mercoledì 27 maggio 2015

Dialogo con la realtà


“Buongiorno Dott.ssa.”

“Prego evitare formalismi.”

“Sono la realtà.”

“Già.”

“Io sono la Realtà.”

“La realtà? Dunque, siamo in Italia, nel 2015, c'è Renzi al Governo, c'è disoccupazione, c'è ancora crisi, c'è ….”

“Non fare la spiritosa. Sono la tua realtà. Sei una ricercatrice esperta in statistica.”

“Sono anche madre.”

“Hai una laurea, un dottorato di ricerca e soprattutto un lavoro che devi riprendere tra non molto.”

“Ho una bellissima bambina che non ha ancora un anno.”

“Hai già chiesto sei mesi di maternità in più di quel che era previsto nel contratto di collaborazione. Te li han concessi, fin dall'inizio sono stati molto disponibili e comprensivi con te, cosa vuoi di più?”

“Non è così semplice.”

“Finalmente dopo tanto tempo di disoccupazione, o meglio di occupazioni occasionali, avevi trovato il posto che volevi. Ricercatrice, nella tua città, con un contratto decente anche se precario, in un ambiente piacevole. L'avevi meritato, con tutti i curricula che hai mandato spontaneamente in giro e gli incontri conoscitivi che hai proposto. E adesso che hai un contratto in essere non vorresti più tornare?”

“Vedi, cara Realtà, tu ragioni come tutti. Una volta era scontato che la donna rimanesse in casa a prendersi cura dei figli. Avevano pochi soldi in famiglia, eppure riuscivano a sfamare più persone. La gente non studiava, ma sembrava più intelligente, più autosufficiente. Sapevano produrre ciò che mangiavano. Adesso invece non sono neanche più in grado di far la spesa.”

“Non divagare.”

“Obiezione accolta, scusa. Adesso è scontato che una donna faccia i figli e poi torni subito al lavoro. La mamma ama talmente il suo bambino da essere accecata a tal punto che deve farlo crescere da altri.”

“Lascia perdere il sarcasmo. Svegliati, il mondo va avanti là fuori. Chi sta solo coi lattanti, perde i denti.”

“Chi sta solo là in mezzo perde i sensi.”

“Come sei patetica!”

“Insomma cosa vuoi? Forse ho perso interesse nel mio lavoro. Non ne ho sentito la mancanza. Certo i colleghi sono simpatici, un po' mancano. Però li posso sempre sentire o andare a trovare.”

“Che diavolo stai dicendo?”

“Quello che mi rende felice ora è poter stringere tra le braccia quella bambina. Persino le pulizie e i lavori da fare in casa non mi pesano perché li faccio per lei. Lei sta crescendo. Ha bisogno di me. Qualsiasi altro lavoro che posso fare: calcoli, modelli statistici, report …. non mi può dare la stessa soddisfazione che può darmi preparare le pappe per lei (anche se a volte non vuol mangiarle), cambiarla (anche se non sta mai ferma), portarla fuori (anche se a volte strilla), cullarla …. Niente ha più valore di vederla sorridere, qualsiasi cosa faccia per lei, e vederla crescere.”

“Si va beh, ma mica la stai lasciando per sempre.”

“Cara mia, guarda che dopo una giornata di lavoro sono stanca. Stare ore seduta davanti al pc mi rende nervosa, distaccata. Trascurerei la bimba. I bambini piccoli risentono molto della volubilità della madre. E in più sai che stress avanti e indietro al nido. Lava questo, porta questo. E per un minimo raffreddore, addio lavoro o trova baby sitter. Non parliamo poi del week end. Non potrei mica starmene tutto il giorno tranquilla con lei. No, devo pure veder certa gente che esige di veder la bambina. No, non ce la posso fare.”

“E che fai?”

“In fondo non abbiamo tutta questa esigenza di avere due stipendi (o meglio uno e mezzo, tolte le spese del nido). Sappiamo vivere bene usando la testa. Abbiamo poche esigenze di merci, ma tante in affetto e tempo da trascorrere insieme. La bambina ha bisogno di braccia aperte, piuttosto che di tasche piene. “

“Mi stai forse dicendo ...”

