Il giorno più triste per i lavoratori è il lunedì, per i disoccupati la
domenica. Per i primi inizia un’altra settimana di lavoro, per i secondi
finisce un’altra settimana senza aver trovato lavoro. Un’altra settimana senza
avere un ruolo, una collocazione, senza vedere terra, ma soltanto mare. Mare,
che la domenica è piatto, senza onde da fronteggiare, senza vento che potrebbe
portarti nella giusta direzione o farti naufragare.
La domenica tutto riposa, tutto tace. Negozi e uffici chiusi. Nessuno può
chiamarti perchè non lavora e di conseguenza non offre neanche lavoro. E senti
l’angoscia del vuoto, quel vuoto stesso che è l’obiettivo di ogni lavoratore.
Vacanza, che per te vuol dire invece mancanza. Mancanza del movente, dell’elemento
costitutivo della vacanza stessa: il lavoro.
A Londra la domenica disoccupata non era diversa da qualsiasi altro giorno
di inoccupazione. Per cercare lavoro non ho avuto bisogno delle persone, ma
della tecnologia. Trovar lavoro ha voluto dire aver presentato la candidatura
giusta al momento giusto sul web e aver atteso “pazientemente” di essere
chiamata a dimostrare le mie capacità.
In Italia invece trovar lavoro vuol dire trovare la persona giusta che ti
indirizza, che ti mette in contatto con altre persone o che ti fornisce una
serie di informazioni indispensabili al raggiungimento del tuo obiettivo. Con
ciò non intendo dire che occorre necessariamente trovare la persona che ti
raccomanda, ma semmai il Virgilio che ti illumina il cammino nell’Inferno del
mercato lavorativo.
Ma soprattutto, c’è ogni Virgilio per ogni Inferno professionale o
addirittura per ogni Azienda. Per trovarlo, però bisogna sapere da quale
Inferno si vuole uscire.
Ma forse mi trovo nell’Antiferno, nel girone degli ignavi, costretta a
girare con un’insegna “Cerco un lavoro creativo”, senza specificare quale. Creativo,
perchè anche tra gli ignavi voglio distinguermi per il mio stile.
Però voglio uscire dal limbo e agire secondo le mie idee proprie, senza
limitarmi ad adeguarmi sempre alle esigenze del più forte, il mercato. In tal
modo rischio di scegliere la strada del “Male” per la mia formazione, ma del
“Bene” per la mia realizzazione personale.
Siamo a metà gennaio. E’ circa un mese che sono tornata da Londra. I
“pezzi” sono stati ricuciti e adesso assomiglio anche all’uomo di paglia del
fantastico mondo di OZ, senza idee e prospettive per il futuro, ma con l’unico
obiettivo di andare a chiederle al mago.
Ma qual è la strada per OZ e poi per
Virgilio?
Cerco stimoli dall’ambiente esterno. Mi serve il confronto con esperti e
forse anche quello con i pari, per capire dove mi trovo.
Mi appello al Centro Lavoro della mia città. Qui non si parla di ignavi, di
Bene o di Male, di desideri che solo il Mago di OZ può esaudire. Ma si parla di
persone in cerca di un’occupazione, di bilancio di competenze, di obiettivi
professionali che solo chi se li pone può realizzare, anche se il Centro Lavoro può insegnare i trucchi del mestiere.
Comincio a seguire una serie di seminari e incontri molto interattivi, dove
viene chiesto ai partecipanti di presentarsi. Ascolto le storie degli altri:
operai, impiegati, giovani e non, chi è in mobilità, chi ha visto l’azienda
chiudere. Alcuni si apprestano al primo colloquio di lavoro dopo aver lavorato
un quarto di secolo nella stessa azienda. Altri hanno una laurea, ma lavori
saltuari e non gratificanti e sono confusi. Io sono l’unica reduce da una
prestigiosa esperienza londinese che ha un dottorato di ricerca. Apparentemente
l’unica tossico-competente, l’unica ad avere cioè competenze intossicate dal
grado di eccellenza raggiunto. Competenze nascoste da un titolo accademico che vorrebbe
definirmi nella mia interezza, mentre definisce soltanto cosa so fare se mi
applico.
Apparentemente l’unica idealista che al momento non sta cercando solo
lavoro, ma anche sè stessa.
Ognuno ha una storia diversa, ma tutti condividiamo l’incertezza del futuro
professionale. Non tutti, ma qualcuno come me, necessita di un obiettivo professionale.
Ed allora si può parlare di disoccupazione, se non si sa neanche quale mansione
si vuole occupare?
Ed è per questo che in tali incontri più che disoccupata mi sento
obiettivo-professional deficiente.
Sembra di prendere parte ad una terapia di gruppo. Ma ci sarà la cura contro
la disoccupazione o in generale l’inoccupazione, che, a seconda dei casi, può
essere un digiuno forzato o un’anoressia lavorativa?
Seguo altri incontri: come
organizzare una ricerca attiva del lavoro, come affrontare il colloquio di
selezione, le figure professionali richieste nei vari settori, mettersi in
proprio ...
Trovo i seminari molto interessanti, ma soprattutto apprezzo la
condivisione di esperienze e il coinvolgimento che si crea all’interno del gruppo.
Il mio obiettivo però devo definirlo da sola, cogliendo spunti
dall’esterno, ma soprattutto con l’aiuto di esercizi di autoanalisi sulle mie
capacità professionali e sulla mia personalità. Una volta redatto ciò che gli
esperti chiamano “bilancio delle competenze”, potrò discuterne l’approvazione
con un orientatore. Il passo successivo sarà cercare il mio Virgilio. Lo
troverò? Nonostante la crisi sono ottimista. Come Jovanotti, all’Inferno delle
verità io mento col sorriso.
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