Luci, bancarelle, addobbi, torte, dolciumi e cibi festivi nazionali e internazionali. A Londra anche l'atmosfera natalizia e' multietnica, ma sempre alla stessa festa ci si prepara: regali, pranzi, cene, parenti... Tutto il mondo e' paese in quanto a consumismo e feste commerciali.
In quei giorni non ci si preoccupa della crisi economica, ci si dimentica della dieta che si stava seguendo, ci si sente felici e buoni, facendo gli auguri anche a gente che normalmente si odia e trascorrendo il tempo con parenti indesiderati.
Finite le feste, l'incantesimo svanisce: ritornano i problemi, i malanni, ci si sente pesanti...
Natale era ovviamente la mia festa preferita da bambina, quando ancora non conoscevo l'ipocrisia. Pensavo veramente che la gente festeggiasse e facesse regali spontaneamente e non per convenzione sociale. Poi, nell'adolescenza, cambiai idea. “Mamma perche' mi hai regalato quella maglia? Lo sai che quel colore non mi piace. Non devi farmi i regali per forza solo perche' e' Natale. Preferisco piuttosto non ricevere nulla”. E cominciai ad odiare il Natale anche perche' mi immobilizzava a casa dove mi annoiavo e percepivo il disagio familiare. Ma non avevo alternative perche' nessun amico era disponibile ad uscire il giorno di Natale o a venirmi a trovare a casa perche' ognuno lo trascorreva con la propria famiglia.
Dopo la crisi adolescenziale, vissi il Natale in maniera tollerabile fino alla morte di mio padre. Da quel momento in poi la ricorrenza natalizia comincio' a suscitarmi malinconia e tristezza, ricordandomi la disgrazia. Anche mia madre condivideva il mio sentimento, pur celandolo con un sorriso. Ora che non c'e' piu' neanche lei, la sensazione e' terribile.
Un unico giorno in cui sembra che tutte le famiglie siano unite, d'amore e d'accordo, mentre la tua non esiste piu'. Tutti festeggiano, mentre tu puoi solo recarti al cimitero per far visita alla loro tomba. Un unico giorno in cui sembra che la famiglia sia l'unico ruolo sociale esistente e sei un emarginato se non ne possiedi una o se vivi da solo. Un unico giorno in cui ci si sente in dovere di festeggiare e si attacca l'etichetta di “sfigato” a colui che lavora, che non si puo' permettere di trascorrere il tempo in famiglia, celebrando il consueto rituale, ma che intanto ti serve il cibo al ristorante per farti festeggiare o ti cura all'ospedale quando stai per scoppiare. Ma se e' un obbligo allora che festa e'? La festa dovrebbe essere un divertimento piuttosto che una forzatura.
Inoltre, se vivi all'estero, devi necessariamente ritornare nella tua patria natale, perche' il tuo convivente vuole rivedere la sua famiglia e perche' e' giusto far visita a tua sorella, anche se poi lei se ne va a casa della famiglia del suo fidanzato.
L'anno scorso trascorsi il Natale, il primo dalla morte di mia madre, in compagnia dell'altra mia sorella non autosufficiente. E' come se l'avessi trascorso da sola perche' lei non parla e non e' consapevole della sua esistenza, ne' della societa', ne' di tutte le sue feste. A lei non fa nessuna differenza se sia Natale o lunedi' lavorativo. A lei interessa soltanto che ci sia una persona che pensi a lei e l'unico modo per fartelo capire e per ringraziarti della tua considerazione e' tramite gesti, non parole. Ma preferisco il silenzio alle parole ipocrite di una famiglia apparentemente felice e senza problemi. Penso che in fondo molte famiglie non siano realmente felici, altrimenti perche' si sente il bisogno di celebrare la felicita' familiare in un unico giorno dell'anno?
E' gia' la seconda atmosfera natalizia che respiro a Londra dove i supermercati esordiscono ancora prima che in Italia, ricordandoti che devi comprare, mangiare e scoppiare ancor prima di Halloween.
L'anno scorso a dicembre, in prossimita' del Natale, passai un fine settimana da sola a Londra, poiche' il mio convivente si trovava in trasferta per una conferenza di lavoro. Abbandonando ogni pregiudizio sul Natale, visitai un mercatino sul lungofiume Tamigi. Volevo acquistare dei regali con intento sincero, ma sconforto e repulsione per la banalita' mi pervasero. Decisi allora di trascorrere un'intera giornata al British Museum. Anni di storia, di oggetti ritrovati sparsi per il mondo appartenuti a civilta' passate mi distrassero ricordandomi che in fondo le disgrazie personali non sono nulla in confronto alla storia dell'umanita', anche se noi le percepiamo come tragedie di rilevanza universale.
Pertanto divento la strega, quella che al Natale non fa neanche una piega, quella che in vista delle feste preferisce il museo al mercato, quella che non ha mai finto, neanche per le feste, che non ci fossero conflitti familiari e con i parenti, quella che manifesta apertamente noia per i passatempi natalizi e che non vi partecipa, quella che vorrebbe trasformare in zucche tutti i panettoni per poterci mettere il sale.
Ma in fondo la vita e' cosi' semplice e dolce se accompagnata da una fetta di panettone o da un buon bicchiere che ti aiuta a digerire l'acidita' che ti porti dentro.
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