Tremo. Non
riesco a smettere di tremare. Continuo a muovermi convulsamente nel
letto, tremando. Cerco a tutti i costi di smettere, ma non riesco a
controllarmi. Non riesco a parlare. Ogni parola trema e tremano anche
i pensieri. Forse è arrivata la mia ora? Ho l'impressione di essere
in uno stato irreversibile. Eppure solo dieci minuti prima ero seduta
sulla scrivania, davanti al computer, anche se effettivamente
cominciavo a sentirmi un po' strana. Un'ora trascorre e per un'ora
non smetto di tremare. Non sono sola e questo mi rassicura finché ad
un certo punto mi addormento. Mi risveglio di notte con la fronte
scottante e la testa in fiamme. I sogni sono incubi, che provocano
scintille, mandando in corto circuito il sistema nervoso. E ho una
forte nausea. Quaranta di febbre o poco meno: il termometro
dell'esperienza non ha mai conosciuto tale temperatura, ad eccezione
di qualche reminiscenza del morbillo in età infantile.
Non so cosa
stia succedendo. Mi duole ogni cosa, mi sento bruciare dappertutto.
Penso di non
farcela e invece dopo giorni di lotte antibiotiche la febbre passa,
il delirio cessa, la nausea svanisce, i sensi riprendono a funzionare
correttamente e anche la mente.
Mi tocco la
pancia per capire se ho ancora male e ad un certo punto compare al
tatto una strana palla interna, sopra l'ombelico. Di certo non sarà
stata quella roba ad avermi causato l'infezione, ma ora devo capire
cos'è. Da un primo esame non è chiaro. Pare essere un ribelle
all'invasione laparoscopica dell'intervento subito cinque mesi fa. Un
pezzo interno che, sentendosi oltraggiato, ha deciso di reagire
oltraggiando a sua volta.
Ma proprio
ora che quel “coso” mi distrae dal pensiero di trovare un altro
lavoro, ecco che arrivano le proposte. Tutte insieme, altogether.
Mi confondono. Lavori da prendere o lasciare, precari, ma lavori,
finalmente. Lavori atipici: se ne hai uno è troppo poco, ma due son
già troppi.
E
mi sento come se avessi
aspettato per ore alla fermata di un bus che tarda ad arrivare.
Quando ad un certo punto lo vedo arrivare, il sollievo svanisce
repentinamente nel momento in cui mi accorgo che in realtà c'è
un'altra vettura uguale in coda alla prima. L'istinto mi conduce a
salire sulla prima vettura, più vicina alla vista e ad ogni altro
senso. Ma poi penso che nel secondo bus si potrebbe viaggiare più
comodi, addirittura seduti, perché tutti salgono nella prima vettura
che vedono. Inoltre la seconda vettura potrebbe giungere prima a
destinazione, muovendosi più agevolmente nel traffico e superando la
prima. E allora su quale bus dovrei salire? E se il secondo fosse
solo un miraggio? Oppure, più verosimilmente, se scoprissi, una
volta persa la prima vettura, che in realtà la seconda viaggia con
l'insegna “FUORI SERVIZIO?”
No,
devo assolutamente salire sul primo bus, ma con gli occhi ben aperti,
pronta a evitare i passeggeri che nella calca potrebbero pestarmi i
piedi o venirmi addosso.
E
come fare per rivendicare la ma dignità e difendere i miei diritti
di passeggera che ha sempre pagato regolarmente la tariffa?
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