“Già. Cambio lavoro.”

“Ti hanno mica assunto dove hai fatto l'ultimo colloquio?”

“Macché! Quello è un posto di persone infelici”.

“Sarà stato infelice, ma era garantito. Intanto il cv per curiosità l'hai mandato.”

“Certo, io valuto ogni possibilità, ma il colloquio mi ha dato conferma: loro ti danno la garanzia di uno stipendio vitalizio, ma in cambio devi vendere l'anima. Non lascerei mica il mio posto precario per quelli.”

“Tua madre lo diceva sempre che avevi talento per l'arte drammatica.”

“Ma cosa ne capisci tu di arte. Senti, vediamo se ti convinco parlando con il tuo linguaggio. Molta gente dice che ama, ma più che una botta e via non sa fare. O forse si accontenta solo di quella. A me non basta. C'è chi si sposa e poi si trasferisce lontano da casa per lavoro. A queste persone è sufficiente vedere il coniuge e figli nel week end. A me non basterebbe. C'è chi passa il tempo con gli amici che trascorrono tutto il tempo con lo smartphone. Io no. Capisci? Sono fuori e fuori rimango. Fuori si respira.”

“Però vuoi rimanere a casa.”

“Certo, meglio in casa se fuori l'aria è inquinata.”

“Senti con te un discorso non lo si può fare.”

“Mio padre diceva che avevo sempre l'ultima risposta.”

“Già, e quale sarebbe?”

“Sarebbe che ho deciso di rinunciare al contratto di lavoro per badare a mia figlia.”

“Tu sei pazza. Rischi di non lavorare mai più.”

“Io sarò una pazza drammatica, ma tu sei pessimista.”

“Lo sai come funziona! Anche se sei precaria, una volta dentro trovano sempre un modo per farti continuare a lavorare, ma una volta fuori non ci entri mai più.”

“Sei sicura? Te lo dico io come realmente funziona. Un uomo ad un certo punto diventa vecchio senza più forze e, in prossimità della morte, ripenserà alla sua vita. Non cambia nulla se ha studiato oppure no. Non cambia nulla se abbia fatto tanto lavori o se ne abbia fatto uno solo. Non cambia nulla se ha avuto tante donne o se ne ha amato solo una. Non cambia nulla se è ricco o se è povero. Lui sta morendo. E se ciò che ricorda della vita che ha fatto lo fa sentire vivo, allora ecco il suo significato. Ecco un uomo realizzato. Ecco che può morire in pace. E se io tra un anno ripenserò all'anno passato, sarò felice perché avrò seguito mia figlia. Mia figlia cambia ogni giorno e una madre distratta dal lavoro non se ne accorge. Se tornassi al lavoro, tra un anno ripenserò ai calcoli, agli studi e non mi sentirò viva. Mi sentirò solo una ruota di un carro che non è il mio. No, cara mia. Se non sei un pezzente (e la maggior parte delle persone non lo è) il lavoro deve darti talmente tanta soddisfazione da giustificare il fatto che ti assorbe la giornata. Ma se hai un altro obiettivo, anche se soltanto per un anno, non vedo perché non dovresti riagganciare.”

“Per non perdere la priorità acquisita.”

“Ecco, non voglio perdere la priorità acquisita: mia figlia.”

E così rinuncio al contratto. Non avevo percepito nessun compenso per la maternità. Quindi non devo nulla a nessuno. Ho avvisato i responsabili per tempo, per non recare danno. Il futuro? Non mi spaventa perché vivendo bene il presente so che sarò felice domani. Sono sicura che, quando riterrò opportuno tornare a lavorare, qualcosa farò. In ogni caso, mi assumo la responsabilità della mia scelta. Che ora mi trovi a casa e che non stia sfruttando le mie competenze professionali non mi preoccupa. Per ora ho altri impegni. In fondo ho studiato per avere più opportunità, compresa quella di poter accudire la bimba a tempo pieno finché necessario.

martedì 19 maggio 2015

Tra-dire

Non penso sia possibile amare solo una persona alla volta nella vita: già madre e padre sono due e come scegliere?

