“Schwanden, non
hai idea di quanto mi stressi aspettare. Forse è anche per questo
che sono sempre stata così indipendente e attiva ed è anche questa
una delle ragioni per cui in Italia stavo male. In Italia l'attesa è
patologica con conseguenze devastanti e spesso fatali, nel senso che
attendere spesso vuol dire ottenere in un'altra vita, perché qualcuno ti passa sempre davanti. In UK l'attesa è fisiologica, normale, all'ordine
del giorno, ma prima o poi arriva il tuo turno. In Svizzera l'attesa
solitamente è breve, su qualsiasi cosa. Rende l'idea una lamentela
sulla mia città natale scritta da un anonimo: ho letto tutto
Guerra e Pace all'ufficio postale. A Zurigo semmai puoi
leggere Ungaretti. Infatti entro all'ufficio postale, Mi illumino
d'immenso ed eccomi servita e spedita a casa. “
“Cosa
stai aspettando?”
“Che
mi chiamino al telefono?”
“E
chi dovrebbe cercarti?”
“Quando
ero ragazzina aspettavo le telefonate dei morosi di turno. Allora non
c'erano i cellulari. Mi piazzavo davanti alla “consolle” del
telefono fisso oppure correvo dall'altra stanza urlando “rispondo
io”. E dopo l'ennesima chiamata dell'ennesima zia a cui rispondevo
all'ennesima alla enne volta in tono tra il seccato e il
demoralizzato “Ti passo la mamma”, finalmente arrivava la
chiamata per me. Col passare degli anni, aspettai le chiamate delle
aziende a cui avevo inviato il curriculum vitae. Il cellulare sempre
in mano o in tasca, in bagno, sul tavolo, sul letto. Nulla. Poi ad un
certo punto squillava: gente che aveva trovato il mio numero chissà
dove e mi chiamava per vendermi il vino, ma illudevano con dolo
perché quando rispondevo mi interpellavano dicendo Dott.ssa
….. io dicevo “Sììì” tutta contenta e dopo che mi spiegavano
il motivo della telefonata avrei voluto mandarli a vendemmiare. Le
chiamate di lavoro prima o poi arrivavano. Ma spesso era già troppo
tardi o mi trovavo in un luogo talmente rumoroso da far la figura di
chi non capisce un categorico colloquio informativo. E adesso aspetto
che chiami il medico per dirmi quali accertamenti devo fare prima di
togliere cosa di preciso non so nemmeno io. Come cambiano le
priorità! E non sono nemmeno così vecchia.”
“Non
vuoi parlarne finché non sai esattamente di cosa si tratta?”
“Esatto.
Ti posso soltanto dire che sto coltivando l'orto.”
“Eeeh?”
“Non
ci metto nulla: solo acqua e sapone e crescono bene da soli e in
fretta. E Proliferano. Li puoi toccare e persino vedere. Potrebbero
essere i “frutti del male”, questo non lo so. Infatti sto
coltivando linfonodi.”
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