“Quanto prendi
all’ora?” Chissà quanto valgono le mie prestazioni. Certamente non bisogna
valutarle sulla base dell’alternativa di stare a casa e non guadagnar nulla e
neppure rinunciare a valutarle perchè sono frutto della passione. Sto offrendo
un servizio che soddisfa un bisogno altrui ed in cambio è giusto che ne riceva
un corrispettivo che ricompensi l’energia fisica e mentale impiegata e che
quindi mi permetta di mantenermi in vita. Ma quanto valgo? Mi sto vendendo. Ma non è
mica così scandaloso.
Tutti i giorni ci vendiamo, senza rendercene conto, dando
qualcosa di noi in cambio di denaro: il nostro corpo, la nostra immagine, il
nostro tempo, le nostre conoscenze, il nostro futuro, la nostra patria. E c’è
chi si sente scandalizzato a sentir parlare di prostituzione, mentre ciò che
dovrebbe scandalizzare veramente è lo sfruttamento. Eppure lo sfruttamento è
quotidiano. Basta soltanto che, in un rapporto tra due parti, una guadagni a
scapito dell’altra.
E se il mercato
ci svaluta allora è meglio vendersi in proprio, richiedendo il prezzo
necessario per vivere, senza comunque arricchirsi (altrimenti si diventerebbe
sfruttatori).
Però è veramente
imbarazzante prezzarci, schiavi della nostra stessa valutazione. Forse
preferirei essere libera di accettare un prezzo imposto che fissarne uno io e
pubblicizzarlo. Ma se ciò non è possibile, perchè il mercato non ci offre una
posizione, allora occorre mettere annunci per vendersi, sempre che si abbia
qualcosa di utile da offrire. Altrimenti come si può continuare a vivere?
Nell’attuale “regime” il lavoro non è un diritto. Ma la vita sì, a prescindere.
Pertanto se nessuno mi offre un prezzo per le mie competenze o per trasmettere
le mie conoscenze, il mio pensiero, le mie idee, allora devo proporlo io.
Nelle scuole e
nelle università, le cattedre sono ben inferiori alle persone disposte ad
occuparle. Ma nonostante la buona offerta di istruzione, la domanda di lezioni
private è sempre presente. Ma cosa cercano gli studenti che in aula non
trovano? Cercano un supporto, una guida che li aiuti a dominare il caos della
conoscenza che li spaventa. Eppure spesso vedono l’insegnante come una persona
distante, aliena. Una persona che nonostante la sua eccellenza non sia
raggiungibile. Ed allora cercano comprensione altrove e se non la trovano, non
possono neanche offrire la loro. E così non riescono a passare l’esame.
Ed io, mi
propongo di aiutarli, ma dietro corrispettivo per poter aiutare me stessa. Non
potendo valutare il potenziale beneficio o il potenziale danno che posso causare
nella loro carriera, mi limito a fissare un prezzo standard. Tuttavia, per quanto
ami essere una guida e mi dia notevole soddisfazione in particolar modo quando gli studenti superano
l’esame, vorrei avere un ruolo, una posizione e non lavorare occasionalmente,
ad ore. Certo se avessi più “clienti” guadagnerei di più che lavorando come
insegnante nel settore pubblico. Ma per avere più clienti dovrei spendere più
tempo in pubblicità, piuttosto che concentrarmi sulla qualità del lavoro.
E
l’alternativa a vendersi è farsi sfruttare, mentre in una dimensione più “umana”
si dovrebbe poter scegliere tra minor fatica o maggior guadagno. Ma come
liberarci dalla schiavitù del mercato?