La visione comune dell'amore è molto restrittiva. Di fatto si confonde il sentimento con il ruolo che occupa una persona nella nostra vita. Si possono avere solo un padre e una madre. Non si possono avere, se non previste in certe culture, due mogli e due mariti contemporaneamente. Ma due amanti sì. Amante non è un ruolo: contiene la parola amore e l'amore non è selettivo, né esclusivo.

Richiedere che una persona ami solo un'altra persona nella vita penso sia come mutilare la sua capacità di amore e di espressione. Di fatto in questo caso non si ama veramente, ma si cerca solo qualcuno che occupi un ruolo nella vita per non sentirsi soli. I figli nascono da una coppia che forma famiglia, e già l'amore coinvolge più persone assieme. In generale, penso che la famiglia naturale non sia l'unico esempio possibile di amore tra più soggetti. Può esserci amore tra membri di una comunità o di un gruppo.

Inoltre il concetto di fedeltà penso abbia poco a che vedere con l'amore. E' luogo comune essere fedeli in una relazione di coppia se non si hanno rapporti sessuali con altre persone. Ma se nella coppia manca collaborazione, rispetto, stima e fiducia reciproci, anche se non si hanno rapporti extraconiugali, credete veramente che ci sia fedeltà all'amore? Piuttosto potremmo parlare di fedeltà al ruolo di moglie, marito, fidanzato/a che sia.

Fedeltà nel rapporto d'amore per me significa simpatia, passione, condivisione di idee e pensieri, collaborazione, rispetto delle proprie idee, appoggio, stima, comprensione e non necessariamente uno di questi elementi viene a mancare soltanto per un impulso sessuale soddisfatto al di fuori della coppia.

Credo che fin da ragazzini ti lavano la testa “se ti fa le corna, lascialo/a.” Ma perché? Ti ha mentito? Questo potrebbe essere un buon motivo per lasciarlo, ma supponiamo che te l'abbia pure detto, anche se dopo l'accaduto. Rimane comunque ferma la condivisione. Ti ha mancato di rispetto? Questo potrebbe essere un altro buon motivo se veramente si dà così alto valore personale alla fedeltà e non solo valore sociale, perché si ha paura soltanto dell'appellativo “cornuto”. Mancanza di stima o ammirazione? Forse è stata solo curiosità di nuove avventure o magari in qualche modo non lo/la abbiamo tenuto/a abbastanza occupata/a.

Mi rendo conto che la mia visione libera sull'amore e sul rapporto di coppia appare un po' anomala e indigesta. E qui metto le mani avanti per possibili battute volgari, dicendo che avere una mente aperta non significa avere anche le gambe aperte. Queste considerazioni mi segnarono come un cappio al collo da ragazzina. Probabilmente ora non avrei una relazione stabile se non avessi avuto la fortuna di incontrare chi ti guarda per ciò che sei e non per come appari, chi il primo appuntamento non lo vede come un colloquio di selezione chiedendoti tutto sulle tue esperienze passate, ma ti osserva soltanto.

Non condannare il tradimento carnale non vuol dire tradire o cercare un alibi per farlo.

Analogamente, chi è a favore della legalizzazione delle droghe, non è necessariamente drogato. E' soltanto contrario all'ipocrisia e alla falsa lotta contro la criminalità. Di conseguenza condannare il tradimento a priori, da un certo punto di vista mi sembra ipocrisia. E se il partner si masturba è diverso? Se guarda sempre organi sessuali a video che non sono i vostri. è diverso? Se è insoddisfatto e non ve lo dice e continua a vivere fedelmente e infelicemente con voi, perchè non lo considerate tradimento? Se rivela ad altri e non a voi le sue fantasie erotiche, non vi tradisce? Capite che il limite è solo imposto dalla società e non dalla vostra coscienza.

