Ogni tanto è bene soffermarsi sui motivi che mi inducono a continuare a
scrivere su questo blog. Lo scopo iniziale era quello di liberarmi del passato,
di ciò che mi tormentava, di istantanee che ogni tanto apparivano come flash
nella mia mente. Una volta aver raccontato tutto ciò che mi opprimeva, devo
dire che mi sono sentita liberata, svuotata da qualcosa che non volevo
possedere, da qualcosa che avrei voluto raccontare agli amici, ma che non ho
mai avuto occasione di fare. Io credo molto nel potere della narrazione, anche
a scopo terapeutico. E sono soddisfatta per aver promosso la narrazione nel
processo di cura anche in un articolo scientifico che verrà pubblicato in una
rivista americana.
Ma allora perchè non tento di divulgare il mio pensiero con altri mezzi e
altri fini anzichè continuare a scrivere a tempo perso in questo sito? Il motivo perchè continuo a
scrivere qua è perchè voglio scrivere ciò che mi pare, senza censure o
aggiustamenti dettati dal mercato. Inoltre voglio condividere i miei pensieri e riflettere non solo su cosa mi sta
succedendo, ma anche sulla situazione del paese.
A volte però mi rendo conto di quanto sia pericoloso continuare a scrivere
la mia autobiografia. Infatti non vuol solo dire fermarsi a riflettere, ma
anche fermarsi a formalizzare, staccandosi dalla propria vita stessa. Vuol dire
cercare di dare un senso a ciò che mi sta capitando in questo momento. Dare
senso al passato è molto più facile, grazie all’esperienza. Ma dare senso al
momento è un po’ come trovare il senso alla singola goccia del mare, aldilà del
senso che la singola goccia ha come costituente dell’essenza del mare stesso.
Eppure mi giova scrivere, anche se spesso mi turba. Il narratore è infatti il
protagonista di una storia che sta scrivendo senza sapere come andrà a finire.
Potrebbe anche lasciarla inconclusa o terminarla con un finale diverso da
quello che avrebbe voluto scrivere. Il protagonista si sente in balia del suo
vivere e dunque il narratore del suo scrivere.
E poi la situazione del Paese è preoccupante: ma uscirà da questa crisi? Crisi che riguarda
principalmente famiglie o piccole aziende che si impoveriscono o falliscono per
debiti, mentre a livello elevato più che di crisi pare trattarsi di adeguamento alla tendenza che
impone il non avere più fondi nemmeno per investire nelle
attività che potrebbero arrecare vantaggio in futuro.
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Sto leggendo Erich Fromm “Avere o Essere?” Sembra essere cambiato ben poco
nella società dall’epoca in cui è stato scritto: la seconda metà degli anni settanta.
Rifletto sul fatto che la società ora è povera e instabile perchè è caduto il
principio su cui ha basato la sua stessa esistenza: la possibilità di
arricchirsi, accumulare e consumare. Il rapporto dell’individuo con il mondo è
stato caratterizzato dal possesso e dalla proprietà, tale per cui si aspira a
impadronirsi di ciascuno e di ogni cosa, l’individuo compreso.
“Finchè ciascuno aspira ad avere di più, non potranno che formarsi classi,
non potranno che esserci scontri di classe e, in termini globali, guerre
internazionali. Avidità e pace si escludono a vicenda.”
“L’avidità, al pari della sottomissione, rimbecillisce gli individui,
rendendoli incapaci persino di perseguire i loro veri interessi come per
esempio la preservazione delle loro stesse esistenze” (Piaget – The moral
Judgement of the Child).
“L’egoismo generato dal sistema induce i leader ad apprezzare più il
successo personale che non la responsabilità sociale. Ormai non ci meravigliamo
più di vedere uomini politici e dirigenti economici formulare decisioni che a
prima vista sono a loro esclusivo vantaggio, ma che risultano insieme dannose e
pericolose per la comunità.”
“Il nostro attuale ordinamento fa di noi altrettanto malati”
“ci stiamo dirigendo verso una catastrofe economica a meno di non operare
una drastica trasformazione del nostro sistema sociale”.
Eppure, in una società fondata sulla proprietà privata, sul potere e sul
profitto, acquisire e possedere sono diritti inalienabili. Da ogni piccolo
gesto si capisce quanto l’attuale sistema sia basato sull’egoismo e non sulla
condivisione, sul possesso delle cose anzichè sull’esperienza umana.
I genitori dicono ai figli “prendi voti alti” non “impara”. Studenti che
trascrivono ogni singola parola del docente, in modo da studiare a memoria le
annotazioni e superare la prova di esame. Studenti che rimangono estranei a ciò
che viene loro insegnato perchè divenuti proprietari di
affermazioni fatte da qualcun altro. Studenti che si sentono turbati da nuovi
pensieri e idee su un argomento perchè il nuovo mette in discussione le
informazioni che già possiedono. Individui che hanno paura a mutare la propria
opinione o la propria abitudine, perchè percepita come possesso e quindi la loro
perdita equivarrebbe a un impoverimento. Il sistema didattico che mira ad
educare ad avere conoscenza come possesso, dietro al quale ripararsi e
identificarsi. Matrimoni che in certi casi, seppur inizialmente basati
sull’amore, si trasformano in una società fondata sui beni comuni della coppia:
denaro, rango sociale, una casa, dei figli. E, infine, l’atteggiamento di possedere
il proprio corpo anzichè essere il proprio corpo, così quando si sta male
lo si affida completamente nelle mani di chi può ripararlo.
“Che giova aver guadagnato il mondo intero se poi si perde o si rovina sè
stessi?” (Luca, IX, 24-25)
“La sopravvivenza fisica della specie umana dipende dalla radicale
trasformazione del cuore umano. Una trasformazione del cuore umano è possibile
a patto che si verifichino mutamenti economici di drastica entità, tali da
offrire al cuore umano l’occasione per mutare e il coraggio e l’ampiezza di
prospettive necessari per farlo.”