inglese, che non ero interessata a nessuna
assicurazione. Mi disse che l'iscrizione era obbligatoria per poter
accedere al servizio di consulenza. Mi assicurò che non dovevo
pagare nulla. Poi mi diede una serie di moduli da compilare,
concordammo l'appuntamento con la consulente e la data per il test di
conoscenza della lingua tedesca.
Mi
disse di recarmi all'incontro con la consulente accompagnata da un
traduttore o da una persona di mia fiducia che parlasse italiano e
tedesco.
Tornata
a casa, cominciai a compilare i moduli da spedire per posta
ordinaria. C'era anche la richiesta per il contributo di
disoccupazione. Ho letto che ne hanno diritto coloro che hanno
lavorato in Svizzera negli ultimi 12 mesi e, successivamente, hanno
perso lavoro. L'importo corrisposto è il 70% del salario medio.
Però, durante il periodo in cui si percepisce il contributo, bisogna
dimostrare di star attivamente cercando lavoro, compilando un foglio
con tutti i riferimenti delle candidature presentate. E poi bisogna
accettare il primo impiego offerto, altrimenti si perde il diritto al
contributo. Mi chiedo come mai l'impiegato mi abbia detto di
compilare pure questo foglio, visto che non ho diritto a nessun
contributo, non avendo mai lavorato in Svizzera. Tuttavia lo
compilai, pensando che per formalità avrei dovuto compilarlo lo
stesso, anche se sarebbe stato poi rigettato.
Al
colloquio con la consulente, decisi di presentarmi da sola, senza
nessun traduttore; non per presunzione, ma per ragionevole
contestazione. Infatti mi sembrava assurdo che non fosse possibile
parlare in inglese, e se proprio fosse stato così, allora avrebbe
voluto dire che il servizio non era adatto a me. Con la consulente
doveva crearsi un rapporto di comprensione attraverso incontri
periodici. Quindi, aldilà del costo che avrei dovuto sostenere per
pagare un traduttore, avrei percepito un intermediario come un terzo
incomodo, un fattore di disturbo che, a mio parere, avrebbe reso
difficile ogni tentativo di stabilire una “comune azione.”
Preparai il mio curriculum in tedesco e mi preparai anche ad essere insultata, eventualmente. E invece la consulente iniziò subito a parlare in inglese e mi fece i complimenti per essere stata in grado di tradurre il curriculum. Mi suggerì alcune offerte, che però provenivano da società farmaceutiche, soltanto perché io le avevo detto che avevo tentato quella strada. Mi fornì un elenco di siti internet dove trovare annunci e possibili contatti. Certamente non fu lei ad indicarmi la nuova strada e la direzione che adesso seguo, e quindi la mia idea di ricerca, ma almeno mi spronò a “fare i bagagli” e a iniziare il mio cammino.
Preparai il mio curriculum in tedesco e mi preparai anche ad essere insultata, eventualmente. E invece la consulente iniziò subito a parlare in inglese e mi fece i complimenti per essere stata in grado di tradurre il curriculum. Mi suggerì alcune offerte, che però provenivano da società farmaceutiche, soltanto perché io le avevo detto che avevo tentato quella strada. Mi fornì un elenco di siti internet dove trovare annunci e possibili contatti. Certamente non fu lei ad indicarmi la nuova strada e la direzione che adesso seguo, e quindi la mia idea di ricerca, ma almeno mi spronò a “fare i bagagli” e a iniziare il mio cammino.
Poi
ci fu il test di tedesco. Tutto sommato, ne fui soddisfatta. A
differenza dei compiti in classe, affrontai la prova come un tuffo
dal trampolino, dove ti butti, non preoccupandoti di come gli altri ti
vedono volteggiare e del punteggio che ti daranno una volta caduto in
acqua, ma come un salto, dove il vuoto che senti prova che in quel
preciso momento stai vivendo e quando cadrai in acqua ne sentirai la
forza, l'impatto.”
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