Sia chiaro, a chi mi segue, che non sto confessando indirettamente nessun tradimento come lo intendete voi. Anche se il mio compagno ha visione più convenzionale di amore e coppia, ne ho pieno rispetto. Non voglio varcare nessun confine: sto bene dove mi trovo. Avere ampi orizzonti non significa non avere limiti. Essere liberi non significa non avere vincoli, ma poter aver vincoli se è ciò che si vuole. In maniera analoga, rispetto la proprietà privata come compromesso per vivere, pur essendo di visione comunista e sognando un'altra società.

Ci tenevo in questo post a condividere la mia idea su un tema di cui se ne discute molto da adolescenti, che poi, rimane scontato in età adulta, finendo in alcuni casi con un bel divorzio al momento in cui lo decide la società: il tradimento carnale e non quando inizia il vero tradimento: la rottura di un'unione spirituale completa. E' quello il tradimento che razionalmente si dovrebbe temere, che inficia il ruolo di una persona nella nostra vita, anche se l'amore può rimanere.

Spesso infatti quando si dice “non ti amo più” significa “non ti considero più come fidanzata/o”, anche se un sentimento di fatto rimane sempre, perché l'amore non si cancella, perde solo intensità.

Ho deciso di trattare l'argomento in questo periodo perché, è inutile negarlo, i bambini formando famiglia aumentano i doveri della coppia e spesso ne riducono i piaceri, cioè i bambini si mettono al centro della coppia disturbandone, in un certo senso, il rapporto. Non sempre infatti si crea un'armonia a tre, e talvolta la coppia si allontana perché impegnata a gestire le relazioni mamma-bambino o papà-bambino.

E allora mi sono chiesta se temevo un tradimento reciproco. Non sono mai stata gelosa. Semmai sospettosa di chi potrebbe intromettersi e influenzare le nostre scelte. Ma parlandone con lui vedo che mi considera di più di quel che credevo e condivide le mie scelte quotidiane di madre.

Quando ci siamo conosciuti, ben dodici anni fa, ero diversa e con il tempo ho cambiato idee, prendendo consapevolezza di chi sono veramente. Questo ha fatto emergere dei lati a lui oscuri di me che forse non gli piacciono e a volte questo un po' mi spaventa. Mi spaventa anche il fatto che divergiamo su alcune questioni ideologiche.

Ma così come un bambino non cresce dall'oggi al domani e ti lascia il tempo di adeguarti al suo sviluppo e di adottare le misure per venire incontro alle sue vere esigenze, anche una relazione si evolve gradualmente, lasciandoti il tempo di individuare soluzioni ad eventuali problemi.

E qualsiasi cosa possa mai accadere, l'amore ci sarà sempre così come il legame filiale. E' questa la vera certezza. I ruoli possono cambiare, ma i sentimenti restano.


giovedì 14 maggio 2015

La madre adatta

Se chi mi conosce può mai aver pensato “temo che tu non sia una madre adatta”, forse non ha chiaro cosa significhi la parola adatto, confondendola piuttosto con adattato.

Allora posso darvi ragione. Io non sono una madre adattata. Non seguo le regole e convenzioni sociali, ma seguo il mio istinto che vuol anche dire la mia mente e in senso lato il mio cuore.

Penso che avere un bambino non significhi avere un trofeo da mostrare. In quel caso allora certamente dovrei essere una madre adattata per avere il vostro riconoscimento e la lode per mia figlia.

Una madre adattata ha tutto ciò che la società richiede per crescere e vivere con il suo bambino: vestiti e giocattoli in gran quantità, carillon, sterilizzatore, cuocipappe, ciucci, interfono, riduttore per il lettino e per la vasca, ovetto per l'auto, auto …

Una madre adatta ha tutto ciò che serve per crescere e vivere con il suo bambino: il seno, le braccia, le gambe, gli occhi, il sorriso, la testa, soprattutto quella, che serve per pensare e per capire ciò che sia giusto e adatto per il bambino.

