Mi sono
persa.
Persa, tra
la nostalgia e i ricordi.
Persa, tra
l'ideologia e l'azione.
Persa, tra
ciò che vorrei fare e ciò che invece posso fare.
Persa, tra
la libertà e i vincoli.
Persa, tra
la coerenza e il compromesso.
Persa, tra
l'accettazione e la rinuncia.
Persa, nel
mare dei pensieri nel quale so nuotare, senza salvagente, in balia
delle mie forze, le sole su cui posso contare se voglio ritrovare la
strada.
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Quattro
giorni senza internet e senza computer, mi hanno fatto ricordare come
è bello vivere in mezzo al mondo reale e non virtuale. Come è bello
dover pensare solamente a dove andare, cosa vedere, come muoversi,
cosa mangiare e camminare fin dove le gambe lo permettano.
Osservare i
luoghi con curiosità, senza rancori, senza giudizi, ma senza
l'indifferenza di chi percorre la stessa strada, con gli stessi
occhi.
Una breve
vacanza: ne avevo bisogno. Ma ora torno, e mi sento confusa.
Realizzo
quanto odio questa realtà virtuale che, se è vero che mi unisce a
persone distanti, mi allontana da chi è vicino. Eppure devo
ringraziare la tecnologia che mi consente di divulgare i miei
pensieri e di rendermi conto che molti li condividono.
Ma ora?
Tante cose ho detto e molte altre sono già state espresse da
pensatori, filosofi … Tuttavia, mi chiedo come mai si continui
a navigare nel fango (per non nominare altre ben peggiori materie biodegradabili)
quando si potrebbe nuotare in un bel mare puro, se solo si seguissero le onde
e la scia delle belle parole che spesso invece ci si limita a
condividere distaccatamente.
Belle
parole! Ma se si è coerenti con ciò che si pensa occorre agire di
conseguenza, altrimenti è puro autolesionismo sostenere l'idea di un
mondo più equo se poi si acquistano prodotti dalle multinazionali o
dalle grandi catene globali che sfruttano la manodopera a basso
costo.
Ma è molto
faticoso essere coerenti con ciò in cui si crede.
Ad esempio,
penso che al momento ciò che mi renderebbe felice sarebbe lasciare
la città e cambiare stile di vita. Vorrei andare a vivere in un
villaggio, lavorare in armonia con la terra e imparare dalla natura.
Essere in sintonia con le altre persone del villaggio, con meno
esigenze individuali, ma in un tutt'uno con l'ambiente esterno.
Magari con dei figli, a cui poter offrire un'esistenza libera e
naturale.
Infatti sono stanca
di vivere una vita artificiale, fondata sull'immagine e sui contatti interessati. Forse la mia
idea coincide col desiderio di voler fuggire dalla società attuale. Pertanto indugio perché chi mi sta accanto non
condividerebbe la mia scelta. Ed allora fuggire dalla società, vorrebbe anche dire
fuggire da chi sono legata affettivamente e dalla mia situazione
familiare. E allora, cerco compromessi. Compromessi per non
andarmene.
Penso a mia
sorella invalida. Se fossi coerente con le mie idee, la riporterei a
casa, provvedendo direttamente alla sua assistenza, come fece mia
madre, anziché pagare con la sua pensione di invalidità persone estranee che le
garantiscano vitto, alloggio ed ogni cura. Spesso infatti le loro
scelte non mirano al suo benessere, ma al mantenimento della spesa
pubblica. E devo mediare, lottando con la mia intransigenza e il
desiderio di voler avere il pieno controllo della situazione, e non
soltanto il potere decisionale sull'approvazione di scelte legate
alla vita di chi non sa gestirla. Anche riportare a casa mia sorella
sarebbe una fuga dalla società e da chi mi sta accanto. Nessuno
infatti accetterebbe di frequentare o di vivere con una persona
vincolata all'assistenza continua di un'altra persona che è gravemente
invalida. Nessuno, nemmeno chi amerebbe vincolarsi alle cure
richieste da un animale domestico. Nessuno. Inoltre vorrebbe dire
rinunciare a qualsiasi lavoro retribuito, stabile o precario.
Vorrebbe dire anche sacrificare la mia vita, anche se in realtà
penso che la mia vita non sarebbe sacrificata, ma soltanto diversa.
Diversa, come la vita del villaggio. Diversa, perché mi darebbe
l'occasione per creare o unirmi ad una comunità o ad una rete di
persone nella mia stessa situazione con le quali instaurare un
rapporto di aiuto reciproco.
E allora se
non posso, o non oso, fuggire dalla società, devo fuggire dai miei
ideali, passando all'altro estremo. Un lavoro totalizzante, che non
mi dia tempo di pensare ad altro, che mi dia l'illusione di una vita reale con
persone, spostamenti, anche se di fatto resterebbe l'artificialità
di obiettivi a me alieni, anche se ben noti al sistema globale. Ma
sarei troppo impegnata per accorgermene. Troppo impegnata in
riunioni, analisi, trasferte … Però potrei continuare a vivere con
chi mi sta accanto e mantenere il poter decisionale per la tutela di
mia sorella. Vivrei una vita individualista dove ognuno è per sé ed
il sistema è per tutti. Ma sarebbe pur sempre un modo per continuare
a vivere con un minimo di stabilità. Ma al momento, è difficile
pure trovare questa via di fuga, pur dubitando di essere in grado di sostenerla in quanto aliena ai
miei ideali e per certi versi simile alla vita che ho vissuto a
Londra.
Eppure
vorrei tanto una situazione intermedia. Un'alternativa agli estremi
SOCIETÀ-NATURA contro
SOCIETÀ-ARTIFICIO che mi
consenta di vivere una vita reale, autentica nella società attuale e
in armonia con i miei ideali. Una vita senza privazioni individuali,
sociali o ideali.
Ci ho
provato, tornando in Italia e continuo a provarci, perseguendo tale
equilibrio come obiettivo della mia vita. Ma il tempo passa. Mi sono
logorata, fisicamente, ma soprattutto mentalmente. Forse è il caso
di sfidare la sorte. Forse è il caso di fuggire di nuovo. Ma verso
quale direzione? Se resto ferma sento di essere in pericolo, in balia
della tempesta che anziché calmarsi sembra voglia farmi naufragare
per sempre e portarsi via il mio tempo.
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