Libertà
vuol dire più responsabilità e consapevolezza.
Se
si vuole essere rispettati veramente dagli altri, non bisogna imporre
regole, ma concedere più libertà. Sembra un paradosso, eppure
pensate all'individuo che diventa responsabile e acquisisce maturità
e consapevolezza dopo aver ottenuto la libertà di andare a vivere da
solo.
Finché
i genitori lo controllano, finché dettano regole, il fatto che lui
le rispetti non significa maturità e consapevolezza del fatto che
sia giusto o meno rispettarle, ma vuol dire soltanto ubbidienza. Se
ottieni ubbidienza, non stai veramente formando un individuo, ma vuol
dire soltanto che hai trovato un individuo che si accontenta di non
opporsi. Di fatto non c'è nessun risultato di un processo di
maturazione e consapevolezza.
Un
figlio che ubbidisce non sta veramente rispettando il genitore, ma
gli sta rendendo solo il compito più facile. Il rispetto richiede
consapevolezza dell'altro. Solo se al figlio viene concessa la
libertà, anche di disubbidire, il genitore otterrà rispetto perché
il figlio diventerà consapevole che ciò che gli è stato insegnato
è giusto e se ne assumerà la responsabilità dell'eventuale
violazione.
Per
esempio se dici al figlio “pulisci casa”. Lui pulisce, pur non
volendo, ma non si rende conto del fatto che sia giusto farlo. Se il
figlio va a vivere da solo, soltanto dopo che vedrà con i suoi occhi
la casa sporca, si renderà conto che è giusto pulirla, senza che
nessuno glielo imponga. E allora manterrà la casa pulita, proprio
perché conoscendo la sporcizia, crederà sia giusto evitarla.
Allo
stesso modo non credo che la società abbia bisogno di un capo
autoritario, di una classe dirigente “forte”, ma piuttosto di
sentirsi padrona del proprio territorio e di avere consapevolezza
della propria identità. Credo che ci voglia più potere democratico.
Capisco che a molti spaventa. In Italia, secondo uno studio, ci sono
molti “analfabeti funzionali” e capisco chi teme di essere
“governato” da ignoranti tramite l'esercizio del loro potere. Ma
è assolutamente sbagliato pensare che questi non debbano neanche
avere diritto al voto.
Io
invece penso che il solo modo per far uscire la gente dall'ignoranza
sia quello di affidar loro un compito importante che dia la
motivazione ad informarsi e ad apprendere ciò che è indispensabile.
Solo la consapevolezza della propria ignoranza, quindi, spingerà a
combatterla. Se si continua a far sentire le persone sempre più
impotenti e incapaci, queste non faranno altro che degenerare.
Qui
in Svizzera mi hanno detto che i cittadini sono molto partecipi e
hanno molto potere decisionale. Votano di fatto ogni due mesi e
decidono sulle tematiche più svariate. Eppure tutto funziona. La
gente rispetta le regole perché ne ha preso consapevolezza. Inoltre,
se qualcosa non va a livello generale, sanno di avere il potere di cambiarla. Ogni decisione viene presa dalla “vera
maggioranza” e non da una classe rappresentativa che non è nemmeno
chiaro chi e cosa rappresenti.
Eppure
mi chiedo dove siano gli Italiani. Sono persi tra i social network e
Internet. Sono illusi di avere tutto il potere che vogliono, possono
commentare, dire la prima cosa che occorre. Possono fare tutto in
rete. Possono essere chi vogliono, possono conoscere tutto, cambiare
il mondo firmando petizioni. Ma questo non è vero potere e non è
nemmeno vera informazione.
Poter
scrivere sui social network riguardo la politica, l'attualità e poi
non aver nessun potere decisionale, non avere sotto controllo nemmeno
ciò che accade in casa propria e lasciarsi sfuggire la propria vita
dalle mani è la stessa situazione di una persona che sostituisce
l'attività sessuale alla visione dei film pornografici.
Questa
situazione pertanto non solo crea degli “analfabeti funzionali”,
ma anche degli “invalidi funzionali”, persone che accontentandosi
solo di guardare o di parlare si rendono di fatto invalide nell'uso
degli altri sensi e nell'azione.
Eppure basterebbe concedersi più libertà, dalla rete, da tutto e quindi acquisire maggiore
consapevolezza.
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