Una madre adattata festeggia le ricorrenze e le festività con i figli non approfittando di un giorno per staccare dalla quotidianità: riposo o gita, lettura o sport a seconda dei casi, ma esasperando ciò che di fatto fa tutti i giorni: acquisti, pranzi, cene, aperitivi, stare in mezzo alla gente. Tutto in gran quantità, come la società richiede, e in gran quantità devono essere i parenti, gli invitati, tutti quelli che distraggono dal pensare, dal trascorrere un giorno di pace e di silenzio. Rumore, solo rumore. Traffico. Così ti rincoglionisci e il giorno dopo sei pronta per affrontare la settimana lavorativa.

Una madre adattata infatti lavora. Lavora, anche se in casa uno stipendio basterebbe. Lavora perché pensa di rendersi indipendente, quando di fatto è doppiamente schiava, schiava del lavoro e della casa che al ritorno deve essere pulita e in ordine. Una madre adattata è complice del maschilismo che richiede che una donna debba avere tutto in regola, in ordine, tutto “perfetto” ed essere talmente occupata da non pensare, da non ostacolare lo svolgersi della quotidianità.

Una madre adattata è come se votasse alle elezioni il partito "giusto" per non sbagliare, il partito che sa che vince perché è votato dalla maggioranza. Una madre adattata può senza dubbio esser felice, se adatta ad essere adattata, cioè se di fatto condivide ciò che la società detta. In questo caso essere adattati è la scelta giusta per lei e i suoi figli. Ma in molti casi adattarsi coincide con il comportarsi da stupidi, qualora si voti il partito che non si vorrebbe vedere al Governo. Coincide col sentirsi depressi, senza nessun controllo della propria vita e della propria famiglia.

Una madre adattata non rischia critiche perché si comporta secondo le aspettative sociali. Una madre adatta invece è spesso criticata perché usa la propria ragione. E la ragione viene sempre messa in discussione, a differenza della società, e accusata di “imparzialità”. 

Anche la figlia stessa può criticare la madre adatta. Quando ero una ragazzina stupida, condizionata dalla società e dal suo terrore per la diversità, accusavo quasi mia madre per non essere stata adattata. Una madre adattata avrebbe ricoverato, vita natural durante, la propria figlia invalida per “dedicarsi” come la società detta alle figlie sane: feste, shopping, viaggi. E invece no. Mia madre permetteva che la gente ci guardasse da cima a piedi quando uscivamo perché il quadretto che esponevamo era disturbato da una persona mal ritratta. Mia madre permetteva che in casa non potessi fare le feste di compleanno con i miei compagni normali senza “handicappare” i giochi o i dolci con la presenza di mia sorella S. Avete presente il bambino che abbandona la sorella nel parco nel film “La solitudine dei numeri primi?”. Anche io avrei fatto la stessa cosa se ne avessi avuto l'opportunità, per poi magari uccidermi per il senso di colpa. Avrei adattato la famiglia in vece di mia madre. 

Con il tempo, e diventando madre, ho capito cosa significa essere una madre adatta. Una madre adatta non ha bisogno di nessun adattore sociale. Diventando madre ho capito che se ami veramente tuo figlio lo accetti per com'è, uguale o diverso dagli altri che sia. Accetti di accompagnarlo nel suo cammino, anche se difficile e anche se lui non può parlarti, non può ringraziarti, anche se lui non potrà mai essere un trofeo da mostrare.

A mia madre la società dovrebbe far la lapide d'oro, anche se lei non se ne farebbe nulla.

Mia madre era una madre adatta. Una madre che mostrava entusiasmo, passione, una madre che era felice soltanto per la presenza delle sue figlie. Una madre a cui non interessava cosa studiassi o se studiassi. Una madre che non mi ha mai insegnato che le cose si fanno soltanto in un certo modo. Una madre che così facendo ha lasciato che io diventassi creativa e che ragionassi con la mia testa perché mi aveva dato l'esempio che lei sapesse ragionare con la sua, anche se con i suoi limiti.

