A
volte ti senti Dio in terra, a volte sei così a terra che ti senti
l'escremento del marciapiede che tutti sono riusciti ad evitare di
pestare e che oramai sta seccando. Eppure sei sempre tu: la stessa
persona. E' soltanto questione di percezione.
L'uomo è un essere
grandioso, può fare cose meravigliose se lo si guarda nella sua
individualità, per le sue capacità. D'altro canto, l'uomo è
insignificante se lo si guarda in mezzo alla massa, o peggio, in
confronto all'intero universo.
Ed è proprio scegliendo una
prospettiva da cui guardare che determiniamo le azioni da
pianificare. Possiamo guardarci in mezzo agli altri, fare cosa fanno
gli altri, scegliere cosa scelgono gli altri. In questo modo, appena
noi ci allontaneremo, o gli altri si distaccheranno, avremo la
sensazione di essere nulla, di non valere nulla. Se guardiamo invece
dentro di noi e cosa abbiamo fatto, tutto cambia (mettere al mondo un
bambino è certo meraviglioso, ma anche ogni singola cosa che
facciamo con il sentimento o per passione lo è).
La prospettiva è come lo specchio.
Quando mi guardo allo specchio di casa, vado bene così come sono, non mi
viene neanche voglia di pettinarmi. Poi quando esco, entro in un
negozio e mi guardo al loro specchio, mi vergogno di essere uscita e mi
sento la persona più trasandata di tutta la borgata.
Eppure è solo
questione di luce. In casa la luce illumina, ma non riflette; in altri luoghi chiusi
la luce riflette, ma non illumina.
Nel corso dell'anno ho provato entrambe le sensazioni. Da
una parte, sentirmi forte, capace di ogni cosa, fortunata di essere
emigrata. Dall'altra mi sono sentita impotente, talmente a terra da
voler quasi sprofondare e sparire, per non seccare lì sul
marciapiede.
Perciò definisco l'anno, che sta finendo, in una parola: BUCATO; come quel
calzino, appena acquistato che non appena indossi ti accorgi essere
bucato. Ed ecco il disagio che sconfigge la libertà di poter
camminare senza rischiare che un dito del piede rimanga intrappolato
in quel tessuto che tu stesso hai infilato. BUCATO, come le braccia
dopo continui, prelievi, flebo che sfoggi insieme all'abbronzatura.
BUCATO, come quello che tiri fuori dalla lavatrice: che sa di pulito,
ma sempre meno di quello del vicino che riesce a lavare meglio.
BUCATO, come tante cose di cui cominci a dubitare, per esempio se
dietro il fatto di fare il bucato in comune non si nasconda un
paranoico piano per tenere sotto controllo gli altri ed evitare che
disturbino.
BUCATO
perché c'è stata una rottura in una relazione che credevo di
amicizia. BUCATO, come la mia testa che non trattiene ciò che pensa
e che deve fare uscire, a parole o qua in questa sede. BUCATO, come
il mio tedesco. BUCATO come il mio curriculum che ha una lunga pausa,
l'età di mia figlia.
BUCATO,
come il mio animo irrequieto che ha sempre un vuoto da colmare.
Cari
lettori devo ringraziarvi per la vostra continuità, senza buchi, nel
seguire tutte le mie vicissitudini, i miei pensieri, i miei sfoghi.
Quando vedo Schwanden, il bosco davanti casa mia, penso a voi
lontani, ma vicini. Ci rileggiamo nel 2017, sperando di raccontarvi
di una calza nuova, senza buchi.
Nessun commento:
Posta un commento