domenica 25 dicembre 2016

Bucato

A volte ti senti Dio in terra, a volte sei così a terra che ti senti l'escremento del marciapiede che tutti sono riusciti ad evitare di pestare e che oramai sta seccando. Eppure sei sempre tu: la stessa persona. E' soltanto questione di percezione. 

L'uomo è un essere grandioso, può fare cose meravigliose se lo si guarda nella sua individualità, per le sue capacità. D'altro canto, l'uomo è insignificante se lo si guarda in mezzo alla massa, o peggio, in confronto all'intero universo. 

Ed è proprio scegliendo una prospettiva da cui guardare che determiniamo le azioni da pianificare. Possiamo guardarci in mezzo agli altri, fare cosa fanno gli altri, scegliere cosa scelgono gli altri. In questo modo, appena noi ci allontaneremo, o gli altri si distaccheranno, avremo la sensazione di essere nulla, di non valere nulla. Se guardiamo invece dentro di noi e cosa abbiamo fatto, tutto cambia (mettere al mondo un bambino è certo meraviglioso, ma anche ogni singola cosa che facciamo con il sentimento o per passione lo è). 

La prospettiva è come lo specchio. Quando mi guardo allo specchio di casa, vado bene così come sono, non mi viene neanche voglia di pettinarmi. Poi quando esco, entro in un negozio e mi guardo al loro specchio, mi vergogno di essere uscita e mi sento la persona più trasandata di tutta la borgata. 

Eppure è solo questione di luce. In casa la luce illumina, ma non riflette; in altri luoghi chiusi la luce riflette, ma non illumina.

Nel corso dell'anno ho provato entrambe le sensazioni. Da una parte, sentirmi forte, capace di ogni cosa, fortunata di essere emigrata. Dall'altra mi sono sentita impotente, talmente a terra da voler quasi sprofondare e sparire, per non seccare lì sul marciapiede.

Perciò definisco l'anno, che sta finendo, in una parola: BUCATO; come quel calzino, appena acquistato che non appena indossi ti accorgi essere bucato. Ed ecco il disagio che sconfigge la libertà di poter camminare senza rischiare che un dito del piede rimanga intrappolato in quel tessuto che tu stesso hai infilato. BUCATO, come le braccia dopo continui, prelievi, flebo che sfoggi insieme all'abbronzatura. BUCATO, come quello che tiri fuori dalla lavatrice: che sa di pulito, ma sempre meno di quello del vicino che riesce a lavare meglio. BUCATO, come tante cose di cui cominci a dubitare, per esempio se dietro il fatto di fare il bucato in comune non si nasconda un paranoico piano per tenere sotto controllo gli altri ed evitare che disturbino.
BUCATO perché c'è stata una rottura in una relazione che credevo di amicizia. BUCATO, come la mia testa che non trattiene ciò che pensa e che deve fare uscire, a parole o qua in questa sede. BUCATO, come il mio tedesco. BUCATO come il mio curriculum che ha una lunga pausa, l'età di mia figlia.
BUCATO, come il mio animo irrequieto che ha sempre un vuoto da colmare.



Cari lettori devo ringraziarvi per la vostra continuità, senza buchi, nel seguire tutte le mie vicissitudini, i miei pensieri, i miei sfoghi. Quando vedo Schwanden, il bosco davanti casa mia, penso a voi lontani, ma vicini. Ci rileggiamo nel 2017, sperando di raccontarvi di una calza nuova, senza buchi.

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