Mia madre non era una madre adattata. Quindi non posso avere esempio migliore che provi che la tesi “se non sei adattata non sei adatta per essere madre” sia falsa. Con questo non voglio essere fraintesa: non ritengo certamente che se una madre sia adattata allora non possa essere adatta. 

Voglio solo invitare le persone adattate a non giudicare e a pensare esclusivamente ad adattare i figli loro, se lo ritengono opportuno. 

Mia figlia non vivrà male solo perché la madre non si comporta come una madre adattata. Il sorriso di mia figlia ne è già la prova. Lei si sente amata, capita, ascoltata, rispettata e molto probabilmente farà così con gli altri. Pensate che questa non sia educazione solo perché la madre appare “maleducata” rifiutando le convenzioni sociali? Mia figlia sarà felice e questo sarà sufficiente. Se vorrà adattarsi quando sarà grande lo farà. Se voterà il partito che io non voto, lo farà. La amerò lo stesso. Non le dirò che sbaglia. Sbaglierà solo se le sue scelte saranno inquinate dalle fesserie che sentirà o leggerà in giro. Ma io certamente non aggiungerò pesticidi.


sabato 9 maggio 2015

L'acqua e il fuoco

L'acqua e il fuoco sono una potente fonte di energia.
L'acqua e il fuoco sono elementi essenziali, non sono lusso.
L'acqua e il fuoco hanno ruoli di vitale importanza: l'acqua disseta, il fuoco riscalda.
L'acqua e il fuoco hanno anche ruoli di fatale importanza: l'acqua annega, il fuoco incendia.
L'acqua può vivere imbottigliata, il fuoco no.
L'acqua cade al suolo. Il fuoco si spande nell'aria.
L'acqua appare incolore; il fuoco rosso calore.
L'acqua può essere percepita solo con la vista. Il fuoco coinvolge tutti i sensi.
L'acqua si fa sentire solo quando precipita o scorre. Il fuoco si fa sentire sempre, crepitando.
L'acqua evoca evoluzione. Il fuoco rivoluzione.
L'acqua spaventa solo se in gran quantità, se scorre impetuosamente o se precipita intensamente. Il fuoco spaventa al solo manifestarsi.
L'acqua è una sostanza. Il fuoco deriva da una reazione.
L'acqua e il fuoco vengono chiamati insieme dall'universo e dallo zodiaco.
L'acqua e il fuoco non festeggiano mai. La loro presenza non è ricercata, ma scontata.
L'acqua e il fuoco potrebbero annientarsi a vicenda: il fuoco facendo evaporare l'acqua, l'acqua spegnendo il fuoco.
L'acqua e il fuoco sono elementi naturali: non vogliono danneggiarsi a vicenda.
L'acqua e il fuoco non si toccano per rispettarsi reciprocamente.
L'acqua e il fuoco collaborano svolgendo indipendentemente ognuno il proprio lavoro.
L'acqua e il fuoco abitano lo stesso luogo, ma non si incontrano mai.

Mia sorella A. ed io siamo come l'acqua e il fuoco. Abbiamo sempre avuto idee diverse e siamo sempre state distaccate, per rispetto. Meglio stare ognuno per sé che dover frequentarsi per forza e danneggiarsi a vicenda. 

Da bambina volevo condividere con lei qualsiasi cosa. Non volevo possedere nulla: ciò che era mio per me era anche suo. Lei invece no. Divideva, delineava. “Questo è tuo, non lo tocco. Ma quello è mio”. E allora rispettavo la sua proprietà, senza difendere la mia. La rispettavo perché lei non mi giudicava, né voleva approfittare del mio “comunismo”. Semplicemente si comportava con me come voleva che io mi comportassi con lei. Ed allora la accontentavo: non toccavo ciò che era suo, ma lasciavo a sua disposizione ciò che era mio, anche se lei non lo toccava. Di fatto anche io mi comportavo come avrei voluto lei si comportasse perché non mi interessava avere le sue cose, anche se mi spiaceva che non avesse le mie stesse idee.

