“Perché
allora non ci si ribella a questo moto di deriva della società? La
spiegazione principale sta nel potere dell'attuale sistema di
generare illusioni.”
Ivan Illich
non poteva formalizzare meglio il concetto.
Illusioni,
illusioni e ancora illusioni. E si continua, sperando. E' come essere
alla fermata di un autobus che tarda a passare. Se non l'avessi
aspettato e fossi andata a piedi, sarei già arrivata. Ma ormai ho
aspettato tanto e andar via adesso non è razionale. E l'autobus
continua a latitare. E sto li ad attenderlo.
Così il
tempo passa e aspettiamo perché abbiamo aspettato tanto. E ci
illudiamo, che tra un minuto passi. Se non avessimo avuto illusioni,
ci saremmo mossi dalla pensilina e, magari con più fatica, avremmo
raggiunto la destinazione, o perlomeno non saremmo immobilizzati
dall'inerzia indotta dall'illusione.
Illusione.
Basta!
Certo, forse
l'esempio che ho fatto non è troppo calzante, visto che il trasporto
pubblico, a parte in situazione di sciopero, garantisce un servizio.
Pertanto più che di illusione, quando lo si attende alla fermata, si
parla di fiducia. Però, bisogna dirlo, a volte il servizio ci fa
illudere di poter arrivare in orario, senza partire in anticipo.
Trascendendo
dall'esempio e tornando al discorso, grazie alle illusioni si può
essere sfruttati. Qualcuno può infatti approfittare della nostra
pazienza, della nostra buona volontà. Però se abbiamo aspettato
tanto, non vuol dire che siamo disposti ad aspettare ancora e a non
voler andarcene.
Quindi, se
pensiamo di averne a sufficienza, diciamo basta. Basta! Non facciamo
più un lavoro non retribuito con l'illusione di poter essere assunti
prima o poi. Basta! Pensavo fosse diverso proporsi di lavorare
volontariamente anziché accettare di lavorare volontariamente. Ma
adesso basta! Non proporrò più di lavorare senza retribuzione, a
meno che non ci sia un'effettiva utilità sociale (e non solo un
beneficio di alcuni) o a meno che lavorare senza retribuzione non sia
un investimento per il cambiamento. Ma attenzione. Dietro
l'investimento deve esserci sì propensione al rischio, ma non
illusione.
A volte, in
buona fede, si pensa di fare i benefattori e invece si finisce per
appoggiare le caste, i privilegi. Degenerando, i sadici campano
grazie all'esistenza e all'appoggio, anche involontario, dei
masochisti. Pertanto, in primo luogo, va posta la salvaguardia di sé,
che di conseguenza significa anche salvaguardia dei diritti dei
nostri simili. Il mio masochismo, il mio accettare di essere
sfruttata induce gli altri a fare la stessa cosa per sopravvivere,
per non essere meno “flessibile”, per vulnerabilità nei
confronti di chi ha il potere. E quindi il mio comportamento
masochista induce lo sfruttamento del masochismo. Difendere la propria
dignità non significa essere “difficili”. Alcuni pensano che non
accettare di stare alle regole sia un suicidio. Suicidio? Se ci
accorgiamo che in casa il cibo è andato a male, che facciamo: lo
mangiamo? Certo, se non possiamo permetterci altro, rischiamo di
morire di fame. Ma accettare di mangiarlo non è forse come
avvelenarci da soli anziché morire, in seguito alle contingenze,
dopo aver fatto il possibile per evitarle?
Se
nonostante ci sia bisogno di persone e di lavoro, ma non ci siano
i fondi per assumerle, allora non dovrebbero industriarsi le
aziende a trovare delle alternative? E invece, sono sempre e soltanto
i lavoratori ad adeguarsi, disposti a tutto per illusione. Aziende e
lavoratori dovrebbero invece collaborare al cambiamento, per trovare
una soluzione alternativa, costruttiva, a difesa della dignità
personale individuale e non a salvaguardia del sistema, di un sistema
che è ormai malato terminale. Occorre far rinunce, certamente.
Rinunce alle proprie abitudini. Ma soprattutto rinuncia all'illusione
di una continua crescita economica e dei consumi. E' inutile
cacciarsi la testa dentro la sabbia. E' inutile continuare a fare ciò
che si è sempre fatto, ma in una situazione diversa, illudendosi che
prima o poi le cose torneranno come prima. No, così facendo si
permette soltanto ai pochi che hanno una posizione lavorativa, o un
ruolo sociale, di continuare a mantenerli. Ma senza futuro. Ci sono
ancora persone, per esempio, che hanno addirittura due o più
posizioni retribuite. E continuano a mantenerle a testa alta perché
trovano sempre chi è disposto ad aiutarli.
Chi li aiuta, lo fa illudendosi di un proprio futuro, o di poter far
qualcosa di utile per la società. Ma la strada non è quella. Non si
aboliranno mai i privilegi, le baronie se li si alimenta, anche
involontariamente. No. Se nessuno li aiutasse, i “baroni” prima o poi
rimarrebbero da soli e, disperati, forse deciderebbero di dividere il
proprio stipendio con chi li può aiutare o morirebbero di
“solitudine”. Utopia? Forse, ma meglio che sottomettersi e dover
trangugiare ogni veleno. In nome di cosa? Di un'illusione?
Ed allora
perché si temono le utopie se si vive inebetiti da altre illusioni?
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