Apparentemente lei non ha mai fatto paura, incolore come l'acqua. Non si espone, non si fa sentire, anche se si fa notare con trucchi, borse e abiti firmati. Io invece son sempre stata un pericolo apparente, un segnale rosso, quella che da piccola le faceva paura non appena si mostrava. Quella che si espone, che non sta mai zitta e che non ha bisogno di farsi notare. Incandescente, a volte irrequieta e convulsa, ma altre volte ferma e definita come la fiamma di una candela. Lei invece sempre incolore, nonostante i belletti. Ma anche lei è pericolosa, anche se non lo fa vedere. Se ci cadi dentro può farti annegare. Di fatto anche lei scorre libera, sempre al suolo. Il fuoco sale in aria, si disperde. 

L'acqua scorre e talvolta è in piena. L'acqua non si rende conto della sua funzione vitale. Tende sempre a pensare al fatale. Invece il fuoco pensa di essere vita.

L'acqua e il fuoco obbediscono all'universo. Legate da vincoli naturali, non si farebbero mai del male e pensano sempre al bene del “pianeta”. Pianeta ormai distrutto da due disgrazie familiari. E ora si ritrovano in causa, sempre a debita distanza, per fronteggiare il pericolo di una terza. 

L'altra mia sorella S. ha scampato la morte qualche mese fa. Perforazione dell'intestino. Intervento urgente con poche possibilità perché era già in shock. Ma per fortuna il pericolo sembra essere passato. Ora sta bene, dopo altri due interventi. 

Mia sorella A., a cui avevo ceduto la tutela di S. perché volevo emigrare, ha mostrato le sue capacità. Per proteggerla ha “inondato” gli operatori e gli assistenti sociali. 

Per badare a mia figlia, non ho potuto aiutarla molto, ma lei se l'è cavata da sola. Spero però che la situazione rimanga stabile per qualche anno almeno, che non succedano imprevisti perché ho il timore che ciò che per me potrebbe essere un'altra disgrazia familiare, per lei potrebbe essere l'apocalisse.


lunedì 4 maggio 2015

Natural dura-me-nte

In un mondo così artificiale, essere naturale è molto costoso. Quel che risparmi in denaro, lo spendi in fatica e non solo, rischi pure di litigare per le tue scelte poco convenzionali.

Tanta fatica per far la spesa, evitando le grandi catene. Tanta fatica per cucinare evitando di comprare cibi prefabbricati, pieni solo di zuccheri, sale e conservante. Tanta fatica e lavoro che in un attimo vengono distrutti con l'arrivo dei parenti che portano i peggiori dolciumi comprati al supermercato. Difficile essere naturali quando conta solo il marchio e non la lista degli ingredienti. Difficile, come la situazione di chi è motivato a seguire una dieta e sta facendo sacrifici immensi e si deve pure sentir dire da chi non ti capisce “e dai, per una volta”. Ma a me non interessa sgarrare, altrimenti mica avrei aspettato il vostro arrivo per farlo? Perché certa gente ci prova quasi gusto a contaminare i coerenti, i puri, i naturali. Invidia? Boh! In realtà non me ne fregherebbe neanche nulla dei loro sentimenti negativi, se non fosse che comunque recano disturbo. 

Una madre, benché sia felice di prendersi cura del proprio bambino, è sempre sotto stress per il lavoro da fare, sempre tesa se il bambino piange e non si riesce subito a consolare. 

Una madre è più rilassata se non ha gente tra i piedi che la guarda accudire il bimbo e che ficca il naso chiedendo: “ma che prodotto usi? Come lo fai?” Anche se non giudicano apertamente, dalle espressioni facciali o dal modo in cui lo chiedono fan subito capire i loro pensieri negativi se non si risponde che si usano i prodotti della “Ciccio” o della “Bambi”. 

E se cerchi di usare meno roba possibile per non inquinare l'ambiente e il bambino ti guardano come se fossi taccagna o peggio pezzente. Se vedono i bavaglini puliti, ma rimasti macchiati perché non usi prodotti chimici per smacchiarli o perché, per dedicare più tempo alla bambina non perdi troppo tempo a strofinare manualmente, ti guardano quasi con disgusto. Eppure guardate che evito di usare porcherie perché i bambini mettono tutto in bocca e preferisco che la bimba ingerisca batteri naturali piuttosto che veleni chimici. 

E se poi non usi ciucci, pupazzi o menate per addormentare la bimba, ma la tieni in braccio coccolandola e cullandola, ti dicono “e ma così non te la stacchi più”. E perché mai dovrei “staccarmela”? Crescerà talmente in fretta e non vorrà più stare in braccio. E allora perché devo forzare i tempi e sostituire con merci il mio affetto? Stessa cosa se dici che sei solo tu a darle da mangiare perché hai visto che ha fatto progressi, ma che ha bisogno della tua pazienza, della tua comprensione e del rispetto dei suoi tempi. “Ma se devi far tutto tu non hai spazio per te”. 

Guardate che non mi sento affatto privata del mio tempo e del mio spazio. Io sono felice di dedicare tutto il tempo necessario e le attenzioni dovute alla bimba. Piuttosto mi sento privata se devo trascorrere del tempo a sentire certe stronzate. Stronzate che, seppur non considero e poi getto, recano disturbo come l'odore dell'immondizia.

Ricordo le mie paure, prima di diventare madre, di non saper gestire tutta quest'immondizia. Paure che quasi bloccavano il mio desiderio di avere un bambino. Già, perché tu hai un bambino, ma gli altri si aspettano di vedere un bambolotto firmato. Quando vengono a trovarlo, vogliono vederlo sveglio sorridente, ma composto, pulito, ben vestito. Poi vorrebbero quasi strappartelo dalle braccia. Devono fotografarlo ad ogni mossa, perché non sono capaci di osservarlo prima con gli occhi e poi con la mente. Centinaia di foto che poi non rivedranno mai. Se dorme si offendono quasi se non lo svegli o accennano a frasi “ma passiamo più tardi.” Se vuol mangiare dicono “ma non è troppo presto per la pappa?” Se piange non può mai essere colpa loro, ma colpa tua perché non fai in fretta a farlo star zitto. 

Tuttavia se ci si fa guidare dal bambino sarà proprio lui ad aiutare a trovare la via di fuga. Basta seguirlo, ascoltarlo e condurrà fuori da tutto ciò che si odia, fuori dall'ipocrisia e dall'artificio. Il bambino col suo pianto manifesterà il disturbo verso certa gente. Ed allora tu lo prenderai in braccio, lo consolerai e gli altri prima o poi se ne andranno perché, se hanno un minimo di intelligenza, capiranno di aver disturbato o di essere inutili oppure capiranno che hai vinto tu. 

Tu madre “naturale” perché segui il tuo istinto. Naturale perché ti adatti alle sue richieste e non ti fai condizionare dalla società. Naturale anche se per natura non puoi dare il tuo latte. Naturale, anche se per ipotesi fossi la madre adottiva. Tu che “giochi a cuori in un mondo di denari” (come dicono i Bandabardò in una canzone) sarai più forte. Non avrai bisogno di chissà quanti soldi, ma la tua presenza e la tua energia faranno crescere il bambino sereno. Tu che ami incondizionatamente non ti sentirai mai sola con tuo figlio. Il tuo bambino sarà il tuo alleato. Avrai tutto ciò che ti serve. 

Perché le mamme hanno soltanto bisogno di essere lasciate in pace, da sole con i propri figli. Certamente il confronto con altre mamme, amiche o estranee, è utile, ma non deve confondere o condizionare. Da sole le mamme sono in grado di ascoltare le richieste dei figli e interpretare i loro pianti. Da sole potranno amare i figli come meritano. Da sole, sì, ma, coi padri accanto che collaborano, se possibile. Perchè, ricordiamolo, i figli non li facciamo mai da sole.

NOTA: Provo a dare, con il post, un contributo al progetto   #mammealnaturale